Svoltasi il giorno successivo alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente degli USA, la manifestazione ha fatto scendere in piazza milioni di donne e di lavoratori, in oltre 600 città negli Stati Uniti e in tante altre città in tutto il mondo. La partecipazione, nella sola Washington, ha ridicolizzato, con i suoi numeri, la ben più modesta folla accorsa a celebrare il giuramento di Trump.
WASHINGTON – Le strade di tutte le principali città americane, sabato 21 gennaio si sono riempite di centinaia di migliaia di manifestanti che hanno così pubblicamente espresso il proprio rifiuto nei confronti del messaggio oscurantista, carico di odio e di divisione, che Donald J. Trump ha lanciato il giorno precedente in occasione della cerimonia di giuramento come 45° presidente degli Stati Uniti.
Nella capitale, Washington, la folla – la polizia ha riferito ai giornalisti di circa 750.000 partecipanti – è stata la più numerosa mai registrata nel corso degli ultimi decenni. Altre centinaia di migliaia hanno affollato le principali strade di New York, Atlanta, Boston, Chicago, Los Angeles, Denver, St. Paul e di altre 600 città e centri urbani da una parte all’altra del paese.
Oltre Atlantico folle numerose hanno dimostrato contro l’agenda di Trump nelle principali capitali europee, incluse Londra e Berlino.
Questa storica sollevazione popolare, a livello sia nazionale che mondiale, ha fatto impallidire le celebrazioni del giorno precedente per l’inaugurazione della presidenza Trump. Il tentativo di Trump di distogliere l’attenzione dalle proteste contro la sua agenda, programmando un evento al quartiere generale della CIA, ha fallito il suo scopo. La riunione da lui tenuta ha avuto un impatto marginale rispetto alla copertura mediatica ottenuta dalle manifestazioni di protesta.
I reporter di People’s World provenienti da Chicago non sono riusciti a muoversi nelle strade completamente intasate di Washington, dove la folla era talmente numerosa che centinaia di migliaia di manifestanti non hanno potuto raggiungere il percorso originariamente previsto.
“Ho lavorato molti anni per Trump ad Atlantic City” ha dichiarato un manifestante venuto dal New Jersey “la discriminazione contro le donne e le altre cose che sono state dette su Trump sono vere – gli abusi sessuali e tutto il resto - ecco perche sono qui oggi!”
Una donna proveniente da Lansing, Michigan racconta di far parte di un gruppo di 8 donne che si sono unite per dare vita ad un sito web anti-Trump, www.indivisible.com: “in pochi giorni il nostro gruppo è cresciuto fino a oltre 100 partecipanti”, dice la donna.
Un’altra donna, originaria della parte settentrionale dello Stato di New York, ha dichiarato: “Molti dei miei vicini che hanno votato Trump si sono già pentiti di averlo fatto”.
Gli agenti della polizia e della guardia nazionale, di fronte ad una folla così imponente e pacifica, hanno spesso salutato con simpatia i manifestanti, in qualche caso anche esprimendo loro segni di incoraggiamento.
"Abbiamo musulmani, ebrei, cristiani, donne, uomini, neri, bianchi riuniti qui oggi per marciare tutti insieme", ha detto Randi Weingarten, presidente della Federazione Americana degli Insegnanti. "e sono di gran lunga prevalenti per passione e numeri sull'odio e la divisione che abbiamo sentito qui nella giornata di ieri", ha proseguito, riferendosi al discorso inaugurale di Trump.
Migliaia di sindacalisti, attivisti dei movimenti per i diritti dei lavoratori, per i diritti di LGBT, per i diritti degli immigrati, per la libertà dalla brutalità della polizia contro gli afro-americani, veterani che hanno protestato contro le guerre e musulmani americani che protestano contro la discriminazione: tutti uniti per invadere la capitale della nazione e fare impallidire i 100.000 richiamati da Trump il giorno prima.
Supportare le battaglie, i gruppi e gli individui che Trump ha diffamato e disprezzato è stato il principale movente di molti dei manifestanti. Ma le diverse migliaia di sindacalisti presenti alla marcia di Washington, guidati da Liz Shuler, Segretaria della federazione sindacale AFL-CIO, hanno enfatizzato anche un’approccio più positivo.
Questo atteggiamento presenta un vantaggio. "Questa manifestazione è così incoraggiante, soprattutto dopo la giornata ieri (inaugurazione della presidenza Trump, ndr)" ha detto la Shuler rivolgendosi ai lavoratori in occasione del loro raduno precedente la marcia, in un parco di Washington.
