Solo avanti… fino al crollo

Il crollo di popolarità di Syriza in Grecia come risultato della sottomissione ai diktat europei.


Solo avanti… fino al crollo Credits: http://www.flickr.com/photos/pasokphotos/3941909705/sizes/o/in/set-72157622427616356/ Licensed under CC BY-SA 2.0 via Commons

SYRIZA, nata come partito autonomo nel 2012 ed espressione delle varie anime della sinistra di alternativa greca, dopo un massimo storico, due esperienze di governo, la sottomissione ai diktat europei e la scissione delle componenti anticapitaliste riunite in LA.E. cala a picco nei sondaggi e perde il radicamento popolare conquistato in nome di una “svolta” che non c’è stata.

di Davide Costa

La scena politica greca, già devastata a settembre dal ricatto di Bruxelles, risulta sempre più frammentata e rimescolata.

Una società sempre più vessata dalla precarietà e dalla disoccupazione imposte da Bruxelles e accettate da Atene che risulta priva di punti di riferimento in questa drammatica vicenda.

SYRIZA, padrona di un 35% dei consensi alle elezioni di Settembre, sembrava  ormai essere il soggetto egemone della scena politica greca.

Vincente con il suo “ΜΟΝΟ ΜΠΡΟΣΤΑ” (solo avanti), aveva cercato tramite una retorica cangiante e illusoria di coniugare un programma di riforme sociali con i diktat europei, ovviamente fallendo.

SYRIZA ha cercato di risultare fra i partiti dell’“Arco austero” (AN.EL., Nuova Democrazia, To Potami, PASOK e ora la stessa SYRIZA) il più “credibile” e come l’unico a poter “gestire” la macelleria sociale europea, minimizzandone i costi.

Ma la società greca aveva votato dei politici di rottura, non dei curatori fallimentari.

Il contraccolpo politico della sottomissione a Bruxelles, già previsto dalla dirigenza di SYRIZA nel fissare le elezioni anticipate il prima possibile, non è tardato a farsi sentire: SYRIZA da primo partito crolla nelle intenzioni di voto passando dal 36% al 18- 20%, dietro una “rinnovata neo-liberal” Nuova Democrazia che ritorna primo partito con il 21-23%; seguono a ruota KKE e i fascisti di Alba Dorata con il 4-5%, PASOK-Dimar con il 3-4%, Unità Popolare 1-3% mentre praticamente scompaiono To Potami, i centristi dell’Unione di Centro e  l’alleato di governo AN.EL con il 2% .

Da segnalare anche il “rifiuto del voto” che già nei sondaggi è risultata essere la terza forza politica con il 14%.

Un crollo annunciato nella metamorfosi di una forza politica che si era fatta portavoce di un cambiamento sociale radicale, ma che invece ha proseguito a preservare l’esistente, complici anche altri mutamenti politici come quello impresso dall’elezione del segretario di Nuova Democrazia Mitsotakis, proveniente dall’area “liberal”: volto giovane e fresco che si è fatto promotore di una politica europeista del “Grande Centro”, appoggiata in sordina da un sempre più agonizzante PASOK che con la sua nuova segretaria “socio-liberale”, Fofi Genimmata, già propone conferenze congiunte.

Una convergenza verso la “Palude” (come solevano chiamare i centristi i rivoluzionari francesi) che rischia di far tremare le fragili basi di un partito di governo, sempre più popolarmente sfiduciato e di un alleato di governo quasi scomparso.

Il “Governo di Sinistra” che avrebbe dovuto tenere le redini del paese ellenico per quattro anni potrebbe essere, dopo l’apogeo del referendum, giunto al suo epilogo e c’è già chi parla di soluzioni alternative.

Secondo Iskra (organo stampa di LA.E il cui nome Искра - “la Scintilla” rimanda al giornale del POSDR diretto da Lenin) sarebbero in campo due soluzioni: la prima presupporrebbe un allargamento di governo verso il centro con l’inclusione di PASOK e To Potami, se non addirittura un “pentapartito” arrivando al governo di unità nazionale con Nuova Democrazia; mentre la seconda vorrebbe un ritorno alle urne con soluzione alla “portoghese” di un governo di centro-sinistra-sinistra che vada dal PASOK a SYRIZA.

Tutti scenari che sancirebbero ufficialmente la fine di SYRIZA come forza radicale e di rottura, se la sottomissione ai diktat europei non l’avesse già fatto.

Tutto ciò mentre è in discussione una legge elettorale più proporzionale e con una soglia di sbarramento abbassata al 2% invece che al 3%.

L’ingresso di altri piccoli partiti in una nuovo parlamento potrebbe riabilitare SYRIZA come forza “antidestra” e compattare queste piccole forze contro Nuova Democrazia.

Questo però non basta a ricucire lo scollamento profondo che vi è fra società civile e forze politiche con le strade di Atene teatro della rabbia della classe lavoratrice greca (forse più non) e un parlamento svuotato di legittimità.

I sindacati, anche quelli più riformisti e moderati come GSEE e ADEDY,  incalzati da spinte dal basso e dalle frazioni anticapitaliste come META, stanno ingaggiando sempre più uno scontro frontale contro le misure di governo come la riforma del sistema pensionistico che ha visto una manifestazione di migliaia di persone ad Atene e Salonicco.

Previsto lo sciopero di 48 ore dei marinai il 20 e 21 gennaio e uno sciopero generale a febbraio.

In questa fase di radicalizzazione e disillusione, però, le opposizioni non riescono a trovare la quadra con un KKE sempre più isolato.

E’ pesata tanto l’assenza del PAME-sindacato del KKE (che pure aveva avallato le ragioni di ADEDY in un incontro unitario) alla manifestazione contro la riforma del 16 gennaio e il suo corteo solitario previsto il 23 gennaio.

Mentre la società greca disorientata cerca risposte, la dirigenza del KKE aspetta la Rivoluzione e spacca il fronte della sinistra anti-memorandum.

Un KKE che vota contro il decreto sulle Unioni Civili, adducendo (in parte giustamente) il fatto che trattasi di un’operazione di pinkwashing, ma spostandosi poi su una retorica di “famiglia biologica” che non fa parte del dizionario comunista.

ANTARSYA ancora impegnata nella sue lacerazioni interne sul rapporto con LA.E non riesce a riemergere.

LA.E., seppur cercando di costruire un fronte ampio antimemorandum e anticapitalista, manca di pratiche innovative secondo le voci di quella ex Gioventù di SYRIZA rimasta politicamente orfana dopo il suo esodo.

Secondo questi giovani le forze politiche mancano al momento di pensiero critico che gramscianamente parlando sia capace di andare oltre gli schemi burocratici delle forme di protesta istituzionali e che ripensi a un nuovo modello di società socialista nel XXI secolo.

Queste vicende dimostrano che i “governi di Sinistra”e le forze che ad essi si richiamano divengono privi di reali possibilità di cambiamento, se non si smarcano dal solco dell’Unione Europea e del libero mercato: in questa fase di “costituenti” dovremmo tenerlo a mente.

22/01/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Davide Costa

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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