L’inganno degli accordi di pace, la pratica della guerra

Pubblicare quotidianamente notizie su presunti accordi di pace per il cessate il fuoco è una pratica dei mass media egemonici volta a ingannare la popolazione e ad evitare la sua mobilitazione, mentre i governi occidentali continuano ad alimentare la guerra e il genocidio attraverso la vendita di armi.


L’inganno degli accordi di pace, la pratica della guerra Credits: https://www.flickr.com/photos/governmentza/9552527295

Dal febbraio 2022, mese dell’intervento russo nel territorio ucraino, i giornali, i telegiornali e i principali mass media ingannano la popolazione con notizie di finti accordi di pace, tutti disattesi. Anzi, questa storia è eterna così come dimostra il fatto che numerosi documenti ormai in possesso della Storia testimoniano che diversi accordi firmati dagli Stati Uniti non sono mai stati rispettati. Infatti, dalla fine della Guerra Fredda, l’accordo prevedeva che la NATO non si sarebbe espansa ad est ma tutti noi sappiamo che, contrariamente a ciò, l’alleanza ha continuato a inglobare Paesi sempre più vicini alla Federazione Russa. La NATO, che si definisce un patto difensivo, ha dimostrato di avere tutt’altro ruolo. I protocolli di Minsk rappresentano un’altra vergognosa conferma del modus operandi dell’Occidente: quegli accordi, che avrebbero dovuto portare al cessate il fuoco durante la guerra civile ucraina tra le regioni autoproclamate indipendenti e il governo centrale, non hanno mai avuto effetto perché violati proprio da Kiev. Numerosi altri tentativi di mediazione e accordi di pace sono stati disattesi, mentre i media occidentali illudevano la popolazione con proclami da parte di vari leader politici sul cessate il fuoco. Chiedevano la pace a parole, ma nella pratica alimentavano la guerra.

La Storia si ripete da più di un anno di fronte a un genocidio. Quante volte abbiamo sentito parlare di tentativi di pace per fermare l’olocausto del popolo palestinese? Quante volte i media ci hanno presentato dichiarazioni rassicuranti di qualche politico o delegato statunitense per fermare il genocidio commesso da Netanyahu? Quante volte abbiamo letto o sentito proclami su un imminente cessate il fuoco e sul rilascio degli ostaggi? Il 7 ottobre, per Israele, è stato paragonato dai politici israeliani come l’11 settembre per gli Stati Uniti, e le conseguenze dei governanti continuano a ricadere sul popolo afghano, iracheno, palestinese e libanese. I media italiani spesso riportano notizie di come il presidente degli Stati Uniti d'America avrebbe messo pressione al suo omologo israeliano, o di delegati NATO o statunitensi in cerca di accordi di pace. Tuttavia, la realtà è ben diversa. In Ucraina, la pace non si costruisce inviando armi, dapprima "difensive", poi militari per addestrare le forze ucraine, e infine armi a lunga gittata o informazioni strategiche per attaccare il territorio russo.

Anche in Medio Oriente, il discorso è emblematico. Il Libano non ha dichiarato guerra a Israele, eppure quest’ultimo invade il suo territorio, occupando vaste aree nel sud e bombardando quotidianamente la capitale Beirut colpendo edifici residenziali. Come può un Paese di meno di 10 milioni di persone tenere sotto scacco un'intera regione? Documenti recenti confermano ciò che solo pochi giornalisti avevano osato denunciare: il genocidio perpetuato da Israele in Palestina, la guerra in Libano, le incursioni in Siria e le continue provocazioni all'Iran sono possibili solo grazie all'appoggio statunitense, in termini di servizi segreti, supporto militare e tecnologico. L'Occidente, che arma e sponsorizza Israele, dichiara sempre a gran voce il diritto di Israele a difendersi, come se genocidi e guerre fossero diritti legittimi. Il governo Meloni è ritenuto responsabile del genocidio del popolo palestinese per la vendita di armi e munizioni a Israele, uno Stato coinvolto in un conflitto. Secondo la legge italiana, non dovrebbe essere consentito, e ci sono serie possibilità che il governo venga accusato di complicità e violazioni del diritto internazionale dinanzi al Tribunale dell'Aja. Non solo Israele sta commettendo crimini di guerra e notevolissime violazioni del diritto umanitario, ma questi crimini non sarebbero stati possibili senza il supporto degli Stati Uniti che ne sono pertanto a loro volta responsabili. Ai giornalisti che riportano le dichiarazioni di vari candidati, delegati o del presidente Biden riguardo alla pace, va detto che stanno falsando l’informazione. Vogliono far credere al pubblico occidentale che ci siano reali tentativi di fermare la violenza per frenare il loro impulso di ribellione, ma quotidianamente quelle promesse vengono tradite dai fatti.

