L’Italia non è una Repubblica delle banane!

Dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano. Non sono state solo per “ragioni di gossip” e andavano presentate in parlamento e non diffuse con una comunicazione ordinaria a Giorgia Meloni che in tempo reale ha nominato un altro ministro.


L’Italia non è una Repubblica delle banane! Credits: Pixabay

Sia chiaro le dimissioni di un ministro sono sempre un fatto politico almeno che non siano dovute per motivi di salute e quelle dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano rientrano pienamente nella sfera della politica. La sua lettera di dimissioni [1] diffusa dai media venerdì 6 settembre verso le ore 17 circa, ha presentato le motivazioni ma centrate e sintetizzate al massimo soltanto esclusivamente sulle “ragioni di gossip” dichiarando che “mai un euro del ministero è stato speso per attività improprie” e concludendo: “Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi e agirò contro chi ha pubblicato fake news in questi giorni”. 

Tutto qua, la lettera evoca quasi in toto i risultati del suo ministero e complessivamente quelli del governo in questi due anni, “risultati” sui quali personalmente prendo le distanze ma non mi soffermerò in quest’articolo: sono stati due anni pessimi a tutte le latitudini e soprattutto per  il settore della cultura. Queste dimissioni sono state esclusivamente in funzione di un “gossip” che ha investito l’ex ministro della cultura, unica ragione che lo ha indotto a dimettersi. Si ricorda che l’atto era stato richiesto dalle opposizioni. 

La vicenda è stata ben seguita dai media ma, com’è noto, non è stato soltanto un “gossip” in quanto il fulcro centrale della storia è il mancato incarico di consulenza promesso e mai ratificato alla dott.ssa Maria Rosaria Boccia, il che rappresenta un fatto politico rilevante proprio perché questa consulenza è stata rilevante durante lo svolgersi del “gossip” e ben presente negli scenari mediatici che hanno investito il governo. Questa tematica nella lettera di dimissioni dell’ex ministro della cultura non è stata menzionata ma rappresenta un atto politico. 

L'iter del  “gossip” che ha investito l’ex ministro della cultura mediaticamente è durato circa un mese. Ora, premesso che con il termine “gossip” si descrivono in generale processi di pettegolezzi e vicende private, il fatto che un ministro decida di assegnare o meno un incarico di consulenza rappresenta in questo caso un atto di governo e un fatto politico, divenendo al contempo un fatto privato in quanto lo svolgersi del “gossip” ha coinvolto il ministro nella sua sfera personale e non in quella delle sue funzioni pubbliche di ministro. 

I media hanno presentato questo “gossip” che ha coinvolto l’ex ministro della cultura con interviste (ben nota quella al Tg1), con articoli e con servizi mirati in tutti i telegiornali, fornendo una serie di dettagli che complessivamente hanno inquinato l’immagine del ministro. Proprio in ragione di tanta attenzione mediatica dedicata alla vicenda, una comunicazione pubblica di dimissioni centrata unicamente su una sola categoria di motivazioni, ossia le “ragioni di gossip”, appare  largamente insufficiente e, a tal riguardo,  ricordo che l’articolo 1 della nostra Costituzione recita che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” e, pertanto,implica il carattere pubblico degli atti di governo in quanto, appunto, “la sovranità appartiene al popolo”; ciò significa che per onorare la Costituzione è necessario che, in casi simili, si svolgano dei dibattiti parlamentari soprattutto quando certi atti di governo si presentano mediaticamente non trasparenti e ci sono in ballo questioni quali le dimissioni di un ministro; quelle dell’ex ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, sono state rese con atti non trasparenti in quanto le motivazioni sono rimaste private e non rese pubbliche. 

Abbiamo il diritto di conoscere le ragioni della mancata consulenza promessa e mai ratificata, oggetto del “gossip”? Non siamo una Repubblica fondata sul commercio delle banane! Perché questa consulenza è stata un tema centrale che ha caratterizzato il “gossip” che ha investito il ministro della cultura?

La lettera delle dimissioni dell’ex ministro della Cultura è stata inviata soltanto come una comunicazione in stile ordinario alla Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ma, occorre ribadirlo, anche se le dimissioni sono state adottate in funzione di una scelta personale, esse restano un atto e una scelta politica di cui il Parlamento non è stato investito, nonostante l’opposizione lo avesse richiesto più volte. In tempo reale, attraverso i media, si è appreso che sarà la magistratura ad occuparsi del caso che da politico è diventato giuridico in quanto l’ex ministro Gennaro Sangiuliano è ora indagato dalla Procura di Roma con l’ipotesi di reati di peculato e rivelazione di segreto d’ufficio legati alla sua relazione con Maria Rosaria Boccia. Le accuse, presentate dai media, riguarderebbero presunti viaggi e coinvolgimenti in attività istituzionali, rispetto alle quali indaga la Corte dei Conti anche in seguito ad un esposto presentato dal deputato di Avs Angelo Bonelli. 

