L’uomo impara sbagliando, perciò sbagliare è umano, mentre perseverare nell’errore è diabolico. Evidentemente perseverare nella difesa di un modo di produzione, come quello capitalistico, ormai superato dalla storia non può che essere considerato diabolico. Non solo perché, come avevano colto già al suo sorgere Adam Smith e Hegel, la ricchezza nel sistema capitalistico si crea solo in rapporto al crescere della miseria – cui è condannata una parte sempre crescente del genere umano – ma in quanto il capitalismo si fonda su rapporti di produzione che impediscono lo sviluppo delle forze produttive. Senza contare che lo sfruttamento costante e sconfinato della natura – in funzione del profitto individuale di un numero sempre più ristretto di sfruttatori, che godono di ricchezze superiore a quelle di un intero continente – non solo rovina l’unica vita alla maggioranza dell’umanità, costretta a farsi sfruttare in modo sempre più disumano per poter sopravvivere, ma sta distruggendo sempre più la stessa possibilità di sopravvivenza del genere umano. Per altro, le consuete giustificazioni elaborate, dinanzi alle palesi contraddizioni e ingiustizie di questo modo di produzione, dai padri del liberismo, ovvero che si trattava comunque del modo meno peggiore e più moderno di organizzare economia e società, sono da tempo divenute obsolete, con la realizzazione dei primi tentativi di transizione al socialismo, che hanno dimostrato che un modo di produzione in grado di superare dialetticamente il modo di produzione capitalistico è non solo possibile e auspicabile, ma necessario. Anche perché il vecchio bivio di fronte al quale era stata posta l’umanità, da parte dei padri del socialismo scientifico, ovvero socialismo o decadenza della civiltà umana, è divenuto ancora più urgente e decisivo, dal momento che si tratta oggi di scegliere fra transizione al socialismo o progressivo venir meno delle stesse condizioni di sopravvivenza del genere umano.
Tale questione è divenuta ancora più urgente con l’attuale diffusione del Coronavirus, che è stato immediatamente sfruttato dal modo di produzione capitalistico per chiudere le scuole, vietare gli scioperi, le manifestazioni e ogni discussione pubblica riducendo, mediante il controllo dei mezzi di comunicazione, le informazioni a mera cronaca del numero di contagi e vittime. Senza contare i costanti appelli interclassisti all’unità nazionale e ai sacrifici che saranno necessari alle classi subalterne per pagare il salatissimo conto prodotto dall’incapacità e impreparazione dei paesi capitalisti a tenere testa a un virus, che sta facendo riemergere la crisi di sovrapproduzione che, da oltre cinquant’anni, colpisce il sistema. Infine, i rappresentanti del grande capitale finanziario al potere ne stanno ampiamente approfittando per mettere da parte la stessa divisione liberale del potere, superando persino i decreti legge, sostituiti dagli annunci in tv e dai conseguenti decreti del capo del governo. D’altra parte il padronato ne ha prontamente a sua volta approfittato per far sparire ogni traccia del salario sociale di classe e dei limiti temporali allo sfruttamento della forza lavoro imponendo, sempre con decreti della presidenza del consiglio, il lavoro a cottimo a un numero crescente di sfruttati. Senza contare che nei confronti di chi continua a recarsi sul posto di lavoro, dal momento che ciò che conta è solo massimizzare lo sfruttamento per accrescere il profitto di una ormai minuscola minoranza, non sono assunte le più basilari misure di sicurezza – dinanzi alla pandemia in atto – tanto che molti si vedono costretti a battersi per poter passare al lavoro a cottimo da casa. Anche perché in questa situazione di emergenza la tendenza neocorporativa dei sindacati maggiormente rappresentativi si è ulteriormente accentuata, mentre la rappresentanza politica degli sfruttati, ridotta a gruppuscoli sempre più insignificanti, ha continuato a frazionarsi in nome di un tafazziano spirito settario.
