Nel corso di una sua recente lunga intervista alla CNN, il senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, aveva espresso la sua forte preoccupazione per il futuro delle relazioni internazionali. I conflitti attualmente in corso in varie parti del pianeta – second McCain, mettono a rischio la sicurezza degli USA. “Che cosa sta accadendo qui, quando assistiamo all’abbordaggio di navi statunitensi, ai cyber-attacchi, allo smembramento della Siria, ai tragici fatti che lì si stanno verificando, che ci lasciano con il fiato sospeso, mentre stiamo seduti e osserviamo quello che accade? Tutti questi sono sintomi di una crisi dell’ordine mondiale che era stato definito al termine della Seconda Guerra Mondiale, e che aveva dato vita ad uno dei più lunghi periodi di pace nella storia....ne stiamo cominciando a vedere le incrinature che possono portare al suo disfacimento...”.
Le dichiarazioni del Presidente Trump sul ruolo della NATO, così come le sue turbolente conversazioni telefoniche con i leader di Australia e Messico, considerati due tra i più fedeli alleati degli Stati Uniti, rafforzano questa tesi. La realtà è che, tuttavia, ben prima che Trump venisse fuori sulla scena politica, il mondo stava già attraversando profondi cambiamenti che solo adesso il Senatore McCain e altri cominciano a percepire.
Si potrebbe dire che è una questione di tempo. Per oltre settant’anni, il mondo ha vissuto un periodo storico caratterizzato dal dominio di un paese –gli Stati Uniti – che ha utilizzato ogni mezzo disponibile per realizzare gli obiettivi del sistema capitalista e per mantenere la sua posizione di potenza dominante. I metodi utilizzati e le motivazioni addotte per garantirsi il consenso popolare verso lo stato di cose esistente sono diventati, nel corso dei decenni, talmente radicati nella coscienza collettiva della società americana che sono ormai in pochi a rifletterci sopra, figuriamoci a fare qualcosa per cambiarlo.
I tratti fondamentali dell’ordine internazionale del dopoguerra comprendevano: 1) un’economia fortemente militarizzata sostenuta dalla creazione di un nemico che doveva essere sconfitto a tutti i costi; 2) lo sviluppo dello stato di sicurezza nazionale; e 3) la crescita dentro il paese di una serie di meccanismi sociali per sostenere l’accettazione dell’egemonia mondiale degli USA, e, allo stesso tempo, l’eliminazione di ogni organizzazione o istituzione che la sfidasse apertamente.
Questi sviluppi non si sono verificati dal nulla. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, un conflitto costato oltre 50 milioni di vite umane, i popoli della terra volevano una pace stabile, solida e duratura. Molti speravano che le potenze vittoriose, guidate dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, potessero assicurare che ciò si realizzasse.
Ma le forze interne alla classe dei capitalisti decisero diversamente. Nel timore che l’economia potesse rientrare in un periodo di depressione e operando sempre per assicurarsi un incremento dei loro profitti, essi hanno creato ciò che oggi denominiamo il “complesso militar-industriale”. Un settore che ha dato vita ad un sistema economico capace di generare milioni di posti di lavoro per la produzione di beni che nessun altro, se non le forze armate degli Stati Uniti, potesse utilizzare, ma retribuiti con buoni salari. Il paese prosperava.
Al fine di giustificare lo sviluppo di una così massiccia presenza militare nella nostra società, il governo aveva bisogno di un nemico verso il quale brandire la minaccia dell’uso delle armi che venivano prodotte. Questo compito risultò abbastanza semplice da realizzare. Ad appena un anno dalla cessazione delle ostilità, nel 1945 gli Stati Uniti avevano già il loro obiettivo: il “Comunismo”, nelle vesti dell’Unione Sovietica. Per il quasi mezzo secolo che ne seguì, il popolo americano è stato educato a credere nella “minaccia comunista”, resa reale attraverso quello che venne definito il “complotto comunista mondiale”.
