Continua dalla terza parte.
2.4. La circostanza radicalizzante: Il nazionalismo ucraino dal governo alla piazza
Il giorno in cui Yanukovych inavvertitamente diede il via al processo che causerà la fine del suo governo è stato fin qui più volte sottolineato. Il motivo è di natura storica ed attiene all’alto valore simbolico di quella data. Il 21 novembre 2013, infatti, cadeva la vigilia del nono anniversario della Rivoluzione Arancione. Quasi per ironia della sorte, le piazze di allora e quelle del 2014 avranno lo stesso bersaglio. Nel 2004, infatti, le proteste furono animate dai brogli elettorali durante le elezioni presidenziali di quell’anno che videro implicati il Presidente Leonid Kuchma, il Primo Ministro in carica Yanukovych a l’ex capo del governo Viktor Andriyovych Yushchenko.
Nel 2004 le presidenziali ucraine si svolsero su ben tre turni elettorali. Al primo turno (31 ottobre), infatti, Yushchenko ottenne il 39,87% dei voti, appena poco più del 39,32% di Yanukovych. Siccome nessun candidato ottenne la maggioranza assoluta dei voti il 21 novembre si tenne un ballottaggio. Gli exit poll davano a Yushchenko un margine di vittoria dell'11%; tuttavia il risultato ufficiale riconosceva a Yanukovych un vantaggio del 3%. Gli osservatori segnalarono numerose irregolarità ed abusi in tutto il paese: dal voto multiplo organizzato all’inserimento di schede extra nelle urne dopo la chiusura dei sondaggi. Le accuse di frode elettorale spinsero Yushchenko a non riconoscere l’esito del ballottaggio. A seguito di tredici giorni di proteste popolari (noti come “Rivoluzione Arancione”) la Corte Suprema annullò il ballottaggio e fissò un nuovo voto per il 26 dicembre. Yushchenko vinse il nuovo voto raccogliendo soltanto il 2% di preferenze in più dell’avversario, concentrate prevalentemente nelle aree occidentali e centrali del paese. Alcuni assegnano un ruolo precipuo nel suo successo all’aver subito, nel pieno della campagna elettorale, un tentativo di avvelenamento da diossine.
Molti analisti definiscono Yushchenko il «primo Presidente filo-occidentale dell’Ucraina» le politiche avviate durante la sua presidenza (2005-2010) “nazionaliste”, individuando gli scopi della sua attività nella “ucrainizzazione” della nazione. Come già accaduto negli anni ’20 e ’30 del Novecento il «consolidamento etnico» dell’Ucraina è sempre andato a detrimento dell’uso lingua e della diffusione della cultura russe. L’amministrazione Yushchenko-Timoshenko promosse un assurdo story telling che ritraeva gli etno-nazionalisti di estrema destra come eroi senza macchia e martiri innocenti. Tra il 2005 ed il 2010 lo stereotipo che riconosceva solo ai nazionalisti ucraini il titolo di “veri” Ucraini fu, insomma, instillato e sostenuto dal Governo. Il discorso politico dominante, infatti, equiparava la minoranza di nazionalisti fanatici con la Nazione lato sensu. Yushchenko, insomma, accettò l’allucinante versione della storia offerta dai nazionalisti senza nemmeno sforzarsi di criticarla. Glorificando gli assassini di massa che hanno insanguinato il passato del paese come padri della patria egli vanificò la vocazione “occidentale” delle sue politiche. Inoltre, l’ucrainizzazione aggravò la “frattura” in cui Yanukovych inciamperà nove anni dopo.
Il mandato presidenziale di Yushchenko terminò in un fiasco talmente clamoroso da condannare la stessa ideologia nazionalista all’impopolarità — anche se oggi si direbbe temporaneamente. Alle elezioni presidenziali del 2010 Yanukovych si prese una piccola rivincita sulla Timoshenko, a lungo Primo Ministro di Yushchenko. Dopo sei anni, Yanukovych era ancora molto popolare tra gli elettori tendenzialmente russofili dell’Ucraina dell’Est. Il suo programma prevedeva il ripristino dei diritti dei parlanti russo eliminati negli anni precedenti. Sotto la Presidenza di Yanukovych il Governo perseguì politiche che molti ucraini consideravano anti-nazionaliste. Gli elettori dell’Ucraina occidentale e centrale insoddisfatti dell’opposizione nazionalista moderata si rivolsero, quindi, all’estrema destra.
