La parola “nazione” a sinistra

Prendendo spunto da una intervista di S.Fassina al Fatto Quotidiano sui temi della patria e della nazione, proprio al fine di ragionare sul tanto desiderato fronte popolare anche in Italia, appare utile entrare in questa discussione.


La parola “nazione” a sinistra Credits: sito turismo roma

In una recente intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, l’ex viceministro dell’economia con il governo Letta, Stefano Fassina, oltre a condannare giustamente l’autonomia differenziata, ha rilanciato la necessità di riprendere a sinistra le parola d’ordine “patria” e “nazione”. Nella medesima intervista l’ex deputato e fondatore dell’associazione “Patria e Costituzione”, a dire il vero, non chiarisce esattamente i termini di questa proposta, limitandosi a richiamare l’esperienza partigiana -quale elemento costituente della patria, e quindi fondamento positivo del suo concetto- bollando invece come derivato negativo del vero senso di patria e nazione quelle forme deviate come i nazional-ismi, invitando piuttosto a riscoprire nel patriottismo una “forma di solidarietà”. Io credo che tale questione meriti un approfondimento, perché su questo terreno si gioca una parte fondamentale della partita per la costruzione di un fronte popolare antiliberista. O meglio: nel nesso dialettico tra questione nazionale e internazionalismo si trovano la maggior parte dei nodi da sciogliere che le masse popolari hanno dinanzi a sé nel loro autonomo e complesso percorso per la formazione di un movimento di massa coeso, cosciente e diretto al governo del paese. E’ giusto il caso di notare come il tanto auspicato “campo largo” trova le sue principali difficoltà a formarsi proprio a causa delle contraddizioni tra PD e M5S nel connettere coerentemente le questioni nazionali con quelle internazionali. 

