Cosa rimane nei Paesi del Sud America delle eccellenze democratiche che li hanno fatto crescere.
di Marcos Del Roio*
traduzione a cura di Francesco Paolo Caputo
Ridicoli e ridicolizzati, gli araldi di un nuovo ordine liberal fascista, sono stati utilizzati molto bene dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. La diffusione di una serie di organizzazioni di studi politici con pregiudizio ideologico chiaramente indirizzato alla destra estrema dell'arco politico, è stato in grado di attrarre molti giovani della piccola borghesia benestante, infelici dei risultati della "democrazia liberale". In realtà il disagio era, ed è tutt’ora, contro l'esistenza di spazi di democrazia che consentono una maggiore visibilità delle classi subalterne, con le cosiddette azioni affermative, o meglio, le politiche del governo compensative tradotte principalmente in borse e quote azionarie di tutti i tipi.
Queste politiche applicate dai governi PT-PMDB causarono - non così sorprendente – l’accentuazione dei pregiudizi focalizzati contro il povero e il nero, contro i marxisti e i socialisti di ogni genere. Quello che deve essere valorizzato è la gerarchia sociale "naturale", la libertà dei singoli proprietari. Dallo stato ci si aspetta la difesa dei proprietari d'azienda, i bianchi, i maschi. Per questo ci vuole una polizia convinta della necessità di mettere le classi subalterne nel loro giusto posto, difendendo sempre i vari monopoli, dalla terra ai mass-media. In questa prospettiva la Legge e il Diritto sono di poca importanza. A meno che, naturalmente, non si giudichi in termini di "diritto naturale" delle oligarchie.
Le oligarchie in Brasile sono sempre state liberali, intendendo questa ideologia come sostenitrice della libertà individuale e legittimatoria della proprietà privata. Anche se nasce come ideologia costitutiva delle rivoluzioni borghesi e dall'egemonia borghese, ha servito molto bene come alloggio per lo schiavismo e per il tardo feudalesimo. Le classi dominanti hanno potuto contare sulla propria forza repressiva, o sulla forza repressiva dello Stato, per garantire la loro libertà a discapito di schiavi e servi. Quando si sentivano minacciati, fosse per l'effervescenza dei dominati o anche per pressioni esterne, o anche da un conflitto tra le sue frazioni, la via d’uscita trovata è stata sempre il rafforzamento dello Stato.
Ci sono stati momenti in cui la situazione internazionale e l’effervescenza delle classi subalterne costrinsero l’assimilazione di un istituzionalismo detto stato di diritto democratico, il quale non è mai stato in grado di imporsi, restando una caricatura, un trucco, che ai poveri e ai neri, ai proletari disgiunti e senza diritti, ai carcerati, non significò quasi nulla. Il potere politico è rimasto sempre lo stesso, anche se sempre attualizzato. La violenza di classe è sempre proseguita.
La crisi strutturale, manifestata a partire dagli anni '70 del secolo scorso, scatenò una pesante offensiva del capitale, nel tentativo di salvare i tassi di rendimento in forte calo. L’impiego diretto del sapere scientifico nella produzione capitalistica, la finanziarizzazione, l'accelerazione della circolazione e del consumo, la privatizzazione delle imprese statali, l'intensificazione del lavoro, il ritiro dei diritti sociali conquistati e un simulacro di democrazia formarono un tutt’uno, identificato come il neoliberismo. Il risultato è stato insignificante per il capitale e per i gruppi dirigenti, mentre fu disastroso per le classi subalterne ovunque collocate.
In grandi aree dell'America Latina, la lotta per l'instaurazione della democrazia, che ha alimentato diversi strati sociali - ognuno con la propria comprensione della democrazia - in opposizione alle dittature militari o dittature oligarchiche, si incontrò, a un certo punto, con l'imposizione da parte dei centri imperiali di una soluzione neoliberale alla crisi, tale da raggiungere le classi superiori, scottate dai regimi dittatoriali. La correlazione di forze presenti nella scena brasiliana degli anni '80, quando il proletariato gridava per una democrazia liberale con i diritti sociali e la frazione industriale borghese accettava la democrazia liberale con diritti limitati dei lavoratori, permise lo sviluppo di una Costituzione garante delle libertà di espressione politica e culturale, ma non eliminò le forze repressive garanti dell’ordine proprietario. In breve, la democratizzazione politica dello Stato fu troncata permettendo l'imposizione di un’uscita neoliberista come chiave per la riunificazione delle classi dominanti.
In Brasile, l'ultimo paese dell'America Latina a soccombere al neoliberismo, il terreno è stato preparato da un'offensiva ideologica concentrata e implacabile che ha raggiunto l'obiettivo di forgiare un consenso virtuale contro le imprese statali e di servizio pubblico. Ma alla fine degli anni 90, il tracollo del neoliberismo era già abbastanza evidente: una crisi economica e sociale si univa agli scandali di corruzione del governo, in particolare sulle privatizzazioni, scatenando manifestazioni popolari in vari luoghi come Argentina, Perù, Venezuela, Brasile e altri Paesi dell'America latina. Si apriva un ciclo politico di contestazione più o meno evidente al neoliberismo, senza considerare che questo era costitutivo della crisi strutturale e che l’unica possibilità reale implicava una rottura rivoluzionaria.
