Il Forte Bravetta, luogo sconosciuto alla maggioranza dei romani, era l’ultima tappa di un percorso che accomunava molte persone durante l'occupazione tedesca della capitale: quelle che avevano scelto la strada della Resistenza, che passava spesso per Via Tasso e per Regina Coeli e si concludeva al Forte, in cui avvenivano le fucilazioni. Nel suo terrapieno furono giustiziate 107 persone. La lapide, affissa solo a fine anni Sessanta, riporta nomi sbagliati e omette quelli di 36 uomini e una donna, condannati a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
di Giovanni Capodiferro
Esistono luoghi, spazi e storie del nostro Paese, che non raccontano le reali e tragiche vicende che portarono alla nascita della Repubblica dopo la lotta di Liberazione. L’esempio dell’Armadio della vergogna è emblematico della cattiva coscienza di una nazione che non ha mai fatto i conti col proprio passato, preferendo occultarlo più che affrontarlo
Ci sono luoghi in cui è nata la storia della nostra Repubblica che celano ancora segreti e verità non svelate del tutto. Ci sono lapidi che raccontano solo una parte della verità come quella di Forte Bravetta, tappa indelebile nel percorso della Liberazione e della rinascita democratica dell’Italia, sottacendo però la parte più indigesta, quella che poteva coinvolgere personaggi che, dopo la caduta del fascismo, si tolsero la camicia nera, come se questo semplice gesto bastasse per cancellare gli orrori del regime di cui erano partecipi.
Il Forte Bravetta, uno dei 15 forti di Roma posti a difesa della città, venne progettato dal comando militare francese nel 1867 ma la sua realizzazione insieme a gli altri forti avvenne ad opera delle autorità sabaude che volevano blindare l’Urbe con una linea di difesa che andava dal Tirreno all’Adriatico. Fu costruito a partire dal 1877 e terminato nel 1883, su una superficie di 10,6 ettari, a circa metà di via di Bravetta, dalla quale prende il nome, fra la via Aurelia e la via Portuense.
Il Forte per anni è stato un luogo sconosciuto alla maggioranza dei romani, nascosto, dentro un parco. Quasi volesse mitigare il dolore che custodiva. Era l’ultima tappa di un percorso che accomunava molte persone durante l'occupazione tedesca della capitale: quelle che avevano scelto la strada della Resistenza, che passava spesso per Via Tasso, per Regina Coeli e si concludeva al Forte in cui avvenivano le fucilazioni. Forte Bravetta, uno dei tanti forti militari che circondano Roma, è tristemente noto per avere ospitato, su un terrapieno posto al suo interno, le condanne a morte eseguite nella città di Roma dal 1932 fino al 1945. I condannati erano rinchiusi, prima di essere condotti al forte, nel carcere romano di Regina Coeli, e tutti poi fucilati alla schiena come traditori, come voleva il codice penale fascista.
Nel terrapieno furono assassinati 107 esseri umani, rei di essersi opposti all’arroganza criminale del fascismo di mussoliniana memoria, e alla follia senza appello del germanico nazismo d’occupazione. Tra i giustiziati, oltre a dieci criminali indifendibili (colpiti da una sorta di nemesi divina nel luogo in cui avevano inviato, dopo violenze e torture, chi non era gradito ai nazifascisti), mancano i nomi di 37 uomini e una donna. Quasi tutti furono condannati dal famigerato "Tribunale speciale per la difesa dello Stato", strumento di oppressione voluto da Mussolini, con il quale si reintrodusse la pena di morte abolita nel 1890, senza la possibilità di avere un giusto processo.
La mancanza sulla lapide di quei nomi, oltre a negare il sacrificio e il riconoscimento a chi ha pagato con la vita, senza la possibilità di difendersi in giudizio, sembra avvalorare la tesi viscida e strisciante che del fascismo ci sia qualcosa da salvare. È come se quelle sentenze di morte fossero in qualche modo legittime, e questa legittimazione è proprio nella mancanza di quei nomi, come se prima dell’8 settembre 1943 nulla sia accaduto o, se accaduto, non abbia avuto rilevanza storica.
Infatti, la lapide che si trova all’ingresso del parco di Forte Bravetta fu collocata con sospetto e vergognoso ritardo solo nel 1967, quasi a voler far dimenticare tutti coloro che fiancheggiarono e sostennero il fascismo da dietro le quinte, ovvero quell’odiosa burocrazia che conservò la propria posizione e passò indenne tra la fine del regime sabaudo-fascista e la nascente Repubblica, nata paradossalmente dalla lotta e dal sacrificio di coloro che essi avevano osteggiato e condannato.
L'elenco dei nomi riportati, oltre a errori nei nomi e cognomi e di alcuni caduti, morti in altri luoghi, contempla solo i condannati a morte dal tribunale tedesco di guerra durante l’occupazione nazista di Roma. Anche l’enfasi retorica della citazione del monumento è adatta più ai caduti della Grande Guerra che a civili sommariamente fucilati – con caratteri tanto cari al ventennio mussoliniano!- parla di "patrioti" e non "partigiani", di "occupazione nazista" e non di "regime fascista", di "fiaccole accese", "sublime sacrificio", "riscossa nazionale". Unica parola riconoscibile, per chi ha lottato contro il nazifascismo, è "resistenza", accostata però alla già citata "fiaccola", tanto cara agli eredi di Almirante.
Negare un monumento che ricordi anche i 38 nomi "dimenticati" sarebbe un atto di apologia del fascismo, perché scaricherebbe tutte le colpe e le crudeltà del regime di Mussolini sull’epilogo nazista dell’occupazione di Roma, ma anche un cedimento al revisionismo storico e a chi ha coperto per anni le responsabilità di SS e fascisti nell’Armadio della Vergogna. Nomi e persone dimenticate per anni dalla cattiva coscienza dei posteri e che ancor oggi aspettano un riconoscimento postumo come quello di un nome inciso su una lapide
La sezione ANPI Trullo-Magliana ha iniziato a far conoscere questa tragica pagina di storia il 20 Aprile 2013 presentando dentro il forte, ai piedi della collina dove avvennero le esecuzioni, il libro di Augusto Pompeo “Forte Bravetta la fabbrica di morte del regime nazifascista dal 1932 al 1945”. Il 26 aprile 2014 è stato posto vicino la lapide esistente un simulacro simbolico a ricordo degli antifascisti, patrioti, resistenti dimenticati. Il 27 maggio 2014 gli studenti della scuola Gramsci hanno effettuato una visita guidata al forte, alla lapide e al simulacro. Mercoledì 4 giugno 2014, infine, in occasione delle celebrazioni per il 70° della liberazione di Roma da parte del Comune svoltasi a Forte Bravetta, è stato espresso dal presidente Ernesto Nassi ai presenti, alle autorità militari e civili, tra cui il sindaco Marino, il rammarico per la grave lacuna e la necessità di colmarla quanto prima.
Ricordare queste pagine della storia è un vaccino contro il ciclico affiorare di rigurgiti fascisti. Seminando la verità su chi erano e su quello che hanno causato orbaci e camice nere, si renderà impraticabile l'opera di falsità del revisionismo storico.