Prendiamo dunque spunto da questa intervista a Fassina per introdurci in questa discussione che però non può che partire dal tratteggiare alcuni punti di storia e di economica del nostro paese nel contesto attuale. Infatti l’Italia del 2024 non è l’Italia del 1800, la quale, seppur attraverso un percorso travagliato e passivo, come lo ha definito Gramsci (che ha visto cioè l’egemonia della borghesia industriale del Nord in alleanza con l’aristocrazia feudataria del sud gestire il processo di transizione verso il capitalismo) ha superato la tappa del sistema feudale per proiettarsi nel mondo moderno. Il nostro paese oggi, seppur conservando diverse contraddizioni, è ormai un paese a capitalismo avanzato e imperialista nel quale le classi sociali sono perfettamente formate. Da questo punto di vista la “nazione” è già formata in senso capitalistico e dunque è storicamente superata la questione della formazione dello Stato nazionale borghese. Perché dunque riprendere una questione superata? E da che punto di vista eventualmente riprendere tale questione? A mio parere ci sono essenzialmente due possibilità: o “la questione nazionale” viene interpretata nell’ottica reazionaria delle alleanze interclassiste, egemonizzate dalla destra, a supporto dei capitali nostrani contro il “resto del mondo”, o più correttamente la questione nazionale debba essere interpretata da sinistra secondo la prospettiva che, fatta l’Italia borghese, ora si tratta di fare l’Italia socialista. Incamminandosi in questa seconda prospettiva di superamento dello stato borghese in una prospettiva socialista, percorso ovviamente complesso e presumibilmente fatto di tappe intermedie e momenti contraddittori,  risulta necessario riflettere sui due concetti di classi sociali e imperialismo appena accennati. Spesso infatti anche a sinistra si tende a sottovalutare l’imperialismo italiano ritenendolo, tutto sommato, annacquato o comunque di scarsa portata rispetto alle grandi potenze mondiali. Ciò rappresenta il primo discrimine, a mio avviso, per una corretta definizione di senso patriottico e nazionale in una prospettiva di sinistra: in altri termini, denunciare l’imperialismo italiano non può che essere uno dei pilastri fondamentali per un definizione corretta a sinistra della questione nazionale. Al contrario se non si riconosce l’imperialismo italiano si ricade proprio nella trappola del social-sciovinismo in cui ci si preoccupa solo di denunciare gli altri imperialismi, il che conduce inevitabilmente al nazionalismo, lo stesso che denunciava Fassina, cioè a quella posizione che tende a ritenere utili e possibili le alleanze interclassiste su base nazionale con l’obiettivo di contrastare i grandi capitali stranieri nell’ottica di favorire i capitali nostrani. L’Italia, al contrario, come ogni paese a capitalismo avanzato non può che praticare politiche imperialiste, pena il declino e la sottomissione, ovvero politiche che sul piano economico tendono ad innescare e mantenere -per necessità- i processi di “riproduzione allargata” [1], il che comporta la conquista di altri mercati, e quindi la competizione sia con altri paesi (capitali) imperialisti, sia con i paesi in via di sviluppo per sfruttarne il mercato e la manodopera a basso costo. Le politiche imperialistiche producono come corollario il militarismo, la guerra continua con ogni mezzo nei confronti dei paesi “non allineati”, mentre al proprio interno i paesi imperialisti tendono a formare una massa di colletti bianchi e vari ceti improduttivi che generalmente possiamo qualificare sotto la categoria di “aristocrazia operaia”;  la loro dimensione è proporzionale alla capacità di egemonia estera (e quindi di plusvalore estratto nei paesi dominati), la cui funzione peculiare è quella di rallentare e rendere passivo il movimento di sviluppo del conflitto di classe. Tutte queste caratteristiche fondamentali dell’imperialismo sono ben visibili e documentabili per il nostro paese e per chi ne ha voglia, ma non ha molto tempo, può usare anche Chat GPT [2] per divertirsi e scoprire con una semplice ricerca nome, cognome, fatturato e proiezione internazionale delle più grandi multinazionali italiane e anche delle più grandi banche italiane. Denunciare l’imperialismo italiano è dunque un primo fondamentale tassello per la costruzione di un fronte antiliberista che va proprio nella direzione della solidarietà internazionale con i lavoratori degli altri paesi, sarebbe infatti poco credibile declinare il concetto di solidarietà di classe internazionale senza denunciare l’imperialismo che punta allo sfruttamento delle risorse e della manodopera a basso costo di altri paesi. La solidarietà internazionale e la denuncia del proprio imperialismo, venendo al secondo tassello, sono entrambe condizioni essenziali per denunciare tutte le politiche reazionarie e corollarie dell’imperialismo come ad esempio il militarismo e la guerra. Dunque nel contesto attuale non si può che essere contro la guerra imperialista in Ucraina (che va riconosciuta per quello che è realmente e cioè una guerra imperialista per interposta Ucraina tra la Nato, principale colpevole, e la Russia) e i continui investimenti in armi per questa guerra. Come pure non si può non denunciare il genocidio a Gaza ad opera dei sionisti, e tutte le atre miriadi di guerre per l’accumulazione in giro per il mondo. Tale posizione antimperialista ci consente inoltre di denunciare e quindi porre come terzo tassello nella costruzione del fronte popolare antiliberista,  le politiche imperialiste degli altri paesi attualmente alleati dell’Italia e contestualmente denunciare le politiche portate avanti dalle alleanze imperialiste come l’Ue che, in quanto alleanze imperialiste, quindi egemonizzate proprio dai capitali finanziari più grandi, hanno anche le posizioni più reazionarie e guerrafondaie. Il no alla guerra imperialista e alle politiche tipicamente reazionarie del capitalismo avanzato conduce inevitabilmente allo scontro con l’Unione Europea e alla rottura delle relazioni con tutti quei paesi che hanno l’imperialismo come programma e faro della propria visione politica.

Ho fin qui posto tre tasselli per la definizione della questione nazionale nella nostra epoca ma l’ho fatto negando, cioè descrivendo ciò che deve essere denunciato e superato della fase attuale; proviamo ad immaginare invece come può essere declinato positivamente il concetto di patria. I lavoratori e le lavoratrici italiane, in special modo nell’ultimo secolo, sono riusciti a conquistare con enormi sforzi un alto grado di formazione e specializzazione che li ha portati ad eccellere in molti settori industriali (la meccanica, le telecomunicazioni, la tecnica edilizia e l’architettura) come pure la possibilità di studiare ha formato eccellenze in tanti altri settori non solo tecnici. Tutto questo patrimonio viene dilapidato di giorno in giorno proprio per colpa delle logiche di mercato tipicamente imperialiste che puntano a spostare la forza lavoro la dove il suo costo è inferiore. In questo modo, molti settori centrali dell’industria italiana, in mano a capitalisti senza scrupoli, sono andati perduti e con essi posti di lavoro bruciando un enorme patrimonio di formazione e specializzazione. La storia degli ultimi trent’anni dell’industria italiana è fondamentalmente una storia di dislocazioni all’estero, di chiusure e di fallimenti che hanno comportato tra altre cose   un profondo senso di divisione e alienazione tra la stessa classe operaia. La ripresa della questione nazionale non può che passare per un processo di reindustrializzazione del paese, altro tassello, il quale non potrà che avere caratteristiche antiliberiste e “antimercatiste” e cioè fondato sul controllo statale delle grandi imprese e delle grandi banche. In tal modo è possibile, infatti, riscoprire il senso di unità di classe e “fierezza patriottica” nel senso di essere fieri di vivere in uno Stato che investe per l’emancipazione del proprio popolo, che investe per dargli quelle garanzie economiche premessa per una vita serena e degna di essere vissuta, che in definitiva opera per dargli tutto il potere sia economico che democratico, quale unica possibilità  che consenta a tutti di concepirsi parte attiva del proprio Stato e non solo uno sfortunato attore passivo. Essere fieri di saper costruire meglio degli altri una “macchina” moderna, una strada, o gestire un patrimonio naturale, è un fatto estremamente positivo, è un caso di patriottismo positivo,  se ciò è posto in corrispondenza con la solidarietà internazionale e cioè con il superamento della logica di dominio. In quest’ottica, altro tassello, la rinazionalizzazione dei settori principali dell’economia dovrebbe essere accompagnata da un riforma in senso democratico dello Stato introducendo altri poteri che consentano una vera partecipazione dal basso e l’intervento diretto delle classi subalterne nei più grandi fatti politici del paese.

