L’enciclopedia artistotelica del sapere

Proseguiamo con la nostra analitica recensione delle parti più significativi e meno specialistiche del libro Incontro con Aristotele. Quindici lezioni di Mario Vegetti e Francesco Ademollo – Einaudi, Torino 2016 – affrontando, in particolare, il terzo capitolo dedicato a L’enciclopedia del sapere: il trattato e il mondo.


L’enciclopedia artistotelica del sapere

Aristotele ha per primo realizzato una vera e propria enciclopedia del sapere che soltanto Georg Wilhelm Friedrich Hegel sarà in grado di eguagliare. Tale enciclopedia è stata oggetto dei suoi corsi e dei corrispondenti trattati. “Descrivere l’enciclopedia del sapere aristotelica significa”, osserva a ragione Mario Vegetti, “dar conto del piano del mondo che essa ricostituisce, nel suo ordine e nelle sue articolazioni, e sarà perciò il caso di vedere quali aspetti del secondo costituiscano le condizioni di possibilità della prima” [1]. L’essere è suddiviso da Aristotele in generi. La prima partizione è di ordine categoriale e la più rilevante tra di esse è quella fra sostanze autonome e quantità caratteristiche delle diverse sostanze. Le sostanze si dividono a loro volta in generi, ognuno con una sua legalità, che deve perciò essere indagato da una scienza specifica.

Così i concetti di necessità e finalità acquistano accezioni diverse se riferiti alle entità immobili della matematica e della teologia o a entità in divenire come gli esseri naturali. Per le prime la necessità sarà assoluta, per la seconda condizionata da un fine, concetto essenziale per gli esseri viventi e umani, ma inutile per indagare gli enti matematici o teologici. Solo gli enti viventi naturali agiscono sulla base di un fine, a cui tendono. Ogni ambito del sapere si distingue dal punto di vista ontologico e gnoseologico. La distinzione fondamentale è fra scienze teoretiche – come matematica, teologia e fisica, in cui tutto avviene in maniera necessaria – e filosofia pratica, come l’etica e la politica in cui la necessità deve dialettizzarsi con la libertà.

Da qui l’autonomia delle singole scienze, ognuna impegnata a dar conto di un cero aspetto della realtà, per comprendere il quale sono necessari i concetti di quel determinato ambito disciplinare. D’altra parte è lo stesso Aristotele a superare tali partizioni non solo con il già consueto utilizzo di metafore tratte da un altro ambito – per meglio chiarire o enfatizzare riflessioni attinenti a una certa scienza – ma anche ogni volta che “l’importanza del tema discusso andasse oltre i limiti della trattazione disciplinare per coinvolgere una visione complessiva del mondo, del suo ordine e delle sue gerarchie di valore” (35).

D’altra parte Aristotele tende a mantenersi fedele ai diversi ambiti disciplinari corrispondenti a diverse regioni dell’essere. In tal modo l’enciclopedia dei saperi mira a delineare una mappature dei generi dell’essere. Abbiamo in primo luogo la distinzione fra saperi che si occupano di enti privi di materia e, dunque, immutabili, come la teologia – i cui enti hanno una sostanza – e la matematica i cui elementi sono propri della categoria della quantità e sono sempre relativi a una sostanza, non avendo una esistenza autonoma. La matematica non fa parte dell’enciclopedia dei saperi aristotelici, nonostante la esemplarità che ha per Aristotele nei procedimenti dimostrativi, in quanto si era ormai sviluppata troppo ampiamente come scienza autonoma.

Le altre scienze si occupano di enti materiali, dunque soggetti a mutamento. Questi ultimi si distinguono in eterni, come gli astri, o temporali, come tutti gli enti del mondo sublunare. Questi ultimi si dividono in privi di anima, come i fenomeni celesti, e dotati di anima vegetativa, animale e razionale. Per quanto riguarda questi ultimi, ovvero gli esseri umani, le scienze che se ne occupano sono scienze pratiche più deboli dal punto di vista metodologico. Esse si dividono in scienze che si occupano di questioni linguistiche e comunicative – come la retorica e la poetica – e scienze che trattano l’interazione fra gli uomini, quali l’etica e la politica.

Aristotele esclude dalla sua enciclopedia filosofica tutti i manufatti prodotti dalle diverse tecniche. Mentre include e ritiene pienamente degne di interesse scientifico tutte le scienze della natura, rompendo anche in questo caso con il sapere ancora aristocratico di Platone che continuava a distinguere scienze più nobili e scienze meno a seconda del rilievo dei loro oggetti d’indagine. 

L’articolazione disciplinare dei corsi aristotelici mirava a coprire tutti gli ambiti del reale. Inoltre la decisiva novità introdotta da Aristotele è di trasferire detti corsi in trattati, superando definitivamente la diffidenza platonica, anch’essa di origine aristocratica, verso la lingua scritta. In tal modo, Aristotele “inaugurava una forma di trasmissione del sapere che avrebbe dominato l’intera tradizione intellettuale dell’Occidente” (38). Per comprendere la svolta epocale costituita dai trattati aristotelici bisogna considerare la differenza con tutti gli scritti filosofici precedenti. “I testi dei sapienti presocratici, piuttosto brevi, avevano la forma di rivelazioni o di «manifesti» sapienziali, talvolta oracolari, con un carattere di globalità che ignorava sia le pertinenze disciplinari sia la specificità epistemologica dei diversi ambiti di discorso. I dialoghi platonici erano documenti di ricerca aperta, spesso aporetica, con un andamento circolare, nel senso che la discussione di un problema ne apriva via via altri di ambito disomogeneo” (Ibidem). 

