Socialismo e guerra verticale

La narrazione ideologica giornalistica racconta la guerra russo-ucraina come una pericolosa contesa fra Stati. Così si nasconde il fatto che essa rappresenta proprio il necessario scontro fra potenze imperialiste che secondo Lenin si verifica nella fase di esasperazione del sistema capitalistico. In Italia, l’appoggio alle istanze belliciste è in caduta; sarà necessario far leva su questo sentire per diffondere l’ideale socialista.


Socialismo e guerra verticale

Il sondaggio aggiornato al 15 marzo 2024 condotto da Eumetra MR SPA ha rilevato che solo un terzo del campione di italiani intervistato è favorevole all’invio delle armi in Ucraina per il proseguimento del conflitto contro la Russia; il 28,4% delle persone sottoposte al sondaggio si dice contrario da poco tempo a questa misura, mentre ben il 30,3% da sempre contrario. Accanto a questi dati, emerge anche quello conseguenziale per cui ben il 61% degli italiani sarebbe concorde con l’invito all’Ucraina di Papa Francesco ad alzare bandiera bianca, ed una percentuale equivalente che auspica un cessate il fuoco senza condizioni nella guerra fra Israele e Palestina. 

Evidentemente questo non può essere ignorato dal governo in carica, che sta seguendo una linea, nell’ambito della politica estera, assolutamente non coerente con la volontà popolare, oltre che pericolosa e irragionevole. Non a caso, il vicepremier e Ministro degli Esteri Tajani, ospite nella trasmissione Prima di domani condotto da Bianca Berlinguer il 14 marzo, dichiara: “Noi aiutiamo l’Ucraina a difendere la sua indipendenza. È diverso dal mandare truppe italiane a combattere contro i Russi.”, come se l’invio di fondi non fosse chiaramente una maniera indiretta per alimentare il conflitto e prendervi parte senza responsabilità formale. A detta del governo, l’Italia starebbe sostenendo l’Ucraina nel conflitto inviando armamenti non più utili al nostro paese, e dunque senza che si debba chiedere ai cittadini una reale spesa; secondo l’Ukraine Support Tracker, tuttavia, gli aiuti italiani (finanziari, umanitari ecc..) già ammonterebbero a 5,4 miliardi di euro, e la rete Pace e Disarmo ha stimato che nel 2024 l’aumento di esborso dell’Italia per i finanziamenti militari aumenterà di 11,8 miliardi rispetto all’anno scorso.  [1]

Rispetto alla guerra fra Israele e Palestina, il 20 gennaio lo stesso Tajani ha affermato, intervistato da Il Giorno, che dal 7 ottobre sarebbe stato bloccato l’invio di armi di qualsiasi tipo verso Israele; queste dichiarazioni vengono smentite in modo imbarazzante dagli stessi dati dell’Istat, che mostrano come nell’ultimo trimestre del 2023 l’Italia avrebbe inviato armi e munizioni a Israele per un valore di più di 2,1 milioni di euro. [2]

È insomma chiaro come la classe politica, con le proprie iniziative belliciste, si stia sempre più smarcando dalla sensibilità della società civile, e lo stia facendo consapevolmente, non considerando che questa linea è profondamente impopolare e antidemocratica. Alla luce del fatto che le immagini delle azioni genocidarie perpetrate a Gaza a danno dei Palestinesi hanno consapevolizzato vasta parte della società civile, sarà pressoché impossibile che questa arrivi ad approvare l’invio di armi ad Israele che il governo promuove. In effetti, l’appoggio ed il sostegno che l’opinione pubblica occidentale comincia ad accordare al popolo palestinese fortunatamente rendono sempre più polarizzato il dibattito, costringendo i sostenitori di Israele ad accusare irragionevolmente di antisemitismo - come extrema ratio - i propri avversari, non potendosi più appellare ad altro davanti alle immagini di un evidente massacro. [3]