 

 

 

 

Note

[1] Marx secondo e terzo libro sul concetto di riproduzione allargata

[2] Imprese e banche italiane più importanti

Da ChatGPT:

“Diverse grandi aziende italiane hanno investimenti significativi all'estero, operando in vari settori tra cui energia, automobilistico, moda, infrastrutture, alimentare e altro. Ecco alcune delle maggiori aziende italiane con una presenza internazionale importante:

  1. Eni
  • Settore: Energia e petrolio
  • Descrizione: Eni è una delle principali compagnie energetiche del mondo, con attività in oltre 60 paesi. Opera nella produzione e distribuzione di petrolio, gas naturale e energia elettrica. Ha investimenti significativi in Africa, Medio Oriente, Europa, Asia e nelle Americhe.
  1. Enel
  • Settore: Energia e servizi
  • Descrizione: Enel è uno dei più grandi produttori e distributori di energia al mondo, con una presenza in più di 30 paesi. La società è leader nel settore delle energie rinnovabili e ha investimenti importanti in Europa, America Latina, Nord America e Asia.
  1. Fiat Chrysler Automobiles (ora Stellantis)
  • Settore: Automotive
  • Descrizione: Fiat Chrysler Automobiles (FCA), ora parte del gruppo Stellantis dopo la fusione con PSA Peugeot-Citroën, è uno dei principali produttori automobilistici globali. L'azienda ha stabilimenti produttivi e vendite in tutto il mondo, con una presenza forte in Europa, Nord America e Sud America.
  1. Ferrero
  • Settore: Alimentare
  • Descrizione: Ferrero, noto per prodotti come Nutella, Ferrero Rocher e Kinder, è una delle più grandi aziende dolciarie al mondo. Ha investimenti in stabilimenti produttivi e attività commerciali in Europa, Asia, Africa, America Latina e Nord America.
  1. Luxottica (ora parte di EssilorLuxottica)
  • Settore: Occhialeria e moda
  • Descrizione: Luxottica, leader mondiale nella produzione e vendita di occhiali, si è fusa con la francese Essilor, creando EssilorLuxottica. L'azienda ha una vasta rete di punti vendita e stabilimenti produttivi in tutto il mondo, inclusi Europa, America, Asia e Oceania.
  1. Pirelli
  • Settore: Pneumatici e gomma
  • Descrizione: Pirelli è uno dei principali produttori di pneumatici al mondo, con una presenza significativa in Europa, Asia, America Latina e Nord America. L'azienda fornisce pneumatici per automobili, motociclette e veicoli industriali in tutto il mondo.
  1. Leonardo S.p.A.
  • Settore: Difesa e aerospazio
  • Descrizione: Leonardo è un'azienda leader nel settore della difesa, sicurezza e aerospazio, con una forte presenza internazionale. Opera in oltre 150 paesi, con investimenti e partnership strategiche in Europa, Nord America, Medio Oriente e Asia.
  1. Campari Group
  • Settore: Bevande alcoliche
  • Descrizione: Campari è uno dei principali produttori di bevande alcoliche a livello globale. Con marchi come Campari, Aperol e Skyy Vodka, l'azienda ha una forte presenza internazionale, con operazioni commerciali e stabilimenti produttivi in Europa, America Latina, Nord America e Asia.
  1. Benetton Group
  • Settore: Moda
  • Descrizione: Benetton è un marchio di moda italiano con una presenza globale, vendendo abbigliamento in numerosi paesi. Ha punti vendita e produzione in tutto il mondo, con una forte rete di franchising e negozi propri.
  1. Salini Impregilo (ora Webuild)
  • Settore: Infrastrutture e costruzioni
  • Descrizione: Webuild (precedentemente Salini Impregilo) è una delle principali aziende di costruzioni a livello globale, specializzata in grandi opere infrastrutturali come dighe, ponti, autostrade e ferrovie. Ha progetti in corso in Europa, Africa, Medio Oriente, Asia e America Latina.

