I giochi per la presidenza del Parlamento Europeo si sono chiusi ancora prima della prima votazione. Il gruppo liberale ALDE ha annunciato la mattina del 17 Gennaio il ritiro della candidatura di Guy Verhofstadt in favore di quella del Partito Popolare Europeo, l’italiano Antonio Tajani. Nella quarta votazione, ballottaggio tra Tajani e il socialdemocratico Gianni Pittella, si sono aggiunti i voti del gruppo Conservatori e Riformisti Europei (ECR).
Un’alleanza di destra
Per più di dieci anni la presidenza del Parlamento Europeo è stata una questione di spartizione tra i socialdemocratici e i popolari. Esaurito il mandato del socialdemocratico tedesco Martin Schulz (forse candidato alle prossime elezioni in Germania), il Partito Socialista Europeo non ha voluto sostenere il candidato popolare sostenendo che non si potevano lasciare tutte e tre la massime cariche dell’Unione Europea in mano alla destra (le altre sono la Commissione Europea, Juncker, e il Consiglio Europeo, Tusk). I socialdemocratici hanno provato a ottenere il voto degli altri gruppi di un ipotetico centrosinistra (ancora l’ALDE, i Verdi e la sinistra GUE/NGL) sostenendo che la candidatura di Pittella rappresentasse la fine della Grande Coalizione europea e dell’austerità.
Si è invece formata una coalizione di destra. All’interno di ALDE, Popolari e ECR, l’unica limitazione a destra pare ormai il riferimento esplicito al fascismo. Del gruppo popolare fa parte l’ungherese Orban, dell’ECR vari partiti di “destra populista” come i polacchi di Legge e Giustizia, l’Alleanza Neo-Fiamminga belga, il Partito dei Finlandesi. Non si può non notare l’ironia per cui l’ALDE è stato eletto pochi giorni fa a “bastione dell’europeismo” per aver abortito l’alleanza col Movimento 5 Stelle, salvo poi votare la presidenza del Parlamento Europeo insieme ai conservatori inglesi che annunciano la “Brexit dura” e a una buona fetta della destra radicale dell’Europa centrale e dell’est.
Gli stessi Popolari si tolgono la maschera da “destra moderata europea” candidando Tajani, in gioventù monarchico e sempre sulle posizioni di destra all’interno della destra berlusconiana.
Forenza, candidata della Sinistra Unitaria Europea
La candidata del gruppo Sinistra Unitaria Europea GUE/NGL è stata Eleonora Forenza, dirigente di Rifondazione Comunista eletta con la lista L’Altra Europa.
Durante il suo discorso da candidata alla presidenza Forenza ha detto: “Sono una femminista. Da una prospettiva femminista si possono immaginare un’Europa e una politica differente per tutte e tutti”. Secondo Forenza “non si tratta solo di interrompere la lunga serie di giacche e cravatte” ma di “incarnare la discontinuità, mettere al centro del progetto europeo l’autodeterminazione di donne, uomini e popoli”. Arrivando alla critica dell’Unione Europea: “le politiche d’austerità hanno trasformato la questione meridionale in una questione continentale, aumentando il divario tra Nord e Sud Europa, ricattando col debito il popolo greco, italiano, spagnolo, portoghese. Se le politiche di austerità hanno creato un centro e una periferia, hanno messo interi popoli a margine del progetto europeo, le politiche di respingimento di donne e uomini migranti hanno fatto del Mediterraneo una mortifera frontiera: 5000 morti nel Mediterraneo nel 2016”. In chiusura del discorso, Forenza ha detto di voler rappresentare la generazione per cui l’Europa non è il sogno di Spinelli ma “un incubo fatto di disoccupazione e precarietà”.
Forenza ha raccolto nel terzo voto, l’ultimo prima del ballottaggio, 45 voti, un voto in più di Rebega, candidato del gruppo di estrema destra con Le Pen e Salvini. La candidata verde Lambert ha ottenuto 53 voti, la candidata Stevens di ECR 58 voti.
La Grande Coalizione non è finita
I socialdemocratici hanno provato a vendere il ballottaggio tra Pittella e Tajani come la fine della Grande Coalizione. Un tentativo di smarcarsi dopo aver perso terreno in tutte le elezioni degli ultimi e in vista di quelle in Francia e Germania. Il litigio per la poltrona più alta dell’Europarlamento però non mette veramente fine alla convergenza di popolari e socialdemocratici sulle politiche europee. Per fare solo un esempio, sono solo pochi gli europarlamentari socialdemocratici a rispondere all’appello della campagna STOP TTIP per non votare il trattato di libero scambio tra USA e UE. Come linea generale, il gruppo socialdemocratico resta sostenitore del TTIP.
E, infatti, invece di organizzarsi come opposizione, i socialdemocratici hanno già ripreso la ricerca di un nuovo accordo istituzionale con i popolari. Come avverte la stessa Forenza, la prossima priorità della socialdemocrazia è accordarsi per mettere un proprio uomo al posto di Donald Tusk al Consiglio Europeo. A uscire dall’austerità ci penseranno un’altra volta.