La questione relativa alla guerra in Ucraina, di contro, è effettivamente più problematica; ma anche in questo caso, sarà pressoché impossibile per il governo Meloni riportare in auge fra gli Italiani la posizione belligerante. La chiacchiera politica ha infatti raccontato la guerra in Ucraina sin dal suo inizio in maniera del tutto priva di realismo, come l’assalto sconsiderato di un “macellaio”, di un “nuovo Hitler” ad uno stato vittima; narrazioni così sempliciste sono evidentemente adeguate, oltre che ai libri di fiabe, alla sola propaganda, mentre le dinamiche storiche sono chiaramente più screziate. Una volta che l’opinione pubblica comprende di essere stata condizionata, non può che farsi diffidente. Tuttavia, dal momento che nelle guerre non esistono innocenti, e tanto meno nello scenario delle guerre imperialiste, non ci interessa decretare chi sia il depositario della ragione in questo conflitto. In questi contesti, anzi, è del tutto improprio cercare di dare valutazioni morali in merito agli scontri fra potenze, e si dovrebbe piuttosto cercare di smascherare l’interesse di ogni parte. 

In molti casi (pensiamo alle dichiarazioni di Macron) la classe politica comincia ad assumere dei toni anacronistici, fondamentalmente novecenteschi, ma in un contesto nel quale la potenza distruttiva di cui essa dispone è aumentata esponenzialmente; essa cerca così di fronteggiare la crisi di sovrapproduzione per ripristinare il processo di accumulazione di capitale, raccontando invece che la ragione del conflitto risiederebbe in un dissidio fra Stati. Insomma, la classe dirigente pretenderebbe di sacrificare le classi subalterne in ordine all’ottenimento del proprio interesse, nascondendo quelli che, con Preve, definiamo gli arcana imperii, cioè le decisioni strategiche ed i loro reali moventi.

Improvvisamente si prende congedo dai valori globalisti e “pacifisti” che erano utili fino a che si voleva contare su un liberismo sfrenato, e si pretende di tornare a quelle che sembrano vere e proprie forme di nazionalismo, nonché di protezionismo economico. Di contro, gli Stati assumono sempre più una funzione esclusivamente amministrativa, mentre l’esercizio del potere si innalza ad organismi sovrannazionali ed è intimamente condizionato dal fattore economico-finanziario. E questo dato strutturale non può non riflettersi nel sentire comune. Insomma, sempre più l’appartenenza ad uno stato non è che una contingenza, e la partecipazione all’attività politica assume un interesse sempre inferiore per i cittadini; questo, a maggior ragione per il fatto che l’opinione pubblica ha un’incidenza sempre inferiore nei processi decisionali. Per questo, attualmente l’ideale vetusto del dare la vita per la propria nazione è (fortunatamente) improponibile in Europa, e l’impegno del proprio paese in un conflitto bellico non può essere vissuto propositivamente. Anche nella stessa Ucraina, dove comunque la tensione nazionalista è sicuramente più accentuata che in Europa, il morale delle truppe è assai scoraggiato, e moltissimi sono coloro che sono fuggiti per evitare di essere impiegati al fronte; intanto, la difesa di un territorio e di uno scheletro amministrativo è costata la morte di 10 mila civili, fino ad ora, e di almeno 200.000 soldati. 

Ora, è fondamentale che si distinguano due livelli di ricostruzione dei conflitti attuali: da una parte li interpretiamo come guerre fra Stati, giornalisticamente, dall’altra, con Lenin, come inevitabili guerre imperialiste.

Assumiamo la prima prospettiva, quella per cui il continente europeo sarebbe in tensione contro la Russia. Se, come sostiene anche Papa Francesco, dobbiamo lavorare per la fine del conflitto, pretendere che sia la Russia a cessare il fuoco e a rinunciare a posizioni favorevoli in un eventuale negoziato è assolutamente isterico e irragionevole; e questo non perché la Russia “abbia ragione” nel conflitto, ma perché l’Europa si è impegnata nel sostegno all’Ucraina decidendo di giocare proprio quella pedina nello scacchiere, ed è ridicolo che pretenda di ottenere la realizzazione dei propri programmi imponendo all’avversario di fare ciò che dice. In tal caso, non staremmo intavolando una trattativa di pace, ma utilizzando la pace come grimaldello per attualizzare i nostri fini strategici. Dobbiamo inoltre considerare che, per la Russia, quella contro l’Ucraina è una guerra esistenziale, come diceva Sergej Karaganov [4], ed il popolo russo ha dimostrato forte coesione con le ultime elezioni attorno al proprio presidente; per questo è affatto inverosimile che si riesca a piegare la Russia ad una pace forzata con il solo fine di non esasperare le condizioni date, come pretendono certi leader ed opinionisti europei (i quali vogliono sia evitare un’escalation sia vincere la guerra). Questo perché in un conflitto esistenziale si è disposti ad accettare anche l’aggravamento degli scenari.

