“Dieci, cento, mille case del popolo” ha detto Viola Carofalo all’assemblea nazionale di Palp del 18 marzo e ha concluso che ci riprenderemo i voti dati in prestito al M5s e alla Lega. Come diceva Walter Benjamin nelle sue tesi sul concetto di storia: Ogni lotta che ricomincia per liberarsi dallo sfruttamento e dall’oppressione dal capitalismo non si fa soltanto in nome delle future generazioni, ma anche per quelle sconfitte nel passato. E in ogni nuovo inizio è importante riappropriarci del nostro linguaggio e del nostro immaginario.
Fra luoghi e strumenti sperimentati dal movimento operaio, anche in Italia, occupano una centralità le Case del Popolo, che hanno costituito i primi centri di aggregazione in cui i proletari si riunivano per discutere di politica, per organizzare lotte e agitazioni sindacali. Vi si promuovevano anche corsi serali e attività culturali, azioni di mutualismo e di resistenza, momenti di svago e di socialità, fino a diventare per le masse popolari, nelle città e nelle campagne, punti di riferimento in cui si costruiva il senso di appartenenza di classe e identità ideologica.
Il fenomeno assunse dimensioni di massa, anche grazie agli eventi come la Comune di Parigi (1871), prima esperienza di potere popolare divenuta un riferimento privilegiato per tutti i rivoluzionari, in particolare per i bolscevichi che diedero vita ai soviet nella Rivoluzione d’ottobre. Inoltre fu anche fonte per i consigli di fabbrica nel periodo del Biennio Rosso a Torino, dove nacque il gruppo dirigente comunista guidato poi da Antonio Gramsci. Dopo la prima guerra mondiale, le Case del Popolo furono uno dei bersagli privilegiati (insieme alle Camere del lavoro, ai partiti socialista e comunista) delle squadracce fasciste, finanziate prima dagli agrari e poi dai padroni delle fabbriche. Durante il fascismo, nel proletariato italiano rimasero vive le esperienze fatte in questi luoghi. Con la lotta di liberazione e la Resistenza, nel secondo dopoguerra e per un lungo periodo, le Case del Popolo, specie nelle campagne e nei villaggi, ripresero vigore e assunsero un ruolo fondamentale nel lavoro di massa dei comunisti e socialisti, contro il potere democristiano e clericale.
Negli anni ‘60 e ‘70, quelli del boom economico e dell’incipiente neocapitalismo, ebbe luogo un altro ciclo di lotte, quello che verrà ricordato come il sessantotto, che trovò modo di esprimersi con nuove forme di socialità e nuove forme di critica anticapitalistica. in particolare fra le giovani generazioni che sperimentavano una diversa socialità più anti-autoritaria verso le relazioni familiari, nei posti di lavoro, nel vivere liberamente la sessualità e nel viaggiare oltre confine. Verso la fine degli anni settanta le Case del Popolo perdono in parte il loro ruolo e non svolgono più quel ruolo di aggregazione per le nuove generazioni. A partire dagli anni 80 infatti si sperimentano nuove forme di antagonismo sociale e politico e di auto-organizzazione, come i centri sociali, che hanno dato un contributo importante di resistenza all’incipiente neoliberismo, ma che hanno finito per produrre un divario nel processo di unità tra l’antagonismo e la rappresentanza politica. Questa “forbice” aumenterà ulteriormente dopo la caduta dell’ Unione sovietica e l’inizio della globalizzazione e finanziarizzazione del capitalismo. Le Case del Popolo, quindi, in questo periodo, perdono la loro connotazione originaria di carattere popolare come luogo di discussione e organizzazione del proletariato italiano, lasciando sempre più spazio al proliferare dei centri sociali e impedendo che le energie innovative, le competenze intellettuali, seppure diffuse, dessero un contributo unitario al progetto complessivo di cambiare la società. Venne così posta in essere una frammentazione ulteriore rispetto alle esigenze di unificare le lotte e ricostruire un rapporto di connessione sentimentale tra la politica e il Popolo.
Il merito della generazione degli anni ‘80, verso gli anni ‘90, è stato quello di anticipare sia la lotta alla globalizzazione con i movimenti No global, sia l’attenzione verso nuove correnti critiche di tipo ecologista e verso le nuove procedure informatiche e tecnologiche. Con il diffondersi e il radicarsi della globalizzazione e la crisi degli Stati nazionali, si afferma l’ideologia neoliberista che si è evidenziata con il tradimento storico della socialdemocrazia europea al governo, che si è espresso negli ultimi anni in Italia con i governi di centrosinistra, e con l’effimero ruolo di opposizione dei movimenti sindacali confederali provocando sul piano popolare, anche fra i lavoratori, un risentimento, figlio di un istinto di classe che ha finito per premiare elettoralmente formazioni populiste che hanno preso il posto dei vecchi partiti di massa.
Oggi di fronte a tutto ciò occorre rilanciare un progetto di società socialista alternativo in cui il carattere popolare deve tornare ad esser forma organizzativa e discorso per la ricostruzione del “Popolo” che per definizione ha bisogno di un nemico che si mostri incompatibile, non solo con i principi costituzionali, ma che venga riconosciuto come causa della povertà e della solitudine crescenti. Ѐ chiaro che questo nemico principale oggi è costituito dall’Unione europea dai suoi Trattati, dalla sua politica di austerità. Individuare il nemico può contribuire alla ricostruzione di un senso di identità e appartenenza sociale e di classe, sia nel mondo del lavoro che nei territori. Dopo la lezione greca, dopo i movimenti di lotta in Francia contro la Loi du travail, nella sinistra anticapitalista ci si interroga su quali obiettivi concentrare l’azione futura di lotta. Dalle elezioni del 4 marzo diventa sempre più urgente individuare parole d’ordine e politiche sociali che siano in grado di divenire credibili e popolari.
Formazioni come i 5s e Lega sono erroneamente considerate antisistema. Sappiamo che sia la questione migranti, sia la questione del reddito di cittadinanza e della democrazia diretta digitale della Casaleggio Associati sono oggi le due fake per distogliere l’attenzione dei lavoratori e del popolo dai loro interessi di classe e sappiamo anche che tutto ciò si sta realizzando con il supporto mediatico consapevole e colpevole che alimenta e sostiene queste armi di distruzione di massa, producendo insicurezza, razzismo, xenofobia e anche sessismo .
La difficoltà maggiore per Potere al Popolo consiste nel riconquistare un contatto, una connessione, una rappresentanza sociale e politica che per un periodo non breve sarà ancora presidiata dai 5stelle e dalla Lega. Non basta avere ragione, ma bisogna ricostruire una dimensione popolare riattraversando quotidianamente questa possibilità, senza adagiarsi in illusioni romantiche o accelerazioni organizzativistiche prima di aver individuato precisamente forme comunicative e strumenti di lotta, in grado di ricominciare una contro storia.
Occorre acquisire la consapevolezza che in politica i reali rapporti di forza sono quelli che contano e per farlo si deve innanzitutto ricostruire un’idea di popolo, non solo di coscienza di classe di avanguardie militanti, ma un lavoro che sia in grado di passare dalle discussioni e commenti sui network, alla realizzazione di uno strumento come le Case del popolo che possano essere utili all’obiettivo, ovvero il ricostruire un’altra idea di società, che superi questo sistema capitalistico pervasivo, ispirata al ritorno della Prima Internazionale e ai suoi principi cardine, rendendo omaggio così a Karl Marx.
Fonte: Walter Benjamin: “Angelus Novus”- ed. Einaudi –Torino 1962