L’attualità di Potere al popolo potrebbe presto confermarci la grande verità contenuta in questo antico detto popolare. Dopo l’immane lavoro svolto in meno di un anno dalla sua nascita, le assemblee, i presidi, le case del popolo aperte, le attività di mutualismo avviate, non poteva non presentarsi un primo, per fortuna piccolo, imprevisto. Ad una settimana dal voto sugli statuti, infatti, rimangono ancora non si sa quante (speriamo tante) persone in attesa di ricevere il link di attivazione per accedere alla piattaforma informatica ed è davvero difficile non pensare ad un rinvio della consultazione.
Il che ci porta necessariamente a porci qualche domanda sulla piattaforma. Voci di corridoio, infatti, affermano che la personalizzazione del software, open-source, sia costata parecchio e sia stata richiesta ad una società tedesca, la FlexiGuided GmbH con sede a Berlino. Ma alle voci è bene non dar troppo credito e dunque sarebbe il caso che il Coordinamento nazionale provvisorio chiarisse una volta per tutte alcune questioni. Ad esempio, quali sono stati i criteri e le motivazioni che hanno condotto alla scelta di FlexiGuided GmbH? Chi l'ha contattata, quanto ci è effettivamente costato personalizzare questo strumento e chi ha pagato? È possibile rendere pubblico il contratto e gli eventuali allegati che regolano il rapporto tra il committente e la società? Perché le versioni esistenti del software non andavano bene per gli scopi di Potere al popolo e quali modifiche e/o personalizzazioni sono state chieste alla società? Quale sarà il ruolo di questa società nella gestione/manutenzione del software e con quali criteri sono state scelte le persone che ricoprono il ruolo di webmaster/superuser? Esiste la funzione che permette ai webmaster/superuser/altri di effettuare il login con identità altrui e/o gli viene permesso di utilizzare identità fittizie? Come si garantisce la sicurezza dei dati personali e come si evita la manipolazione del funzionamento del programma?
Domande che ci dovrebbero interessare tutti, indipendentemente dalla posizione riguardo l’utilità di tale strumento per condurre la battaglia politica in Italia oggi. Domande indipendenti dalla richiesta di spiegazioni su che cosa non ha funzionato e perché, in caso di effettivo rinvio delle votazioni per problemi tecnici. Problemi che potrebbero essere davvero provvidenziali, almeno per chi, come noi, crede che il processo sia stato gestito male ed avere due statuti un grave errore. E che consentirebbero a tutti di prendere il tempo necessario per preparare meglio la battaglia finale o forse, auspicabilmente, per giungere ad un risultato che non sia terribilmente pericoloso.
Al Coordinamento nazionale provvisorio, infatti, stanno piovendo come sassi report provenienti dalle assemblee territoriali nei quali si denuncia che iniziare con due statuti non è opportuno. Sul merito, come è giusto che sia, ciascuno dice la sua ma sono in molti ad esprimere perplessità e chiedere un passo indietro per poterne fare due avanti. Certo, tra questi ci sono i vecchi volponi che provano a buttarla in caciara chiedendo “che cento fiori fioriscano, che cento statuti gareggino!”. Ma al di là del folklore, è dai territori che piovono le critiche, mica dal cielo.
E allora le trattative per giungere ad un unico statuto a tesi emendabili si devono riaprire. Se non per convinzione quantomeno per l’incertezza sull’esito del voto. Certo, nei i due schieramenti c’è qualcuno che ha una voglia matta di arrivare alla resa di conti aperti da tanti, troppi, lustri. Più dell’età di molti militanti sans-papiers il cui coinvolgimento in politica rappresenta la prima positiva novità per la sinistra italiana dalla caduta del muro. Il voto palese e l’identità dei votanti nota per la documentazione fornita all’atto di iscrizione, infatti, potrebbe spingere qualcuno di quelli che siede nella stanza dei bottoni a forzare la mano se le ipotesi di intenzione di voto degli iscritti facessero presagire una larga vittoria; o spingere a più miti consigli in caso si viaggiasse sul filo del pareggio. Opg e Prc, infatti, sono stati impegnati in una legittima corsa al tesseramento: i primi per catalizzare i sans-papiers, i secondi a ricucire con l’ala destra e alcuni altri frammenti del partito, che per motivi diversi si sono ritrovati uniti nel rifiutare l’iscrizione o la votazione. Ma la forza della ragione, mai come in questo caso, è grande.
Un rinvio della votazione, dunque, sarebbe importante per consentire di riaprire la partita del documento unico a tesi contrapposte ed emendabile, sebbene non ci sia da aspettarsi né autocritica sul metodo, né un testo di statuto radicalmente migliore. Né ci si può attendere che possano scomparire le oggettive contraddizioni derivanti dall’aver posticipato la discussione sul documento politico a quella sul documento statutario, che trattandosi di un elaborato parzialmente tecnico non può essere prodotto e approvato con le stesse liturgie del documento politico. Ma sarebbe comunque un segno di grande maturità e saggezza evitare uno scontro i cui costi rischiano di essere molto più alti dei benefici.