Il corso nazional-fascistoide della Lega nord e la classe operaia
La svolta “lepenista” di Matteo Salvini è sotto gli occhi di tutti. Invitato all’incoronazione di Marie Le Pen, ormai stabilmente alleato del Front National e integrato nel gruppo di estrema destra all’europarlamento, l’“altro Matteo” ha rivitalizzato una Lega Nord che sembrava destinata all’estinzione, tra “cerchi magici” attorno al collo del Senatur e conti correnti senza controllo da un lato, dall’altro la sbiadita via istituzionale di Maroni. In pochi mesi, invece, la Lega Nord è tornata ad essere quel coacervo di xenofobia, violenza verbale (e non solo), estremismo squadrista della prima ora: insomma, un concentrato di ciò che l’indecente Borghezio ha sempre dichiarato e che adesso trova piena espressione nella rinvigorita linea politica di Salvini.
Con spregiudicata giravolta, Salvini ha mandato in soffitta la linea secessionista per avviare una metamorfosi nazionalista: il problema non è più separare il Nord dal Sud d’Italia, ma far uscire l’Italia intera dall’euro. Per questo, occorrono due movimenti concentrici: uno è quello di costruire la “Lega del Sud”, l’altro quello di chiamare a raccolta tutti gli spiriti nazionalisti che aleggiano nella dispersa galassia dell’estrema destra sempre meno fluida e sempre più dinamicamente impegnata in campagne di difesa dell’italianità dalle mille invasioni (dai migranti clandestini ai profughi della guerre) e dalle politichecontro “gli italiani” in quanto tali).
Lo scandalo è stato raggiunto con la manifestazione anti-immigrati del 18 ottobre scorso a Milano con la presenza “qualificante” di Casa Pound, cuore nero della destra sociale italiana e fascisti dichiarati, che già Grillo avrebbe voluto sdoganare qualche anno fa. Anche senza la taumaturgica investitura di Grillo, i camerati di CP sono diventati parte integrante di un progetto che il “duce”, in pectore, Simone Di Stefano, fa risalire all’elezione europea di Borghezio nel collegio dell’Italia centrale. Il progetto è delineato chiaramente, fin troppo: nascondere dietro le dichiarazioni di una linea post-ideologica la diffusione di un programma “revanscista” e iper-nazionalista, che promuove l’odio verso l’Unione Europea non per il suo carattere liberista, capitalista e imperialista, ma per la perdita di sovranità nazionale. L’obiettivo è l’identità nazionale, non il cambiamento di sistema economico-sociale e il rovesciamento dei rapporti di forza tra le classi: gli interessi sociali da difendere in prima battuta sono principalmente quelli della piccola borghesia, incerta e pronta a scagliarsi contro capri espiatori su cui scaricare i costi della crisi.
Il dato inquietante, passato con meno clamore, altrettanto se non maggiormente preoccupante, è l’alta adesione di voto operaio che la Lega Nord sta incassando. Non è una novità: nelle regioni settentrionali, in Lombardia in particolare, questo dato non è nuovo. Nuova è però la convergenza sulla Lega Nord da parte dell’organizzazione operaia per eccellenza, la FIOM: all’inizio di ottobre, il Segretario regionale lombardo della FIOM, Mirco Rota, ha dato infatti l’adesione ufficiale al referendum contro la legge Fornero promosso dalla Lega. Un caso finora isolato, ma che la dice lunga su come la Lega stia riscuotendo consensi anche nei settori operai.
Il mix che si sta componendo è dunque preoccupante e denso di presagi funesti: la linea nazional-fascistoide, che mescola richiami alla sicurezza contro le invasioni dei clandestini con l’idea di un ritorno ad un nazionalismo autarchico, che intercetta settori popolari e operai nei quartieri devastati dalle politiche liberiste e si incrocia con lo squadrismo fascista di CasaPound, trovando oltretutto legittimazione nella nuova stella dell’estrema destra europea che è Marie Le Pen, può provocare nelle masse popolari la caduta delle difese immunitarie contro il fascismo, consentendo nuove tragiche avventure.
La ricostituzione di un Partito Comunista diventa più che mai necessaria, per impedire questa deriva.