Classici del cinema riproposti in versione restaurata in prima visione nel 2020
Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Stanley Kubrick, Gran Bretagna 1964, voto: 8,5; grande film di denuncia della fobia anticomunista dell’esercito statunitense che ha tenuto, durante la guerra fredda, il mondo intero con il fiato sospeso dinanzi ai rischi di una guerra atomica che avrebbe messo a repentaglio la stessa vita sulla terra.
The Elephant Man di David Lynch, drammatico, Gran Bretagna 1980, voto: 7+; il film di Lynch resta un grande classico del cinema destinato presumibilmente a rimanere immortale. Girato e realizzato in modo mirabile, assicura un notevole godimento estetico oltre a dare molto da riflettere allo spettatore su un tema sostanziale come la problematica integrazione delle persone diversamente abili.
La freccia azzurra di Enzo d’Alò, animazione, Italia 1996, voto: 7+; ottimo film per bambini che rispetto alle produzioni attuali sembra letteralmente venire da un altro mondo. Ispirato dal grande Gianni Rodari, autore capace di creare splendide favole per bambini in grado di mediare in forme semplici e immediate concetti fondamentali, a partire dalla lotta di classe quale motore della storia nelle società divise fra gruppi sociali con interessi antagonisti.
Apocalypse Now Final Cut di Francis Ford Coppola, Usa 1979, voto: 6+; come spesso accade i final cut mitizzati dai cinefili non aggiungono niente di sostanziale a quanto già si era visto nelle precedenti versioni, anzi tendono generalmente ad allungare il brodo. Forse il principale merito del film è quello di mostrare quanto l’intellighenzia di sinistra fosse già ampiamente egemonizzata dalla destra più radicale, tanto da riconoscersi in questa pellicola dal contenuto decisamente fascista.
Panico di Julien Duvivier, Francia 1946, voto: 5+; soltanto l’imperante revisionismo poteva portare a riproporre nelle sale, restaurato, un film decisamente secondario come Panico.
Caro diario di Nanni Moretti, commedia, Italia 1993, voto: 5-; rivedendo questa pellicola a distanza di anni dalla sua uscita nelle sale, appare del tutto assurdo il premio come miglior regia al festival di Cannes e altrettanto insensata la riproposizione di questo film, quasi si trattasse di un classico.
Film di animazione usciti in prima visione nelle sale italiane nel 2020
Klaus: I segreti del Natale di Sergio Pablos, animazione, Spagna 2019, voto: 6; candidato all’Oscar come miglior film di animazione, è un film ben fatto, divertente e autoironico ed esprime anche un messaggio positivo sulla necessità degli uomini di stabilire rapporti solidali e non conflittuali.
Promare di Hiroyuki Imaishi, animazione, avventura, fantascienza, Giappone 2019, voto: 6-; se dal punto di vista formale è quasi intollerabile, essendo una rivisitazione autoriale dei classici cartoni animati dei terribili anni Ottanta, dal punto di vista del contenuto il film presenta alcune rilevanti sorprese.
Mister Link di Chris Butler, animazione, Usa 2019, voto: 5,5; candidato ai premi Oscar come miglior film di animazione, è di sicuro un prodotto ottimamente confezionato dal punto di vista formale.
Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe di Salvador Simó, animazione, Spagna, Paesi Bassi e Germania 2018, voto: 5,5; pur essendo un film di animazione, l’opera ricostruisce in modo sostanzialmente documentaristico le drammatiche vicissitudini che accompagnano la realizzazione del terzo film di Buñuel, un documentario di taglio antropologico su una delle zone più arretrate e povere d’Europa.
La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti, animazione, Francia e Italia 2019, voto: 5+; film godibile per grandi e piccini, ben raccontato e realizzato che vede la presenza di ottimi doppiatori nella versione italiana. Nonostante l’indubbio fascino della narrazione, il messaggio che veicola il film è decisamente reazionario, sostenendo che gli orsi nelle montagne sono superiori agli uomini che nelle città tendono a incarognirsi.
Dov’è il mio corpo? di Jérémy Clapin, animazione, Francia 2019, voto: 3+; forse il film di animazione più sopravvalutato dell’anno 2019. Candidato persino ai premi Oscar, è in realtà un prodotto postmoderno senza capo né coda.