Un partito chiaramente fascista, Svoboda [lett. Libertà], si vide accordati voti sufficienti da poter rivendicare la vittoria nelle elezioni parlamentari del 2012 passando dal 0,76% del 2007 al 10,5%. Come idealtipo si tratta di maschi in età militare che si prefiggono di liberare l'Ucraina dall'influenza (e oggi dalla presenza) degli elementi allineati a Mosca. Tra gli elettori che sono confluiti dalla destra moderata a Svoboda e formazioni affini si possono distinguere due gruppi. Per la maggior parte si tratta di liberali di destra oppure moderati che si auto-definiscono “patrioti”. La minoranza rumorosa, invece, è costituita da veri e propri estremisti neo-nazisti e suprematisti slavi che sostengono che l'antica Ucraina sia “la culla degli Ariani”. Il tratto unificante che definisce il ‘nazionalista rivoluzionario’ è il desiderio di rovesciare (proceduralmente o, per gli estremisti, con la forza) qualsiasi governo il cui indirizzo collida con gli interessi della “pura” nazione ucraina. Da Euromaidan il campo degli attivisti s’è ampliato ma ha perso di varietà a causa dell’estremizzazione delle posizioni della destra. Oggigiorno, infatti, la maggior parte dei membri attivi di Svoboda e formazioni analoghe ha acquisto esperienza di combattimento nel conflitto nelle provincie orientali.
I “nazionalisti rivoluzionari”, di per sé, non sono rappresentativi della popolazione ucraina; eppure, sono sovra-rappresentati negli apparati. Per intendersi, Andriy Parubiy – comandante paramilitare della Rivoluzione Arancione e di Euromaidan e presidente del parlamento – è l'espressione della normalizzazione dell'estrema destra nell'Ucraina post-sovietica. Oltre all’attuale Presidente del Parlamento la definizione suesposta si adatta a circa il 10% dei 423 membri dell’alto consesso: 20 parlamentari eletti in liste di partiti non affiliati all'estrema destra (e.g., Patria di Yulya Timoshenko e gli indipendenti) e 21 eletti direttamente nelle liste del Partito Radicale di Oleh Lyashko.
Ancor più numerosi sono i nazionalisti che occupano posizioni non elettive negli apparati statali. Ciò significa che gli Ucraini non possono sbarazzarsi della gran parte degli estremisti con un mezzo democratico come il voto. Si tratta di funzionari come il viceministro degli Interni; un presentatore della TV di Stato; diversi capi regionali della polizia e centinaia di altri burocrati. Essi distolgono il potere derivante dalle proprie funzioni per sovvenzionare programmi di educazione patriottica sponsorizzati da partiti di estrema destra, la annessione della Crimea ed i fucili d’assalto utilizzati nei «vyshkoly» (campi di addestramento militare descritti in diversi reportage come Patel 2018).
La domanda sorge spontanea: Com’è possibile che questi gruppi, nonostante la maggioranza degli Ucraini abbia idee assolutamente diverse, sono in grado di modificare le politiche dello Stato ucraino? Per trovare una soluzione bisogna capire l’atteggiamento prevalente degli Ucraini nei confronti delle proprie istituzioni. L'Ucraina è un paese multietnico con elettori moderati e tolleranti che ripongono molta fiducia nella minoranza attiva a cui i media liberaldemocratici e i gruppi della società civile fanno riferimento come “attivisti” o “volontari”. Questo atteggiamento deriva dall’introiezione di modelli di comportamento caratteristici dell’occidente, quali la smobilitazione delle lotte dei lavoratori, la marginalizzazione dei loro interessi nel discorso politico ed il crescente individualismo, tutte conseguenze della sconfitta degli ideali e delle pratiche socialisti.
Tra questi “attivisti” va annoverato Serhiy Sternenko, ex leader del gruppo paramilitare Settore Destro, implicato nella morte di 40 filo-russi ad Odessa nel 2014 (la strage del Palazzo dei sindacati dato alle fiamme dagli estremisti di estrema destra). In Ucraina si registra, insomma, la dipendenza della proverbiale “maggioranza silenziosa” dall’attivismo politico di una minoranza composta in gran parte da estremisti. Questa situazione permette a politiche marginali avanzate da funzionari magari anche isolati ma comunque potenti, di avere un impatto significativo. Il leader di estrema destra Biletskiy ha persino minacciato, dall’aula del parlamento, di rovesciare di nuovo il governo nel 2017: «abbiamo il coraggio, la forza e la determinazione di auto-sciogliere questa Verkhovna Rada [...] Per assicurarci che il nuovo governo non venga rubato agli Ucraini» (Biletskiy citato in Kizilov 2017).
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