La disuguaglianza propulsiva di Angus Deaton. Intervista a Francesco Schettino

Intervista a Francesco Schettino, ricercatore di economia politica alla Seconda Università di Napoli e redattore della rivista La Contraddizione.


La disuguaglianza propulsiva di Angus Deaton. Intervista a Francesco Schettino

Nell’ultima lezione del corso di Critica al Capitalismo [1], è stato affrontato il tema della circolazione nel modo di produzione capitalistico. Il Capitale dopo aver oggettivato valore all’interno della merce per mezzo della forza lavoro, cioè, detto più brutalmente, dopo aver prodotto le merci sfruttando i lavoratori, deve realizzare questo valore attraverso i prezzi e il plusvalore sotto la forma di profitto mediante lo scambio con la merce denaro.

Questo processo di trasformazione della merce in denaro (la vendita della merce) è soggetto a fenomeni aleatori incontrollabili per lo stesso capitale. È probabile che alcune categorie di merci in determinati periodi storici siano maggiormente o minimamente sensibili alla crisi del capitale e quindi siano più o meno ricercate sul mercato. Quindi lo scambio M-D’ [2] dovrebbe permette al capitale di realizzare il profitto; pertanto, una o più merci invendute implicano un profitto non realizzato*.

Siccome in questo scambio intervengono fattori estremamente complessi ** conoscere la legge esatta che lega le fluttuazioni del consumo individuale con la fase storico-politico-economica è estremamente complesso ma con una certa approssimazione ciò è possibile e i numerosi lavori del neo-premio Nobel all’economia A. Deaton [3][4] ce lo confermano.

Ne parliamo con Francesco Schettino, ricercatore di economia politica alla Seconda Università di Napoli e redattore della rivista La Contraddizione.

di Pasquale Vecchiarelli

Angus Deaton ha ricevuto il premio Nobel in economia. Indubbiamente la sua produzione scientifica è stata di altissimo spessore, ma il filo che lega tutta la sua opera di ricerca sembra essere l’ossessione ai modelli di consumo individuale. Taglio con l’accetta, con tutto il rispetto per Deaton, ma perché dedicare tutto questo tempo a capire se e in che modo la crisi o l’IVA (imposta sul valore aggiunto) sono legate all’aumento o alla riduzione del consumo di caviale o di tonno? Davvero dobbiamo osservare il consumo di uova per capire se c’è disuguaglianza e povertà? Non basterebbe studiare le contraddizioni del capitale.

Prima di tutto è sempre importante tenere a mente che i Nobel per l’economia hanno molto di ideologico – soprattutto per quel che concerne la creatura più fedele alla classe dominante, ossia l’economista: pertanto vien da sé che è una premiazione che può coinvolgere esclusivamente economisti borghesi. Nello specifico, come dici tu, Deaton ha prodotto dei lavori di importanza straordinaria dal punto di vista scientifico fornendo la possibilità concreta di studiare ed analizzare, attraverso le household surveys non già i generici comportamenti di consumo, quanto più le empiriche unità abitative (o individuali o familiari). Su questo bisogna far chiarezza: analizzare i micro dati non significa affatto impostare un discorso “individualista” poiché l’obiettivo è invece quello contrario di utilizzare dati “più reali del re” poiché frutto di dichiarazioni direttamente rilasciate dai lavoratori (in sostanza una vera e propria inchiesta, benché mai di classe) e dalle altre classi sul proprio modo di vivere (e di guadagnare, in forma di profitti o salari) per poi sintetizzarlo statisticamente. Si tratta certamente di dati più affidabili di quelli fiscali o raggruppati da statistiche, che sono, dal mio punto di vista, meno attendibili anche concettualmente come Pil etc. Le contraddizioni del capitale vanno certamente studiate (ma non lo farebbe mai un economista borghese, altrimenti sarebbe sconosciuto, altro che Nobel) ma dai dati su cui lui ha lavorato per una vita è possibile tirar fuori uno spaccato materialisticamente ineccepibile che altrimenti sarebbe sconosciuto.