Il ruolo principale dell’informazione dovrebbe essere quello di raccontare la verità, non di alimentare illusioni su un presunto desiderio occidentale di cessate il fuoco, quando la realtà è un'altra: l’Occidente, con i suoi interessi economici, è profondamente legato alla guerra. La crisi economica e la stagnazione della crescita sono innegabili, e solo con la guerra, la ricostruzione e la riconversione industriale verso armamenti, l’Occidente può sperare di salvarsi dalla crisi di sovrapproduzione, a discapito dell'umanità e dell'ambiente. La percentuale di crescita dell’Occidente si aggira a uno zero e virgola. La crisi culturale egemonica in cui versano i Paesi occidentali si sta celebrando in questi giorni a Kazan in Russia, dove si svolge il summit dei BRICS che ormai comprendono Brasile, Cina, India, Russia, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Emirati arabi e Iran. In Brasile vivono circa 220milioni di persone, in Sudafrica 60 milioni, in Russia quasi 145 milioni e tra India e Cina circa 3 miliardi di persone. Diciamo che solo questi rappresentano il 44% quasi della popolazione mondiale. Sebbene il processo di dedollarizzazione sia lento, potrebbe accelerare nei prossimi anni. Tuttavia, la supremazia monetaria statunitense continua a essere supportata da un apparato militare senza pari. Con la violenza della guerra si rafforza e tendenzialmente rallenta il suo declino. In alternativa c'è l’unica opzione possibile per il mondo: il nuovo umanesimo; tuttavia, i diversi interessi geopolitici dei Brics+ faticano a emergere, a trovare una linea comune e a frenare le mire espansionistiche dei Paesi imperialisti occidentali. A questi, aggiungerei anche la Corea del Sud e il Giappone, in Oriente. I Brics+ sono Paesi con forme statali e classi sociali molto diverse al potere. Sebbene rappresentino la maggior parte della popolazione mondiale, al momento non riescono a definire una politica estera comune, con un sistema di difesa comune o uno sviluppo condiviso, né ad affermare la loro volontà, qualora ne abbiano una.

Il Venezuela ha puntato molto sui BRICS, poiché potrebbe essere il prossimo paese ad essere incendiato dall’imperialismo "made in USA" qualora fosse rieletto Trump, così come l'Iran. Anche Biden, attuale presidente, ha finanziato e armato l'opposizione golpista nel paese di Bolívar. Maduro, presidente del Venezuela, nel suo discorso ufficiale, elogia i BRICS+ come punto di arrivo per i paesi non allineati, auspicando un nuovo ordine mondiale e la costruzione di uno scambio commerciale che superi l’egemonia del dollaro. Il Venezuela, come Cuba, sa bene cosa significhi subire sanzioni economiche imposte da coloro che controllano l’emissione del dollaro, nonché embarghi e altre restrizioni commerciali imposte dalla principale forza imperialista mondiale che limitano difatti l’industrializzazione in questi paesi.

Nel suo discorso, il leader venezuelano sottolinea inoltre la necessità di una riforma dell'ONU affinché possa intervenire più efficacemente a livello internazionale per fermare il "massacro fascista e nazista" in Palestina e in Libano. Tuttavia, una nota dolente è rappresentata dal fatto che il Brasile di Lula ha confermato il veto imposto da Bolsonaro a suo tempo, escludendo Venezuela e Nicaragua dai BRICS+. Continua quindi il braccio di ferro tra Lula e Maduro, iniziato quando Lula ha ospitato sei oppositori venezuelani nella propria ambasciata, chiedendo il permesso di farli espatriare, cosa non concessa dal governo Maduro. La tensione è aumentata quando il Brasile ha rifiutato di riconoscere i risultati delle elezioni presidenziali venezuelane, nonostante il sistema elettorale del Venezuela sia tra i più avanzati al mondo, grazie al doppio sistema di controllo, sia cartaceo che elettronico, contro le frodi. Diversamente, non è stato posto alcun veto all’ingresso di Cuba, che è entrata nei BRICS+ a pieno titolo e che necessita di un sostegno per affrontare la grave crisi economica causata dall’embargo unilaterale imposto dagli USA, aggravata dai recenti uragani e dai conseguenti guasti alla rete elettrica in tutta l’isola. Dal vertice di Kazan, i BRICS+ passano così da nove a tredici membri, con l'ingresso di nuovi paesi: oltre a Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia, ora fanno parte dei BRICS+ anche Turchia, Indonesia, Algeria, Bielorussia, Cuba, Bolivia, Malesia, Uzbekistan, Kazakistan, Thailandia, Vietnam, Nigeria e Uganda.

Ciononostante anche riguardo a questo fenomeno, tutto in ascesa sebbene ancora in via di definizione, i nostri media occidentali ci propinano menzogne: la narrativa sul summit di Kazan verte tutta attorno al fatto che Putin cerchi di uscire da un presunto isolamento convocando i leader dei BRICS quando appare del tutto chiaro che non si possa ragionevolmente parlare di isolamento di fronte ad un tavolo che raccoglie le rappresentanze della maggior parte della popolazione mondiale e le economie in maggiore crescita.

"Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri."

25/10/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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