"Non siamo qui soltanto per una marcia ma per costruire un movimento", la Shuler ha detto rivolgendosi alla folla con un megafono. “È un movimento per il congedo familiare retribuito. È un movimento per la parità dei diritti. E' un movimento per i diritti dei lavoratori. È un movimento per i diritti degli immigrati. Stiamo andando a marciare insieme e stare insieme nella solidarietà, per assicurarci che le nostre voci siano ascoltate", ha dichiarato.
Messaggi ancora più decisi sono venuti fuori dai singoli manifestanti e da adesivi e cartelli da loro esposti. Un cartello ed un adesivo recitavano: "colpiremo se saremo provocati'con la parola " strike (colpire, ma significa anche scioperare ndr)" in bianco all'interno di un riquadro rosso, e seguito da: "il sindacato ci rende forti". Nella parte posteriore dello stesso cartello si leggeva: "donne del sindacato forti e pronte a lottare".
La marcia di Washington ha coinvolto, tra gli altri, sindacaliste della coalizione delle donne lavoratrici del sindacato, insegnanti, metalmeccanici, quadri e impiegati del settore pubblico e privato, minatori, lavoratori del comparto alimentare e del commercio, elettronici, lavoratori tecnici e professionali, lavoratori di “Pride at Work” (orgoglio sul luogo di lavoro, ndr) e lavoratori autonomi.
Le manifestazioni ed i cortei nelle altre città, tra cui New York, Londra e Berlino, hanno ugualmente coinvolto centinaia di migliaia di partecipanti.
Ecco qui a seguire una sintesi dei reportage sui cortei svoltisi nelle altre principali città americane, da parte dei corrispondenti locali di People’s World:
Los Angeles - Arturo Cambron
Oltre 100,000 persone sono scese in strada a Los Angeles: “siamo contro l’odio e la divisione” - hanno dichiarato rappresentanti della Federazione del Lavoro della Contea di Los Angeles - “vogliamo essere rispettati e meritiamo un sistema economico che porti benefici a tutti, un sistema politico che sia trasparente e realmente rappresentativo, un sistema energetico sostenibile nel lungo periodo, media affidabili che forniscano un informazione onesta e reale e che rendano giustizia alle comunità oppresse, e una società unita”.
Chicago - Roberta Wood
Al Grant Park di Chicago si sono radunati oltre 250,000 manifestanti, una folla così grande che gli organizzatori hanno dovuto modificare il percorso del corteo, cosa che non ha impedito ai manifestanti di seguire il percorso originariamente previsto. Sono stati predisposte corse straordinarie e potenziati i treni della metropolitana, e alcune stazioni periferiche nei parcheggi di scambio sono state letteralmente invase dalla folla.
I lavoratori di Home Depot workers nei due centri principali del Minnesota, non hanno soltanto sfilato in corteo ma hanno anche scioperato, rivendicando il loro come il primo sciopero collettivo dell’amministrazione Trump. I motivi dello sciopero sono la lotta contro i bassi salari e la mancanza di rispetto per i lavoratori ispanici.
“Non è questo il momento di avere paura e starsene a casa” ha dichiarato Veronica Mendez Moore, co-direttrice del CTUL, Centro dei lavoratori uniti in lotta.
San Francisco - Michelle Kern
La protesta per i diritti delle donne e dei lavoratori a San Francisco ha preso di mira in particolare il nuovo Segretario del Lavoro nominato da Trump, il re dei fast-food Andrew Puzder, e le sue politiche ed azioni. Le due catene di sua proprietà, Hardee’s e Carl’s Jr., sono ben note per i bassi salari, le violazioni alla sicurezza sul lavoro e le molestie sessuali. La protesta di San Francisco ha preso il via proprio da uno dei ristoranti della catena Carl’s Jr., dirigendosi poi verso il centro città.
“Il proprietario di questa attività è stato nominato Segretario del Lavoro. Lui odia il salario minimo, il sindacato e il fatto stesso che i lavoratori possano avere dei diritti” ha detto ai giornalisti presenti Tim Paulson, direttore esecutivo del Consiglio del Lavoro di San Francisco. “Noi lotteremo per i diritti civili, per i diritti delle donne e per i diritti alla rappresentanza dei lavoratori nei posti di lavoro” ha aggiunto.
Ecco infine altre testimonianze raccolte tra i partecipanti alla marcia di Washington:
“Trump intende attaccare il sistema di rappresentanza sindacale, noi ci opporremo con forza a questo tentativo nel corso dei prossimi quattro anni” dice Barbara Churchill, tesoriera di una sezione locale del sindacato dei lavoratori del teatro e dello spettacolo.