In Venezuela e Bolivia hanno avuto forti movimenti riformisti legati alle classi subalterne, che hanno dato allo Stato un ruolo di primo piano nella lotta contro la povertà e l'ignoranza e anche per l’elaborazione di una identità nazionale popolare, ma senza che vi fosse una forza sufficiente per iniziare a rompere con il capitalismo. In un tono ben al di sotto si collocano Argentina e Brasile, dove il neoliberismo strutturale è rimasto, non sono mai più stati concessi ulteriori diritti ai lavoratori, e oltretutto si è configurata una politica estera autonoma.
La fase favorevole nel commercio internazionale, con l'esportazione delle merci a prezzo favorevole, come la conservazione degli interessi del capitale finanziario, ha permesso la durata e il sostegno popolare di questi governi detti "progressisti" (sic). La crisi travolgente che ha raggiunto il mercato immobiliare degli Stati Uniti nel 2008 influenzando l'intero sistema finanziario, si diffuse immediatamente in Europa. Il saccheggio delle risorse pubbliche preservava gli interessi della finanza, ma aggravava ulteriormente la crisi fiscale. L’America Latina, e in particolare il Brasile, è riuscita a contenere la crisi a livelli bassi, fino alla sua esplosione nel 2014.
Il rischio di perdere le fonti di energia presenti nel continente sudamericano, considerati con ancora maggiore interesse dopo la scoperta del grosso giacimento pre-sale in Brasile, ha fatto sì che gli Stati Uniti investissero nella formazione e supporto logistico della destra liberale o neofascista. Queste piccole organizzazioni, ma con un supporto sostanziale, si sono dedicate ai corsi di formazione, convegni e una forte presenza su Internet. Molto spesso sono riusciti ad essere presenti anche nei media mainstream.
La prova della sua influenza e della sua capacità di mobilitare la piccola borghesia, sempre più sdegnata dagli effetti trascurabili delle politiche di compensazione del governo PT, è venuta nel 2013. La giusta rivendicazione dei giovani studenti per il pass gratuito nel settore dei trasporti "pubblici" ha mobilitato la sinistra di opposizione, ma ha agitato ancor di più i neo-fascisti che contavano e contano tutt'ora di forti simpatie in alcuni governi statali, in alcuni partiti e principalmente negli organi di repressione, la nota Polizia Militare ed anche la magistratura, o, in altre parole, una parte consistente della burocrazia Statale.
Il risultato elettorale del 2014 ha offerto tutte le condizioni affinché queste forze passassero all'offensiva. La vittoria difficile del PT alle elezioni presidenziali con la sterzata a destra già durante la campagna elettorale, con i voti per il settore finanziario e il vero circo degli orrori fuori delle urne per scegliere la composizione del Congresso Nazionale, con una grande maggioranza conservatrice e reazionaria, ha lasciato l'esecutivo assediato fin dall'inizio. La maggioranza conservatrice del Congresso, una parte importante della corte, moltissimi governatori, la mobilitazione di massa promossa da queste organizzazioni a malapena visibili fino a poco prima e la grande stampa nonché i media elettronici, hanno effettuato l'accerchiamento. L'obiettivo, come detto prima, è quello di espellere l’"aristocrazia operaia" dal cerchio del potere e riorganizzare le classi dirigenti intorno a un neoliberismo duro e puro - con nuove "privatizzazioni" – di un nuovo allineamento internazionale con gli Stati Uniti e con misure restrittive per gli spazi esistenti di democrazia.
Oggi è necessario difendere gli spazi di democrazia e dei diritti, si deve capire che il governo riformista non è riuscito, volente o nolente, a opporsi al potere politico ed economico del capitale e cambiare i rapporti di forza in modo significativo e irreversibile. Non ha istruito o organizzato le masse per il confronto inevitabile. Le forze dell'oligarchia finanziaria transnazionale, di ampi settori della burocrazia statale, praticamente tutte le frazioni della borghesia brasiliana, hanno come obiettivo immediato la cessazione dell'alleanza con l’ "aristocrazia operaia" e una politica di contenimento delle masse. Quello che si cerca ora è ancora il conflitto e l’instaurazione di qualche variante del fascismo liberale.
In resistenza a questo progetto di imbarbarimento sociale, nella consapevolezza che non vi è un’alternativa civilizzatrice nel contesto del capitalismo in crisi strutturale, può sorgere eventualmente un nuovo capitolo nella lotta per l'emancipazione umana. Nel processo stesso di costruzione di un fronte unico delle classi subalterne contro il dominio del capitale potrà nascere una società nuova.
* L’autore è Prof. di Scienze Politiche all’Università UNESP-FFC, Brasile