La guerra della Nato per procura in Ucraina è degenerata ormai nel terrorismo: distruzione del gasdotto Nord Stream 2, del ponte sull'Ucraina, della diga di Nova Khahovka sul Dnipro, uccisione di personaggi legati al regime russo, attacchi nello stesso territorio russo da parte di milizie neonaziste raccogliticce o di droni, attacchi alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Siamo già al punto di una catastrofe di proporzioni bibliche che si aggraverebbe se anche la centrale nucleare venisse danneggiata irreparabilmente.
Il popolo Ucraino è la prima vittima di tutto ciò e viene utilizzato come carne da cannone da mandare al macello.
La controffensiva ucraina pare non sortire risultati significativi ma determina ingenti perdite di vite umane. Essa potrebbe essere rilanciata solo al prezzo di un'escalation che coinvolga sempre meno indirettamente la Nato, avvicinandoci così alla terza guerra mondiale. Paesi come la Polonia si dicono già pronti a un aiuto diretto e a fare da base per le incursioni degli aerei F16 che sono in grado di impiegare anche bombe nucleari. Aerei che già sono stati promessi all'Ucraina.
Quel paese è devastato, sull'orlo del collasso finanziario e sta in piedi solo grazie agli aiuti degli Usa e dei loro alleati, che sarà in futuro costretto ripagare con gli interessi.
Le sanzioni contro la Russia si stanno rivelando inefficaci e nocive soprattutto per l'Europa.
Le tensioni fra Usa e Cina sia sul terreno economico e mediatico che su quello militare nel mar Cinese confermano la volontà degli Stati Uniti di contrastare la loro perdita di supremazia con metodi violenti.
Nonostante gli sforzi diplomatici di Cina, Brasile, Egitto, Sudafrica, Senegal, Zambia, Uganda, Turchia, Vaticano e l'opposizione perfino di buona parte della popolazione occidentale, per non parlare delle nazioni e dei popoli dell'altra parte del mondo che vedono la questione da un'angolatura opposta a quella delle potenze imperialiste occidentali, al momento l'opzione di una lunga e sempre più pericolosa guerra sembra prevalere.
Ne è un esempio l'intervento di Draghi che, per il ruolo che svolge nei salotti della finanza internazionale, si fatica a considerare effettuato a titolo personale.
L'ex premier, in occasione di una sua premiazione al Massachussets Institute of Technology di Boston, il 6 giugno, ha tenuto un discorso illuminante (qui il video completo). Egli ha esordito richiamando i “valori esistenziali” dell'Unione Europea che sono “la pace, la libertà e il rispetto della sovranità democratica”, proclami propagandistici che non convinceranno certamente il popolo serbo e i popoli libici, iracheni bombardati per imporre loro le “regole” occidentali nonché gli stessi popoli europei che vedono quotidianamente scemare, insieme ai diritti sociali, gli spazi di democrazia mentre si alternano al potere forze iperliberiste e forze neofasciste. Ma la dichiarazione più grave è che “per gli Stati Uniti e i loro alleati non c'è alternativa a garantire che l'Ucraina vinca la guerra. Accettare una vittoria russa o un sostanziale pareggio […] infliggerebbe un colpo mortale all'Unione Europea e certamente minerebbe tutta l'alleanza occidentale”, mentre “una pace stabile” si avrebbe solo vincendo questa guerra, pur ammettendo che “oggi questa prospettiva sembra difficile” e che pertanto “ci vorrebbe un cambiamento politico interno a Mosca perché la Russia abbandoni i suoi obiettivi”.
In sostanza la prospettiva di Draghi e dei settori sociali che rappresenta è una terribile escalation fino alla sconfitta della seconda potenza nucleare, il che non può che significare terza guerra mondiale e probabilmente nucleare.
C'è da augurarsi che nemmeno chi sostiene pubblicamente questa tesi ci creda effettivamente e pensi magari a un piano B che preveda un compromesso meno indigeribile possibile per l'Ucraina e le potenze imperialiste occidentali. Ma se invece davvero il piano A è la prospettiva unica che si persegue significa che siamo di fronte a un progetto folle e che occorra trovare il modo di fermarlo.
Solo i gonzi potrebbero pensare che il “colpo mortale” che Draghi teme per l'Unione Europea e la Nato consista in una possibile aggressione da parte della Russia. Il colpo mortale sarebbe invece la perdita della faccia dei governi e del personale politico che si sono gettati in questa avventura.
Sul terreno economico il debito pubblico Usa ammonta a 31,4 trilioni di dollari e con il processo di dedollarizzazione in corso il rischio di default si fa sempre più vicino, tant'è vero che stanno andando a ruba le scommesse su questo default (i famosi Credit Default Swap). L'Europa sta anche peggio ed è in recessione tecnica, abbinata a un'elevata inflazione, risultati questi dell'adesione subalterna alle sanzioni volute dal paese guida dell'Occidente. In Italia l’Istat certifica un crollo della produzione industriale del 7,2% nell'ultimo anno. Tuttavia il Parlamento europeo ha stabilito che i fondi che il Pnrr aveva destinato alla coesione sociale possano essere spesi per l'acquisto e la produzione di armi. Evidentemente le potenze imperialiste hanno deciso di aggirare la crisi di sovrapproduzione facendo consumare, e quindi producendo e vendendo, armamenti, a scapito dei servizi essenziali per le popolazioni e del contenimento del debito pubblico che infatti sta lievitando.
Mente i profitti sono in crescita, cresce anche il malcontento delle classi svantaggiate per questa situazione, aggravata da pratiche liberiste forsennate. Una sconfitta sul campo ucraino completerebbe il fallimento di una politica e dei suoi sostenitori e potrebbe effettivamente innescare cambiamento profondi. Altro che cambiamento politico in Russia!
Ma è soprattutto per impedire una catastrofica guerra mondiale che è urgente la costruzione di un fronte unitario per la pace e contro le posizioni guerrafondaie del governo Meloni e dell'Unione Europea.
È necessario infatti unire la lotta contro la guerra imperialista a quella per il riscatto dei lavoratori, umiliati da decenni di colpi duri alle loro condizioni, rilanciando pensioni, sanità, scuola, difesa dell'ambiente.
La Città Futura è impegnata a lavorare per costruire questo fronte.