In questa situazione le istituzioni economiche europee hanno sbattuto la porta in faccia ai paesi più attaccati dal virus come l’Italia, mentre il paese dominante, ovvero la Germania, rifiuta persino di venderci ciò che sarebbe più essenziale per far fronte al virus e i paesi dell’Unione europea confinanti, dall’Austria alla Slovenia, hanno bloccato le frontiere, mettendo a rischio anche gli approvvigionamenti per il nostro paese. Mentre il nostro storico alleato, gli Stati uniti, hanno immediatamente bloccato i voli con l’Italia e sconsigliato vivamente ai propri cittadini di visitare il nostro paese. In tale situazione, paradossalmente, l’unico paese che ci è venuto in soccorso è la Repubblica popolare cinese, nonostante tutto il razzismo che l’ideologia dominante italiana gli ha scatenato contro sfruttando il virus, contro gli odiati “comunisti” cinesi, e nonostante l’unico ministro di “sinistra” del governo sia stato il primo a bloccare i voli con la Cina, favorendo così i mancati controlli all’aeroporto, che hanno contribuito alla rapida diffusione del virus nel nostro paese. Ancora più paradossalmente la leghista regione lombarda si affida ora all’aiuto che potrebbero dargli i medici cubani e della Repubblica popolare cinese, ovvero di paesi che – al contrario della Lombardia – non hanno sciaguratamente tagliato la sanità pubblica per finanziare la privata. D’altra parte la classe dominante sta cercando di sfruttare la situazione d’emergenza accentuando i finanziamenti alla sanità privata, che comporta ulteriori sacrifici ai servizi pubblici, nonostante il settore sia governato dall’unico ministro di “sinistra”.
Per altro la situazione italiana è meno assurda – grazie al nostro passato in cui erano ancora presenti gli anticorpi economici, sociali, politici e culturali al neoliberismo più sfrenato – di quella che ha portato alla privatizzazione ancora più selvagge dei maggiori paesi capitalisti. Anzi la linea assunta dalle massime potenze imperialiste, dagli Stati uniti, alla Germania, alla Gran Bretagna è ancora più cinica e incivile della nostra, visto che i governanti di questi paesi hanno detto che, pur di non porre un qualsiasi ostacolo ai profitti dei pochi grandi sfruttatori, le classi subordinate possono con tranquillità essere malthusianamente ridotte dal virus.
D’altra parte la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha dovuto riconoscere ed elogiare la risposta data all’attuale “pandemia” da parte dei paesi “socialisti”. Così il paese che è riuscito, attraverso la pianificazione, a evitare nel modo migliore la diffusione del virus è stato il Vietnam. L’unico paese dell’America latina considerato in grado di tener testa alla “pandemia” è Cuba, mentre la Repubblica popolare cinese è stata costantemente elogiata per aver tenuto testa in modo decisamente superiore a tutti i paesi capitalistici all’emergenza in atto.
Ma torniamo al semplice che è difficile a farsi e, nel caso specifico, alla connessione fra pandemia e bisogno di comunismo. È sempre più evidente a tutti che la terra è una e sempre più interconnessa, non fosse altro in quanto lo scopo finale del modo di produzione capitalistico è sempre stato, come aveva già intuito Marx, la costruzione di un unico mercato mondiale. Perciò anche i problemi che affrontano gli uomini di tutto il mondo sono sempre più comuni. Dalle malattie, come il Coronavirus ha ulteriormente confermato, alla distruzione dell’ambiente indispensabile alla sopravvivenza del genere umano; dall’oppressione delle donne, allo sfruttamento della forza-lavoro, alla disoccupazione, alla crisi da sovrapproduzione, a tutti i problemi sorti dopo la sconfitta temporanea delle forze comuniste alla fine degli anni ottanta. Da allora, le differenze sociali sono quasi ovunque aumentate, le spese militari hanno quasi ovunque preso il sopravvento sulle spese sociali. Le privatizzazioni e la conseguente svendita del patrimonio pubblico tendono a dilagare, le conquiste storiche del movimento dei lavoratori vanno perdute insieme alla stessa coscienza di classe. Mentre acquisiscono sempre più forza il neoliberismo, il fondamentalismo religioso, il bonapartismo regressivo, il razzismo, l’intolleranza, le guerre, il nazionalismo sciovinista, i fascismi, il sovranismo, l’individualismo egoista, la violenza, l’alienazione, la diffusione di pornografie, prostituzione e droghe, la mancanza di pianificazione e razionalizzazione economica e sociale, l’antipolitica, la società dello spettacolo, l’industria culturale, la crescente affermazione di monopoli, trust e capitali speculativi, etc.