“Sono così eccitato di essere qui oggi, insieme alle mie sorelle ed ai miei fratelli, dimostrando per la giustizia, non la giustizia per le donne ma la giustizia per tutti gli esseri umani” dice Joan Hill, un lavoratore metalmeccanico di Pittsburgh.
“Tutto ciò che sostiene (Trump, ndr) ci riporta indietro di oltre 100 anni. È ridicolo” commenta Yvonne Rojo, lavoratrice della City of Commerce di Los Angeles e membro del locale sindacato di categoria. E aggiunge: “facciamogli vedere i numeri del popolo”, “credo che parlino da soli, quanta gente non ha votato per lui”.
“Vogliamo uguaglianza per tutti. Non c’è progresso e l’America non è forte se la metà di noi rimane indietro” dice Maryse Crevecoeur, della federazione di New York del sindacato degli insegnanti e insegnante in una scuola pubblica di Brooklyn. Lei e i suoi compagni del sindacato sono venuti con un servizio di autobus organizzato dalla federazione. E tutti insieme intonano l’inno dei lavoratori, Solidarity Forever (Solidarietà per Sempre), durante la marcia.
Nancy Nickel, insegnante di scuola media e iscritta al sindacato insegnanti di Washington, aggiunge che le politiche del Partito Repubblicano “colpiranno soprattutto i più piccoli nelle scuole pubbliche”.
Un altro manifestante, amministratore di un istituti speciale di educazione a Pittsburgh, porta un cartello con la scritta: “Ho un I.D.E.A.: No a DeVos” riferendosi alla legge denominata “Individuals with Disabilities Education Act” (legge sull’educazione per gli individui con disabilita’) ed alla nominata di Trump per la poltrona di Segretario del Dipartimento all’Educazione, la milionaria del Michigan – nonché acerrima nemica della scuola pubblica – Betsy DeVos.
“Non sono iscritto al sindacato” dice l’amministratore, che non rivela il suo nome, e spiega: “ma lo sostengo al 100%, perchè senza sindacato io non avrei insegnanti”.
“I miei studenti comprendono bene quello che hanno fatto i sindacati. Essi sono la ragione per cui non abbiamo un altro incendio come quello di Triangle Shirtwaist” dice un’insegnante di storia della scuola superiore, Anna Koloseike di Asheville, North Carolina, che definisce “una macchia blu (democratica, ndr) in uno stato rosso (repubblicano, ndr)”. L’incendio uccise 146 giovani lavoratrici del distretto tessile di New York nel 1911, e portò all’adozione di normative per la sicurezza anti-incendio e altre riforme.
“Sono sceso in piazza per dimostrare solidarieta’ alle mie sorelle e ai miei fratelli in tutti gli Stati Uniti” dice Sandra Banman, insegnante di scuola media di Toronto e parte di un gruppo di manifestanti giunti in autobus che hanno deviato dal corteo per un picchetto di fronte all’Ambasciata del Canada. “Il fatto che l’educazione viene adesso etichettata come elitaria è folle” - aggiunge - “oggi è una giornata liberatoria, ci costringe ad essere più democratici”.
I tanti cartelli, scritti a mano e fatti in casa, illustrano bene i messaggi più significativi lanciati dalla manifestazione: sostegno ai sindacati e contro le politiche repubblicane di attacco ai lavoratori, alle donne e agli immigrati.
“L’educazione pubblica è un diritto umano” recita un cartello tenuto da un iscritto al sindacato degli insegnanti, UFT.
“Sono la ‘U’ (tu) e la ‘I’ (io) di ‘Union’ che ci rendono forti” lo striscione del sindacato dei carpentieri di Washington. “Uniti vinciamo, divisi cadiamo” aggiunge il leader del gruppo. “L’eguaglianza non fa male a nessuno” recita un cartello di un lavoratore metalmeccanico.
“Trump: razzista, sessista, elitista, omofobo, xenofobo” recita un cartello scritto a mano da Dori Strickland, professionsta della comunicazione, attualmente disoccupata, proveniente dalla periferia Nord di Chicago. “Vorrei un tabellone non un cartello” – dice - “Ci sono troppi problemi con Trump”.
Molti manifestanti hanno chiarito di non aver marciato per se stessi, ma per il futuro. Dozzine di bambini in carrozzella erano presenti. Due student quindicenni della scuola superior, di Towson, Maryland, reggevano un cartello con su scritto: “Attento! La prossima volta votiamo noi!”. “Caro Mondo: non siamo tutti idioti”.
A questo articolo ha contribuito anche John Wojcik.
pubblicato su People’s World il 21 gennaio 2017.
Traduzione in italiano di Zosimo