Kitbull di Rosana Sullivan, by Pixar, animazione, Usa 2019, voto: 3+; assurdamente candidato al premio Oscar come miglior cortometraggio d’animazione, Kitbull non fa che dare l’ennesima dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, di come la Disney abbia acquistato la Pixar essenzialmente per anestetizzarla.
Onward – Oltre la magia di Dan Scanlon, animazione, commedia, Usa 2020, voto 3-; film diseducativo per bambini, piatto e noioso.
Film documentari distribuiti in prima visione in Italia nel 2019
Tintoretto un ribelle a Venezia di Giuseppe Domingo Romano, Italia 2019, voto: 7+; finalmente un documentario su un artista pienamente riuscito, godibile e realizzato a regola d’arte.
A voce alta – La forza della parola di Stéphane de Freitas e Ladj Ly, documentario, Francia 2017, voto: 7; riportato nelle sale Italiane dopo il successo de I miserabili del coautore Lady Ly, si tratta certamente di un buon documentario, ben realizzato e che lascia alquanto da riflettere allo spettatore.
Planet of the Humans, documentario Usa, voto: 7-; prodotto da Michael Moore e girato da Jeff Gibbs, un documentario ecosocialista che mette a nudo il complesso eco-industriale e la svendita del movimento ambientalista agli interessi delle grandi multinazionali.
Letizia Battaglia – Shooting the Mafia di Kim Longinotto, documentario, Irlanda 2019, voto 6,5; buon documentario classico, senza cadute nel postmoderno, che racconta una storia di lotta esemplare per l’autodeterminazione femminile. Risulta purtroppo piuttosto carente la parte sulla mafia, in quanto il film non va al di là di una mera condanna sul piano morale. Né il regista, né la protagonista fotografa sono in grado o appaiono interessati a capire l’origine della mafia. Né, in modo forse ancora più colpevole, appare alcun tentativo di analisi dei rapporti essenziali fra la mafia, i governi borghesi e lo Stato imperialista italiano.
Diego Maradona di Asif Kapadia, documentario, Gran Bretagna 2019, voto: 6,5; documentario ben fatto e indubbiamente godibile anche dal punto di vista estetico, che lascia allo spettatore qualcosa di significativo su cui riflettere.
Brexit: The Uncivil War di Toby Haynes, storico, Gran Bretagna 2019, voto: 6+; film intrigante e pieno di ritmo, denuncia i sistemi fraudolenti con cui le destre radicali populiste riescono a vincere le elezioni. Significativo anche per la denuncia del populismo e della demagogia con cui la destra radicale, con il finanziamento del grande capitale, sfrutti a beneficio di quest’ultimo il profondissimo disagio sociale presente nella plebe moderna.
The Social Dilemma di Jeff Orlowski, documentario, Usa, 2020, voto 6+; documentario didattico molto valido nel mettere in guardia lo spettatore rispetto alla nuova forma di oppio del popolo, ovvero i social media.
Se c'è un aldilà sono fottuto. Vita e cinema di Claudio Caligari di Simone Isola e Fausto Trombetta, voto: 6+; un documentario senza dubbio confezionato ottimamente, peccato che l’oggetto scelto abbia un interesse decisamente relativo.
Che fare quando il mondo è in fiamme? di Roberto Minervini, documentario Italia, Francia e Usa 2019, voto: 6+; documentario su un tema sostanziale e attuale, ovvero le tragiche condizioni di vita degli afroamericani nel sud degli Stati Uniti.
#Anne Frank. Vite parallele di Sabina Fedeli e Anna Migotto, docu-fiction, Italia 2019, voto: 6+; toccante e intenso documento sulla strage degli ebrei a opera dei nazifascisti.
Fabrizio De Andrè & Pfm – Il concerto ritrovato di Walter Veltroni, docu-fiction, Italia 2020, voto 6+; Veltroni avrebbe fatto certamente molti meno danni dandosi al cinema sin da principio.
Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli, documentario, Italia 2020, voto: 6+; per quanto possa apparire una pellicola senza pretese, il film risulta tutto sommato riuscito.
Palladio di Giacomo Gatti, documentario, Italia 2019, voto: 6; interessante documentario per l’importanza della tematica affrontata e per l’indubbia qualità estetica dell’oggetto d’indagine.