Il risultato di questa ideologia era chiaro. Lungi dal creare quello che il Senatore McCain ha definito “uno dei periodi più pacifici della storia mondiale”, gli ultimi settant’anni hanno visto la crescita esponenziale della spesa militare (dai 3 miliardi di dollari precedenti la Seconda Guerra Mondiale agli oltre 600 miliardi di dollari odierni); l’espansione della potenza militare degli Stati Uniti fino a raggiungere oltre 1000 basi militari localizzate in tutto il mondo; la costituzione di una serie di alleanze militari regionali, di cui la più nota è la NATO; e l’intervento armato degli Stati Uniti in dozzine di paesi, tra cui, casi più noti, la Corea, il Vietnam, l’Iraq e l’Afghanistan. Il ruolo delle forze armate è divenuto onnipresente nella nostra società al punto che chiunque osi criticare anche un solo aspetto di questa presenza viene raffigurato come “anti-americano” e “anti-patriottico.”
L’impatto che tutto questo ha avuto nella società americana è incalcolabile. Negli anni ’40 e ’50 personalità molto potenti all’interno del governo – il Senatore Joseph McCarthy è il caso più noto – lanciarono una crociata anti-comunista che ha rovinato l’esistenza di un numero indefinito di persone. Gruppi diversi dai movimenti per i diritti civili ai sindacati furono costretti a capitolare di fronte alla mitologia della Guerra Fredda. Ne risentiamo gli effetti anche a distanza di oltre sessant’anni.
Nel 1947 gli Stati Uniti costituirono la Central Intelligence Agency (CIA), il lato più visibile di quello che è conosciuto come “stato di sicurezza nazionale”, ed hanno sviluppato molti e sofisticati metodi per smantellare ogni opposizione alle politiche statunitensi in molti paesi esteri. Nel corso del tempo il numero delle agenzie USA di intelligence è proliferato fino a raggiungere il numero di diciassette. Tra queste, la National Security Agency (NSA), che ha messo a punto programmi di spionaggio elettronico di massa che hanno compromesso la privacy di milioni di cittadini statunitensi.
Anche dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica e il rovesciamento dell’ordine socialista nell’Europa dell’Est, la fine della Guerra Fredda non ha modificato in misura apprezzabile la politica estera USA. Gli ultimi venticinque anni hanno visto la continuazione di una massiccia spesa militare, l’intervento in una serie di paesi, nel quadro della cosiddetta “Guerra al Terrore”, e l’intensificazione di una legislazione repressiva concepita per limitare il dissenso.
Mentre il benessere dell’1% più ricco della popolazione si è enormemente accresciuto negli ultimi anni, le condizioni di vita di milioni di lavoratori americani sono peggiorate. I salari sono rimasti stagnanti, l’indebitamento privato (incluso quello studentesco) è cresciuto in maniera esponenziale, milioni di persone sono rimaste senza casa e la disoccupazione continua ad essere un problema sociale molto significativo.
Nel corso di questi settant’anni, incalcolabili milioni di miliardi di dollari sono stati investiti in spese militari e nella conduzione di numerose guerre. Come conseguenza il denaro speso dal Pentagono non ha portato alcun miglioramento nella vita dei comuni cittadini americani, né è stato utilizzato per la manutenzione di un sistema infrastrutturale sempre più deteriorato. .
È giunto il tempo per iniziare a costruire un sistema più giusto di relazioni internazionali. Il vecchio ordine appartiene ormai al passato.
È necessario riconoscere che l’ascesa della Cina, la crescita economica dei paesi in via di sviluppo, le urla del popolo palestinese per i propri diritti umani, il movimento di un gran numero di nazioni latino-americane verso un’agenda socialista sono delle realtà che non scompariranno.
Il giorno in cui gli Stati Uniti abbandoneranno la visione in cui continuano a credere oggi, cioè di essere la prima tra le nazioni, per adottare quella di essere soltanto una tra le nazioni, sarà un grande giorno.
Traduzione in italiano di Zosimo
pubblicato su People’s World il 3 febbraio 2017.
http://www.peoplesworld.org/article/u-s-dominated-unipolar-system-is-unraveling/