Le motivazioni di queste dimissioni e l’intero caso Sangiuliano andavano presentati in Parlamento, invece la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, il giorno dopo, sabato 7 settembre, ha scelto di commentarle in via definitiva davanti alla platea di Cernobbio [2], Villa D’Este, dove si svolgeva il Forum del “The European House Ambrosetti” che è una sede impropria dove vengono dibattuti argomenti di altra natura: le problematiche interne del governo non sono certo centrali per le attività degli imprenditori, economisti e finanzieri, o almeno non dovrebbero esserlo. La presidente del Consiglio dei ministri ha colto anche l'occasione per ringraziare l'ex ministro per il lavoro che ha fatto in questi due anni - che è, al contrario, pari quasi zero, secondo opinioni largamente diffuse. 

La scelta della Meloni di presentare in questa sede il suo commento alle dimissioni dell’ex ministro della cultura anziché in Parlamento le ha permesso di evitare un dibattito parlamentare su questo caso e  non si è capito perché questo “Forum“ gestito esclusivamente dagli imprenditori abbia concesso alla presidente del Consiglio dei ministri di presentare alla sua platea una relazione su argomenti che riguardavano atti del governo che non sono in relazione con le materie notoriamente economiche e finanziarie che vengono correntemente dibattute in quel contesto. La Meloni nella sua ordinaria gestione delle pratiche interne del suo governo ha ricevuto da questo “Forum” un aiuto considerevole, coinvolgendo i media ma non il parlamento che non è stato investito da nessun dibattito. 

Il comportamento della presidente del Consiglio dei ministri è non ordinario ed è anche incostituzionale, ma guardando il quadro politico c’è dell’altro, esso è caratterizzato da scenari da incubo su temi importanti come la sanità, ma vanno tenuti in considerazione soprattutto quelli che sono gli obiettivi reali e dichiarati del governo Meloni a riguardo delle riforme della nostra Costituzione. Il governo della Meloni vuole ridurre le funzioni del parlamento con l’introduzione in Costituzione del Premierato e questa riforma è in corso, il 18 giugno è già stata approvata dal Senato [3]. Sappiamo che sarà un Premierato fortemente a rischio autoritario ed il comportamento assunto dalla Meloni proprio sul caso Sangiuliano ne rappresenta un primo esperimento che è perfettamente riuscito in quanto la Meloni non ha coinvolto per niente il Parlamento sul caso Sangiuliano.  I lavori di approvazione di questa riforma continuano alla Camera, i media non ne parlano e su questi lavori parlamentari c’è una sorta di silenzio stampa. Il premierato cambierà profondamente la natura e lo spirito della Costituzione è presenterà anche seri rischi di possibili svolte autoritarie: proprio il caso Sangiuliano ne è stato un esempio eloquente ed è stato anche indicativo di come un ministro in tempo reale possa essere dimissionario, volontario o meno, senza che il parlamento abbia acquisito le motivazioni che hanno determinato le sue dimissioni. Sia chiaro, qui non è in discussione il “gossip” dell’ex ministro della cultura ma la gestione del caso Sangiuliano da parte, in particolare, della presidente del Consiglio che ha assunto una postura come se già fosse in Costituzione la riforma del premierato, il cui iter è invece appena iniziato in parlamento.

Sul caso Sangiuliano non sono mancate dichiarazioni di esponenti del governo e anche al massimo livello: venerdì 13 settembre il caso è stato all’attenzione del ministro degli Interni Matteo Piantedosi che, intervenendo ad Avellino alla conferenza programmatica regionale di Fratelli d'Italia, ha fatto una dichiarazione in riferimento alle vicende che hanno portato alle dimissioni l’ex ministro della Cultura, definendo Sangiuliano una “vittima di un’imboscata” [4]. 

La sua dichiarazione rimane però prova di analisi e soprattutto non si è compreso chi è che avrebbe teso quest’imboscata e perché.  Come si può accettare, nel rispetto della nostra Costituzione, che un ministro possa, durante lo svolgersi di un “gossip” che lo ha investito e che è stato da lui stesso creato, promettere una consulenza ad una persona senza mai ratificarla e, in seguito, sopportare un vago chiacchiericcio su fattucci privati che forse nemmeno esistono, elidendo totalmente dal campo del dovere pubblico dell’informazione qualsiasi chiarificazione sul come mai tale consulenza non sia mai stata ratificata e perchè? 

Per queste considerazioni la riforma costituzionale del premierato oltre che aumentare la distanza tra cittadini e governo che è già oggi notevole, presenterà prospettive di comportamenti obiettivamente sempre più privati in ambiti di svolgimento delle funzioni pubbliche. Il  presidente del Consiglio dei ministri che si chiamerà Premier, coinvolgerà il parlamento sempre meno e l’insieme del governo nei comportamenti sarà complessivamente sempre meno trasparente rispetto al parlamento e ai cittadini.  

Note:

[1] (chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://media.beniculturali.it/mibac/files/boards/be78e33bc8ca0c99bff70aa174035096/Comunicati/2024/Lettera%20Ministro.pdf).

[2] (https://www.youtube.com/watch?v=UNWcCNRf7vU).

[3] (https://www.lacittafutura.it/interni/un-premierato-a-rischio-autoritario).

[4] Gianni Colucci, “Sangiuliano è stata vittima di un’imboscata ”Il Mattino p.7.

20/09/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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Felice di Maro

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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