Elezioni politiche italiane e regionali in Lombardia 2018

Domenica gli italiani sono chiamati al voto per il nuovo Parlamento. In Lombardia e Lazio si eleggono i Consigli regionali.


Elezioni politiche italiane e regionali in Lombardia 2018 Credits: gazzettamatin.com

Milano. Allora ci siamo. Tra poche ora si aprono i seggi elettorali. Gli italiani sono chiamati a esprimere il voto per la costituzione del nuovo Parlamento (Camera e Senato). In due Regioni, Lombardia e Lazio, si vota per il nuovo Presidente e per il Consiglio. Oggi è giornata di silenzio meditativo, anche se chi ha deciso di recarsi alle urne la propria scelta l’ha già fatta, al pari di chi ha deciso di astenersi.

Le elezioni di domani potrebbero condurre in un tempo di ingovernabilità in Italia. Tema non nuovo: cinque anni fa fu argomento dominante. C’è da dire che le coalizioni (reali e ipotetiche) pre-elettorali non diventano obbligatoriamente (in particolare quelle ipotetiche) coalizioni post-elettorali. Non rimarrà che il ritorno alle urne in breve tempo? Con la stessa legge elettorale potrebbe cambiare qualcosa? Il centrodestra spera di ottenere il 40%, ma si sa i sondaggi sono troppe volte fatti in casa. E, poi, anche tanti altri contendenti convergono verso uno scenario di larghe intese (Germania docet, loro lo negano).

Ciò vorrebbe dire una prosecuzione del governo Gentiloni per qualche mese. Anche con il placet di Berlusconi: ricordiamo che Gentiloni, ministro delle telecomunicazioni, attuò a quei tempi una politica non sfavorevole nei confronti di Mediaset.

Renzi negli ultimi giorni di campagna elettorale, convinto di essere primo tra pari, ha detto che se non ci sarà una maggioranza si dovrà tornare alle urne. Rivotando con la stessa legge elettorale, che come sappiamo è nata per favorire le coalizioni e svantaggiare il Movimento 5 Stelle, non si riesce a capire cosa effettivamente cambierà, intanto perché i 5 Stelle resteranno al 25-30%.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono reduci da manifestazioni anti-inciuci e sono preoccupati che Berlusconi stringa un'alleanza con Renzi, Gentiloni e una parte del Partito democratico. Rammentiamo che l'ingovernabilità fu evidente già dopo le elezioni del 2013. Quello che colpisce di più è ovviamente l'incapacità dei parlamentari di accordarsi per le riforme istituzionali. La legislatura finita è stata dominata da logoranti trattative sull’abolizione del Senato e sulla riduzione del numero di parlamentari, ma anche a causa del referendum sulle riforme costituzionali perso da Matteo Renzi che promise di dimettersi e allontanarsi dalla politica tutto è stato un nulla di fatto. Una incapacità tutta italiana, già alla fine degli anni '80 vennero istituite commissioni bicamerali per le riforme finite nel nulla.

Nel corso della smorta campagna elettorale chiusa ieri i partiti hanno promesso di tutto e di più, senza rendersi conto che con una irrisoria ripresa economica e con un debito pubblico pari al 132% del Pil non può esserci un margine di manovra per tante delle promesse riforme. E fuori da ogni legittimo dubbio che un governo di centrodestra, di centrosinistra o dei 5 Stelle non porterà mai avanti identiche politiche economiche.

L’Italia è sotto osservazione da parte di quel fantasma che circola sulle nostre teste, l’Europa. Una politica economica che aumentasse il deficit sarebbe subito sanzionata, traducendosi in un aumento dello spread (lo scarto tra i tassi d'interesse tedeschi e italiani). L'Unione Europea è così diventata un capro espiatorio, ma l'incuria dei governi italiani ha fatto la sua parte. In 25 anni c’è stato un cambiamento importante da parte dell’Italia: uno dei Paesi più filo-europeisti è ora tra i più euro-scettici.

L’analisi non può esimersi dal sottolineare come il modello, mai confessato, di Renzi sia Bettino Craxi, il decisionismo contro il perdersi nelle trattative tipico della vecchia DC. Renzi cerca scontenti in altri partiti e movimenti dimenticando che il suo PD ha perso l’ancoraggio territoriale (da 800 mila aderenti agli attuali 2/300 mila) ed è sull'orlo dell'implosione.

Sul baratro cammina anche Berlusconi, non soltanto per le sue beghe giudiziarie. C’è un aspetto economico di cui in campagna elettorale si è parlato poco: nel dicembre 2016, il gruppo francese Bolloré si accaparrò il 30% delle azioni Mediaset, un’offensiva traumatica per l’ex-cav. Berlusconi e la sua famiglia. Un mese fa si è riunito un consiglio d'amministrazione ristretto per cercare di bloccare una ulteriore presa di potere del gruppo Bolloré.

Chiudiamo questa analisi con il voto in Lombardia e prendiamo uno dei temi nodali, di cui si parla molto al di là del confine e poco al di qua: i “frontalieri”. Sono tanti, forse troppi, anche per chi governerà la Lombardia dopo le elezioni di domani. E non perché i frontalieri siano un problema per la Svizzera e il Canton Ticino in particolare, ma perché sono l’indice della debolezza economica della Lombardia, fino a non molto tempo fa una delle “locomotive” regionali d'Europa. Per i candidati alla presidenza che vogliono tutti rilanciare la Regione diventerà la priorità numero uno, prima di lavoro, migranti, sicurezza e sanità. Il problema esiste e preoccupa per il rilancio dell'economia lombarda. Ogni giorno circa 65 mila italiani varcano il confine per lavorare in Ticino e nei Grigioni, l'evoluzione in questi anni è verso un marcato aumento dei lavoratori italiani in Ticino. Un cantone che non si lamenta per il numero elevato dei frontalieri, ma delle conseguenze di questo aumento: dal dumping salariale alla recente sostituzione della manodopera ticinese a favore di quella italiana.

03/03/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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