In altri termini, parliamo del contributo scientifico di Deaton, ad una prima superficiale osservazione sembrerebbe un contributo più utile alla guerra interna tra capitali, utile a scovare il “buon mercato” in tempo di crisi, che ad indagare le cause delle “diseguaglianze” è così?

Questa potrebbe essere una chiave di lettura opportuna. La scienza è al servizio del capitale, che ne siano coscienti i cosiddetti “scienziati” coinvolti nella questione, poco conta. Di certo, ripeto, l’aver permesso (sicuramente involontaria) di mostrare inconfutabilmente che la legge generale dell’accumulazione (accumulazione di miseria e accumulazione di capitale) di Marx non è roba proprio da nulla…

La sua opera “La grande fuga” viene elogiata da destra [5] per l’esaltazione della disuguaglianza e del capitalismo concorrenziale come motore dello sviluppo. Ora se da un certo punto di vista ci sentiamo in dovere di tranquillizzare Deaton sul fatto che nel capitalismo non corriamo certo il rischio di avere l’uguaglianza sostanziale, da un altro punto di vista è utile chiarire una questione : cos’è lo sviluppo di cui parla Deaton?

Beh, di certo se il capitalismo fosse in grado di permettere una uguaglianza sostanziale, probabilmente noi avremmo speso gran parte della nostra vita a parlare e a ragionare su paradigmi errati. Ma siccome così non potrà mai essere, di fatto – al di là del giudizio morale sulla disuguaglianza che piace anche alla asinistra – è assolutamente corretto sostenere che il capitalismo si sviluppa (cioè accumula) solo quando genera miseria ossia quando riduce le condizioni di vita della classe subalterna (e dunque aumenta la disuguaglianza); questione che inevitabilmente poi genera una contraddizione insanabile che è quella della sovrapproduzione, ossia dell’impossibilità di vendere la merce prodotta per assenza di domanda pagante.

Il motore dello “sviluppo” risiede nelle disuguaglianze o al contrario i grandi passaggi rivoluzionari della storia, che hanno segnato il passo in avanti dell’umanità, sono coincisi con l’unità dialettica tra condizioni oggettive di crisi profonde dei modi di produzione e soggettività rivoluzionarie mature e intenzionate proprio ad abbandonare la condizione di sfruttamento e subalternità?

Se parliamo di Deaton, le sue affermazioni sono interne al modo di produzione del capitale (per quanto probabilmente neanche lo riconosca). Pertanto limiterei il discorso al concetto di “sviluppo” del capitale.

La disuguaglianza per superare la disuguaglianza, l’analisi dei consumi individuali in sostituzione dello studio complessivo ed organico della produzione sociale, ma non è che si stanno ribaltando le questioni? Non è che per caso applicando la statistica per capire la storia e la politica si corre il rischio di affermare, con tanto di solennità, che il sole sorge perché il gallo canta?

Lo studio dei dati microeconomici è quello che più precisamente e senza filtri riesce a fornire informazioni su ogni singolo soggetto di un sistema economico, aziende comprese. Pertanto non è un problema di strumento statistico, bensì di mancanza di conoscenza concettuale e categoriale di ciò che è l’economia e di come funziona nel modo di produzione attuale.

NOTE

*La mancata realizzazione del profitto è immediata su quello specifico settore ma in ultima istanza si riversa su tutto il capitale.

** come ad esempio le variazioni del salario reale in tutte le sue forme (diretto, indiretto, differito) , dell’occupazione ma anche di comportamenti sociali.

[1]Critica al Capitalismo seminario dell’Università Popolare A. Gramsci anno accademico 2015/2016

[2] Il Capitale, Karl Marx

[3] Deaton, Angus; ,Panel data from time series of cross-sections, Journal of econometrics, 30, 1, 109-126, 1985, North-Holland

[4] Deaton, Angus; The analysis of household surveys: a microeconometric approach to development policy, 1997, World Bank Publications

[5] http://www.ilfoglio.it/economia/2015/10/12/nobel-economia-angus-deaton-viva-la-diseguaglianza___1-v-133776-rubriche_c242.htm

30/10/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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