Queste aziende rappresentano una parte significativa dell'industria e del commercio italiani, con una forte proiezione internazionale grazie ai loro investimenti e operazioni in numerosi paesi. Le banche italiane più grandi sono quelle che dominano il settore bancario nel paese e hanno una presenza significativa sia a livello nazionale che internazionale. Ecco una panoramica delle principali banche italiane:

  1. Intesa Sanpaolo
  • Descrizione: Intesa Sanpaolo è la più grande banca italiana per capitalizzazione di mercato, patrimonio e numero di clienti. È il risultato della fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI nel 2007. Ha una presenza internazionale in Europa, Asia, America e Nord Africa, con filiali e partecipazioni in vari settori finanziari.
  • Sede: Torino e Milano
  • Attività principali: Retail banking, corporate banking, investment banking, gestione patrimoniale e assicurazioni.
  1. UniCredit
  • Descrizione: UniCredit è una delle principali banche italiane e europee, con una vasta rete di filiali in Italia e una presenza significativa in Europa centrale e orientale. È nata dalla fusione di diverse banche italiane, tra cui Credito Italiano e Unicredito.
  • Sede: Milano
  • Attività principali: Retail banking, corporate banking, investment banking, gestione patrimoniale.
  1. Cassa Depositi e Prestiti (CDP)
  • Descrizione: CDP è un'istituzione finanziaria di proprietà del governo italiano che svolge un ruolo cruciale nel finanziare progetti di interesse pubblico e infrastrutture in Italia. Sebbene non sia una banca commerciale tradizionale, è una delle principali istituzioni finanziarie italiane per dimensioni e influenza.
  • Sede: Roma
  • Attività principali: Finanziamento di infrastrutture, investimenti in imprese strategiche, supporto allo sviluppo economico.
  1. Banco BPM
  • Descrizione: Banco BPM è nato nel 2017 dalla fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano. È una delle più grandi banche commerciali italiane, con una forte presenza nel nord Italia.
  • Sede: Milano e Verona
  • Attività principali: Retail banking, corporate banking, servizi di investimento.
  1. Mediobanca
  • Descrizione: Mediobanca è una delle principali banche d'investimento italiane, con un focus su servizi finanziari per grandi aziende, investment banking, e gestione patrimoniale. Ha anche una significativa partecipazione in Generali, uno dei più grandi gruppi assicurativi al mondo.
  • Sede: Milano
  • Attività principali: Investment banking, corporate banking, gestione patrimoniale.
  1. BPER Banca
  • Descrizione: BPER Banca, precedentemente nota come Banca Popolare dell'Emilia Romagna, è una delle principali banche cooperative italiane. Ha una rete di filiali concentrata principalmente nel centro e nord Italia, con una presenza crescente in altre regioni.
  • Sede: Modena
  • Attività principali: Retail banking, corporate banking, servizi di leasing e factoring.
  1. UBI Banca (ora parte di Intesa Sanpaolo)
  • Descrizione: UBI Banca era una delle principali banche italiane prima di essere acquisita da Intesa Sanpaolo nel 2020. La fusione ha rafforzato ulteriormente la posizione di Intesa Sanpaolo come leader del settore bancario italiano.
  • Sede: Bergamo
  • Attività principali: Retail banking, corporate banking, servizi di investimento.
  1. Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS)
  • Descrizione: Fondata nel 1472, Monte dei Paschi di Siena è la banca più antica ancora in attività nel mondo. Ha attraversato un periodo difficile a seguito della crisi finanziaria, ma rimane una delle principali banche italiane per dimensioni e storia.
  • Sede: Siena
  • Attività principali: Retail banking, corporate banking, servizi di leasing e factoring.

Queste banche rappresentano il cuore del sistema finanziario italiano e giocano un ruolo chiave nell'economia del paese, offrendo una vasta gamma di servizi finanziari ai clienti, sia in Italia che all'estero.”

 

 

16/08/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: sito turismo roma

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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