Si tratta di problematiche che sarebbero realmente risolvibili unicamente con l’affermazione dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche mondiali. In tal modo si avrebbe finalmente la piena occupazione e la fine di precariato e della disoccupazione e nessuno sarebbe più costretto a emigrare. L’orario di lavoro sarebbe drasticamente ridotto. Si produrrebbe solo ciò che è necessario e utile al bene comune e individuale e si eliminerebbero del tutto le enormi spese non solo improduttive, irrazionali, ma disumane che dominano nell’economia capitalista: l’industria delle armi, della pornografia, della prostituzione, della droga, la pubblicità, l’industria culturale, la fabbrica del falso, la società dello spettacolo, la sovrapproduzione, etc.
La produzione sarebbe indipendente dagli interessi di pochi grandi sfruttatori e sarebbe democraticamente rivolta a soddisfare i reali bisogni sociali, mediante pianificazione e razionalizzazione dei processi produttivi. Il lavoro sarebbe ancora più socializzato e sarebbe ugualmente socializzato anche il prodotto del lavoro. Ogni forma di sfruttamento e oppressione dell’uomo sull’uomo sarebbe posta fuori legge. Invece di propagandare la concorrenza e l’odio per il diverso, la società farebbe di tutto per ottimizzare la divisione del lavoro, la collaborazione e la solidarietà a livello internazionale. Con la drastica riduzione dell’orario di lavoro, con la fine della disoccupazione e della precarietà ci sarebbe un enorme quantità di tempo libero da dedicare, in primo luogo, allo sviluppo culturale, alla formazione dell’uomo nuovo, ai rapporti sociali, alle attività creative e a godersi finalmente tutti la vita, senza più essere oppressi dall’ansia di prestazione che domina in una società in cui tutto è subordinato ad aumentare la produttività e lo sfruttamento della forza lavoro. Il lavoro vivo non sarebbe più sottomesso al lavoro morto, ovvero alle macchine e al capitale. Ognuno sarà chiamato a contribuire liberalmente allo sviluppo della società e della civiltà umana sulla base delle proprie possibilità – ovvero capacità, attitudini e interessi – e a ognuno sarà dato sulla base dei suoi bisogni individuali.
Anche tutte le forme di dominio e di costrizione esteriore tenderanno a dileguare insieme allo Stato, in quanto i nuovi uomini, ormai liberi, eguali e affratellati saranno in grado di sviluppare una società regolata e autogestita. Sarebbe contrastata in ogni modo la schiavitù domestica della donna e ogni forma di mercificazione, a partire da quella dell’uomo. L’arte e la cultura non saranno più dominate dalla brama di profitto individuale, ma saranno indirizzate esclusivamente al bene comune e degli individui. Ogni forma di manifestazione culturale sarà libera e gratuita, come tutti i servizi sociali. Ci sarà ovunque una percentuale di medici rispetto alla popolazione almeno pari a quella che c’è oggi a Cuba e tutti, come avviene oggi quasi esclusivamente in questo paese, saranno curati e assistiti gratuitamente. Infine ci sarà un eccezionale sforzo della società a promuovere una vita sana, serena e a prevenire nel modo più efficace ogni forma di malattia. In tal modo sarà possibile realizzare a livello internazionale nel malaugurato caso, sempre più improbabile, di una nuova pandemia una capacità di prevenzione e di riduzione del danno almeno pari a quella che oggi soltanto il Vietnam in transizione al socialismo è stato in grado di assicurare.