Antropocene – L’epoca umana di Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky e Nicholas de Pencier, documentario, Canada 2018, voto: 6; documentario degno di nota per le immagini decisamente suggestive che offre e per le questioni sostanziali che solleva e sui cui invita lo spettatore a riflettere.
Dentro Caravaggio di Francesco Fei, documentario, Italia 2019, voto: 6; documentario senza infamia e senza lode. L’argomento scelto è naturalmente eccellente, ma il modo di affrontarlo risulta molto discutibile.
Van Gogh e il Giappone di David Bickerstaff, documentario, Gran Bretagna 2019, voto: 5,5; documentario ben realizzato, che non fa concessione all’ideologia postmoderna e con immagini molto suggestive. Il tema dell’importanza della scoperta dell’arte giapponese per l’occidente e i suoi artisti è indubbiamente significativo anche in ottica di contrasto all’eurocentrismo. D’altra parte, un intero film volto a sottolineare le influenze del Giappone su Van Gogh alla lunga annoia risultando sempre più ripetitivo e unilaterale.
Gauguin a Tahiti – Il paradiso perduto di Claudio Poli, documentario, Usa 2019, voto: 5,5; documentario indubbiamente suggestivo per le notevoli immagini paesaggistiche e artistiche, risulta intollerabile per la sua posizione acritica sul colonialismo, la schiavitù domestica e la pedofilia.
Unfit: the Psycology of Donald Trump di Dan Partland, documentario, Usa 2020, voto: 5; film certamente valido nella critica al presidente Trump e nell’evidenziare i terribili pericoli provocati dalla sua presidenza.
La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco, documentario, Italia 2019, voto: 5; film senza capo né coda, tutto giocato sulla sola corda del grottesco, resta un mistero come possa essere stato presentato al festival di Venezia e molto elogiato dal solo quotidiano comunista italiano.
Herzog incontra Gorbaciov di Werner Herzog e Andre Singer, documentario, Gran Bretagna, Usa, Germania 2018, voto: 4,5; apologia del tutto acritica di uno dei personaggi più discutibili del XX secolo.
La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese, documentario, Italia 2019, voto: 4-; documentario senza arte né parte di un figlio con il complesso di Peter Pan e di una madre ormai nella prospettiva dell’essere per la morte.
Il pianeta in mare di Andrea Segre, documentario, Italia 2019, voto: 4-; classico documentario subalterno all’ideologia dominante, per cui non ci sarebbe nulla da spiegare, in quanto dovrebbero essere le immagini e gli oggetti del documentario a parlare da soli. Peccato che questa apparente assoluta spontaneità è in realtà artificialmente ricostruita, per altro nel modo peggiore, in quanto, sforzandosi di essere loro stessi, i non attori finiscono per far emergere al massimo l’individuo medio e non il personaggio tipico. In tal modo assistiamo a puri frammenti narrati in modo naturalistico, privi di organicità che non possono che restituirci una istantanea, in questo caso di Marghera, senza farci comprendere le dinamiche e le contraddizioni reali, ma rimanendo sempre alla superficie delle questioni anche sostanziali che potrebbero essere invece affrontate. Il documentario finisce per essere a propria volta espressione di quella crisi che dovrebbe invece analizzare, provando a suggerire delle possibili soluzioni.
Fellini fine mai, regia di Eugenio Cappuccio, documentario, Italia 2019, voto; 4-; documentario senza capo né coda, realizzato alla maniera di Pif, da parte di un suo epigono.
Made in Usa – Una fabbrica in Ohio di Steven Bognar, Julia Reichert, Usa 2019, voto: 1+; assurdamente premiato agli Oscar come miglior documentario, il film aggiorna la strategia nazista di salvare il capitalismo in crisi, trovando un capro espiatorio straniero, in questo caso la Repubblica Popolare Cinese che, peraltro, acquista e riapre una delle tante fabbriche chiuse negli Stati Uniti.
Checkpoint Berlin di Fabrizio Ferraro, docu-fiction, Italia 2020, voto: 1+; di un anticomunismo becero da guerra fredda ormai fuori tempo massimo, il film si distingue per la sua assoluta genuflessione all’ideologia postmoderna.