Aristotele riorganizza e ristruttura le precedenti modalità di scrittura, ma non si limita a distinguere i loro argomenti in specifici ambiti disciplinari, ma organizza le diverse scienze nell’architettura dell’enciclopedia. Molto importanti sono le introduzioni metodologiche che Aristotele prepone ai diversi trattati, indicando spesso un indice ragionato degli argomenti che si accinge a trattare. Ancora più importante la raccolta delle posizioni espresse sulla singola disciplina che Aristotele si accinge a trattare e che costituisce una bibliografia e dossografia introduttiva. In tal modo Aristotele introduce un approccio dialettico alle discipline che intende affrontare, riportando le posizioni più quotate e condivise della tradizione precedente mirando così, con la propria opera, a superare dialetticamente i principali momenti di sviluppo storico di una determinata disciplina.

Secondo Aristotele è la stessa realtà a essere razionale. Perciò la sua conoscenza storica da parte dei più significativi intellettuali del passato contiene un imprescindibile patrimonio di verità, che vanno però separate dai limiti storici della loro comprensione e ordinate in modo da renderle fruibili, come premessa, per non dover ripartire da zero nei diversi ambiti disciplinari. Aristotele non è interessato a ricostruire filologicamente il modo di pensare dei grandi intellettuali precedenti, ma a coglierne, isolandoli, i nuclei di verità; perciò non si fa scrupolo a riscrivere i brani interessanti dei suoi predecessori. “Da allora in poi, quella del trattato diventava la forma dominante della produzione e della comunicazione del sapere. La partizione disciplinare ispirava l’organizzazione e la catalogazione delle grandi biblioteche, a partire da quella di Alessandria, al cui progetto contribuì un allievo di Aristotele” (42).

Da Aristotele deriva il titolo di Sulla natura dato alle opere dei presocratici dagli alessandrini per meglio catalogarle; al suo metodo si rifanno i dossografi, ovvero i più antichi storici della filosofia e delle scienze da noi conosciuti, infine allo stagirita si richiameranno le scuole filosofiche della Roma imperiale, ponendo al loro centro il commentario delle opere dei grandi maestri del passato, a partire proprio da Aristotele.

D’altre parte le partizioni della realtà su cui indagano le diverse scienze sono necessariamente parti di un tutto. Le distinzioni categoriali sono, comunque, riferibili come attributi a una comune sostanza, che è protagonista nei più diversi ambiti disciplinari. Ci saranno così grandi interrogativi filosofici come la questione della sostanza in quanto tale o dell’essere in quanto essere che vanno al di là delle partizioni disciplinari. Si pone inoltre la questione di una possibile gerarchia fra i diversi ambiti del reale e, di conseguenza, fra le diverse scienze.

Inoltre, nonostante l’enorme varietà dei fenomeni naturali, permane “l’unità formale e analogica degli aspetti strutturali dei processi e dei concetti che li spiegano” (43), come il passaggio dalla potenza all’atto o le quattro differenti cause. Di tali aspetti trasversali del sapere Aristotele si è molto occupato non solo nella metafisica, ma – in parte – nella stessa fisica. Vi sono, inoltre, altre questioni trasversali agli ambiti disciplinari, di ordine logico ed epistemologico che si interrogano sulla natura stessa della scienza, sul suo metodo di indagine, sullo statuto e la validità della dimostrazione scientifica e sulle sue differenze con altre tipologie di dimostrazioni razionali. A tali questioni Aristotele ha dedicato alcuni dei suoi trattati più influenti nei secoli, che sono stati raccolti nell’Organ, termine che indica uno strumento logico-epistemologico che non appartiene a nessuno specifico ambito del sapere, in quanto indaga le condizioni di possibilità strumentali alla “costituzione di qualsiasi campo epistemico” (44). Dunque, Aristotele oltre a cercare di analizzare i più diversi ambiti del sapere e, di conseguenza, i differenti ambiti della realtà di cui erano oggetto d’indagine, ha studiato altrettanto approfonditamente gli elementi di unificazione fra le diverse scienze e gli aspetti a esse trasversali, dando ampiamente conto di tale infaticabile attività di ricerca nei suoi trattati “con un’energia intellettuale e una potenza innovativa che hanno ben pochi paralleli nella storia del pensiero. Non cessa di sorprendere il fatto che questa impresa non sia l’opera di un’epoca o di una generazione di studiosi ma di un solo uomo e nell’arco di una vita: sufficiente, comunque, a improntare di sé l’intera posterità filosofica e scientifica dell’Occidente” (ibidem).

Note:

[1] Vegetti, Mario e Ademollo, Francesco, Incontro con Aristotele. Quindici lezioni, Einaudi, Torino 2016, p. 32. D’ora in avanti citeremo quest’opera direttamente nel testo, inserendo fra parentesi tonde le pagine dei brani riportati.

18/11/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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