Da un punto di vista culturale, almeno in Italia, si apre un varco per la possibile diffusione di un pensiero socialista ed internazionalista. Questa situazione storica deve infatti mostrarci come a qualsiasi conflitto bellico fra Stati si debba opporre ostruzionismo e lo si debba condannare; oramai, è estremamente anacronistico pensare di suddividere il mondo in nazioni avversarie, e gli ideali imperialisti, fondati su una sorta di darwinismo strategico, riscuotono da decenni l’insofferenza dei più, tanto che si deve ricorrere a guerre per procura per poter perpetuare i conflitti, o si devono raccontare le operazioni belliche come operazioni umanitarie. 

Si dovrà ora cominciare a riconoscere il fatto che i conflitti provocati in senso orizzontale, fra popoli e Stati, devono invertire la propria direzione in senso verticale, portando i popoli alla coesione nella comune lotta di classe. Per questo, la generale diffidenza che molti Italiani nutrono nei confronti della Nato non deve lasciare spazio ad un altrettanto scongiurabile sostegno a Putin. In ballo nel conflitto russo-ucraino non ci sono affatto gli interessi dei rispettivi popoli implicati, sebbene siano proprio essi a doverci rimettere con la vita, ma quello delle loro classi dirigenti, nei termini di una lotta fra imperi, e questa valutazione è verificata per entrambe le fazioni in guerra. 

In questo quadro storico, l’ideale socialista deve trovare il modo di proporsi come la reale alternativa alle altre velleità riformistiche - che vogliono “cambiare tutto per non cambiare nulla” - e gli scenari sempre più critici in ogni ambito umano lo rendono evidente. La guerra fra la Russia e l’Occidente (alla quale la Nato sta vigliaccamente prendendo parte in maniera indiretta) non è che l’apice degli smottamenti che ci presenta lo scenario globale attualmente, dove la sperequazione economica fra i popoli e l’infima percentuale di ricchi si divarica sempre più, dove i metodi di produzione intensivi di tipo capitalistico stanno provocando la degradazione dell’ambiente, dove parte della popolazione mondiale non ha accesso nemmeno ai beni primari. Non ha torto chi sostiene che il sistema capitalistico è estremamente funzionante: coerentemente con le analisi di Marx e Lenin, il capitalismo ha ottimamente realizzato l’accentramento di potere e ricchezza in poli sempre più concentrati e meno numerosi, mentre il resto degli uomini svolge la sola funzione di intensificare questo accentramento. 

Il contenimento dei conflitti che attualmente insanguinano lo scacchiere globale non dovrà rappresentare una strategia per permettere ad un polo imperialista di estendere il proprio controllo sottraendosi alla guerra. Si dovrà però verificare una radicale riconversione in senso verticale del conflitto. Si apre forse un periodo storico in cui le classi subalterne acquisiranno coscienza dell’ordigno al quale sono assoggettate.

 

Note:

[1] Alessandro Cipolla, Quanto costa all'Italia la guerra in Ucraina: i numeri di Meloni non riportano?, Money.it, 7 marzo 2024,  riportato da: Quanto costa all'Italia la guerra in Ucraina: i numeri di Meloni non riportano? (money.it)

[2] Duccio Facchini, L’Italia continua a esportare armi a Israele. Il caso delle forniture per i caccia, Altraeconomia, 13 marzo 2024, riportato da: L'Italia continua a esportare armi a Israele. Il caso delle forniture per i caccia (altreconomia.it)

[3] In relazione, per esempio, alla decisione dell’Ateneo di Torino a non collaborare con Israele nel 2024. Meloni interpreta questo provvedimento come prova del progressivo isolamento di Israele. 

[4] Dichiarazioni del 2022, dell’ex consigliere di Putin e Capo del Foreign and Defense Policy di Mosca.



22/03/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Agnese Tonetto

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: