Legambiente: “Mare Monstrum” del 2024, un dossier impietoso sulla cementificazione in Italia

Pochi i controlli e gli abbattimenti degli abusi edilizi, il cemento continua la sua avanzata e il Lazio è tra le regioni più devastate, manca una reale strategia d’insieme per impedire la desertificazione ambientale


Legambiente: “Mare Monstrum” del 2024, un dossier impietoso sulla cementificazione in Italia

Impietosa è la relazione appena compiuta da Legambiente riguardo la devastazione ambientale in Italia. Il cemento non ha mai smesso di avanzare, nemmeno durante il Covid che tanta sofferenza ha portato al nostro Paese e messo in crisi interi comparti produttivi. E il consumo di suolo pubblico non si ferma, anzi accelera in barba ad ogni politica legata al famoso “sviluppo sostenibile” di cui tanto si parla in sede europea ma che trova nei fatti ancora scarsa applicazione. Il cemento procede nella sua inesorabile conquista di territorio e lo fa senza regole, oppure reclamando lo “snellimento burocratico” tanto in voga in questo momento e ci regala un quadro complessivo sconfortante. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, “Mare Monstrum” del 2024, l’Italia non ha mai smesso di cementificare, la Campania è al primo posto per abusivismo, ma anche il Lazio non scherza essendo la settima regione italiana per “mattone illegale”: 617 reati accertati (il 6% di quanto scoperto nel resto del Paese), 674 denunce, 151 sequestri e 1.100 illeciti amministrativi contestati. Sono numeri che fanno riflettere su quanto poco è stato fatto in termini di tutela dell’ambiente e del paesaggio che pure è inserito nei principi fondamentali della nostra Costituzione a cui non fanno seguito altrettanti abbattimenti e restituzione di aree tolte alla comunità, che restano spaventosamente pochi. Il fenomeno dell’abusivismo si lega a doppio filo con il lassismo dei controlli amministrativi ed ispettivi che pure dovrebbero esserci in quanto, specie nei grandi centri urbani, dovrebbero essere legati a specifici Piani Regolatori e Paesaggistici, eppure la miopia “voluta” della politica, gli errori e le scarse risorse messe in campo in sede di controlli, le continue deroghe ad ogni vincolo e ad ogni passaggio procedimentale che pure sono messi lì a garanzia del rispetto normativo a vantaggio di tutti, la spinta di una società individualista e autoreferenziale, specie quella italiana, che ha fatto del “mattone” il motore vero dell’economia, ha portato ad una dinamica incessante di continua costruzione che, soprattutto lungo la costa, ha colpito duro e si è verificata la triste meccanica di ordinanze di demolizione che stentano a partire e che, comunque sia, sono 6 volte di più di quanto accade nell’entroterra. Ma quello che forse Legambiente dovrebbe porre di più sotto i riflettori non è solo il riconoscimento di più poteri ai prefetti con la piena possibilità di abbattimento dei manufatti, come suggerito da Roberto Scacchi, Presidente di Legambiente Lazio, ma anche una rivisitazione dell’attuale impianto normativo che dovrebbe essere maggiormente stringente in merito alle nuove costruzioni che non riguardano solo l’edilizia residenziale, ma anche quella speculativa e commerciale, iniziare ad arginare i poteri dei commissari straordinari (ce ne sono davvero troppi e ci si chiede quale reale beneficio possano portare) che spesso agiscono in deroga alle norme ed hanno un potere troppo grande che va bilanciato, riformare la Legge Stadi (nata sotto l’egida dei governi di centro destra durante l’era Berlusconi, ma che ha avuto il suo viatico finale durante il discutibile governo Draghi) che attribuisce troppa forza ai soggetti proponenti e che rende le amministrazioni comunali quasi ancillari alle proposte presentate dal privato che non vengono quasi mai discusse ma al massimo integrate con qualche osservazione, lanciare un grande progetto riformatore che abbia al centro una “Legge Contro il Consumo di Suolo Pubblico” (In Italia di fatto non esiste) che ponga dei paletti definitivi su determinate scelte e costringa la classe dirigenziale/manageriale a ripensare le proprie strategie senza continuare a devastare l’Ambente ormai allo stremo, scaricando i costi umani e sociali sulla collettività (si pensi ai danni da dissesto idrogeologico che si costano ogni anno ingenti risorse economiche per gli interventi in emergenza e le opere di risanamento). Solo con una visione di insieme più profonda e una strategia complessiva riuscirà in qualche modo ad invertire la rotta ed impedire di regalare un deserto alle future generazioni che già iniziano ad avere sotto gli occhi il pesante danno che gli abbiamo lasciato in eredità.

28/06/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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