Di fronte alla militarizzazione dell’emergenza, le Brigate di Solidarietà Attiva hanno dato esempio di come l’autorganizzazione possa costruire un modello alternativo di solidarietà e interventi di sostegno concreto.
di Nicolò Martinelli
La sconvolgente serie di eventi sismici che ha interessato il centro Italia nella notte del 24 agosto, ha lasciato dietro di sé una sconvolgente scia di morti e feriti, distruggendo i paesi di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto.
Per chi ha avuto la sfortuna di vivere quelle drammatiche ore, ma anche per chi ha appreso della notizia a distanza, immediata è stata l’analogia con il terremoto dell’Aquila nell’aprile del 2009.
Non solo per la zona geografica e per la vastità dei danni, ma anche per come all’epoca fu gestita dall’allora capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, la fase dell’emergenza e della ricostruzione. Vivido è il ricordo di una città militarizzata, del tentativo di trasformare le persone in utenti, di una ricostruzione su cui pesano ombre di corruzione. Ma a fianco a questa realtà, ne esiste un’altra.
Nate nei mesi estivi successivi a quel sisma, su impulso di compagne e compagni di Rifondazione Comunista, le Brigate di Solidarietà Attiva hanno dato esempio di come l’autorganizzazione e la pratica orizzontale possano costruire un modello concretamente alternativo di gestione delle emergenze.
Le BSA, strutturatesi in seguito in modo autonomo, sono infatti poi intervenute per affrontare emergenze con inevitabili ricadute di tipo sociale, come avvenuto con la solidarietà attiva ai braccianti a Nardò, in Puglia.
E così, fin dalle prime ore successive al terremoto, i responsabili delle Brigate di Solidarietà Attiva hanno lanciato una campagna di raccolta di generi di prima necessità da distribuire direttamente alla popolazione: cibo e acqua, sanitari, vestiti, ma anche coperte, per far fronte alle temperature appenniniche che arriveranno a breve con l’autunno, assorbenti e giocattoli per bambini, la cui sofferenza psicologica viene troppo spesso dimenticata in contesti militarizzati. Attraverso la pagina facebook “Brigate di Solidarietà Attiva – Terremoto Centro Italia”, immediatamente sono state diramate le prime indicazioni operative per organizzare la raccolta, con l’ovvio coordinamento operativo con le autorità di protezione civile, ma sempre mantenendo una propria autonomia di decisione e valutazione.
Anche la direttiva di interrompere le raccolte di generi di prima necessità, a causa del sopravvenuto riempimento dei magazzini, è stata diffusa dopo una valutazione delle reali necessità delle popolazioni coinvolte, e non con il paraocchi ideologico che ha portato alcuni sindaci “democratici” della regione Toscana a invitare esplicitamente la popolazione a non contribuire alle raccolte promosse da BSA e Rifondazione Comunista ma ad effettuare donazioni in denaro.
Terminata la prima fase di raccolta, che ha previsto lo stoccaggio in magazzini per provvedere all'approvvigionamento anche nelle settimane che verranno, l'esperienza delle Brigate di Solidarietà Attiva, vede adesso l'allestimento di campi ad Amatrice e Acquasanta con distribuzione dei generi di prima necessità alla popolazione.
A supporto della rete originaria delle BSA, infatti, è stata attivata una chiamata per i volontari che, a partire dal 14 settembre, si alterneranno nel campo per periodi minimi di 4 giorni.
Stupefacente é infatti, la rapidità con cui i militanti di mezza Italia hanno risposto all'appello, facendo affidamento su una rete consolidata e mettendo da parte frizioni politiche che hanno attraversato la sinistra antagonista negli ultimi anni, ritrovandosi in una comune pratica politica che mette al centro la confederalità sociale anziché le infinite discussioni verticistiche, secondo il motto "Prima fare e poi parlare".
Oltre alla risposta militante di Rifondazione Comunista, infatti, collaborano con le BSA diversi centri sociali e collettivi territoriali, rendendo necessaria una gestione politica orizzontale e non verticistica.
Quella di sviluppare la confederalità sociale, è del resto la parola d'ordine con cui si é concluso il seminario nazionale della R@P (Rete per l'autorganizzazione popolare), il cui percorso si intreccia con quello delle Brigate di Solidarietà Attiva, che si pone l'obiettivo di legare tra loro lotta, solidarietà e proposta politico-amministrativa. Tra i passaggi più significativi del documento finale, infatti, si afferma
"E’ dove lo Stato lascia spazio, per la crisi o per la guerra che genera, che possiamo infatti costruire la città che verrà. Pratiche sociali di autorganizzazione, autoproduzione e mutualismo per i migranti, sindacati conflittuali che lavorano nel tentativo di confederare i lavoratori classici con il popolo dei quartieri metropolitani, occupazioni di case, gruppi di acquisto contro il caro vita, pratiche di controllo popolare lavorano sullo stesso terreno da anni, ma è solo negli ultimi tempi che assistiamo ad un tentativo di formalizzare il processo che queste soggettività sociali hanno costruito e sedimentato nel tempo. Le esperienze di Barcellona, Madrid, Napoli, con tutti i limiti e le contraddizioni di cui sono attraversate aprono da questo punto di vista uno spazio pubblico ed un’occasione per contribuire alla crescita delle attuali esperienze di antieconomia e antistato"
L'esperienza delle brigate di solidarietà, del resto, è interessante perché smonta la funzione del volontariato classico come elemento legittimante della governance neoliberista.
Restituire la normalità della vita di tutti i giorni a coloro i quali la tragedia l'ha strappata e sul cui bisogno le logiche del capitale vorrebbero far profitto. Senza prestiti bancari finanziati con SMS solidali, ma con tutta la solidarietà dal basso che da sempre caratterizza il movimento operaio.
Avanti brigate!