Contro le politiche “attive” del lavoro del Governo Renzi (tra cui l’ipocrita “contratto di ricollocazione”) che non producono nessuna reale occupazione, ma soltanto profitti per le agenzie private, scendono in piazza i disoccupati per far sentire con forza la loro indignazione e la loro volontà di lotta. Il primo appuntamento è per il 9 novembre a Porta Futuro nel quartiere romano di Testaccio.
di Giulia Pezzella
Il 9 novembre mattina, dalle undici in poi, il Coordinamento disoccupati e precari organizzati ha indetto una conferenza stampa dinamica – questo potrebbe essere il termine corretto per definire quello che hanno in mente di fare – negli spazi limitrofi a Porta Futuro, la scintillante e avveniristica struttura inaugurata nel quartiere romano di Testaccio grazie ai finanziamenti della provincia di Roma nel 2011, pensata “per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.
L’obiettivo dell’iniziativa è di lanciare una campagna di mobilitazione per denunciare che il nuovo “contratto di ricollocazione” e più in generale le nuove politiche per il lavoro pensate dal governo Renzi per i disoccupati - come già dimostrano i dati di Garanzia giovani - non producono occupazione ma solo profitti per le agenzie private e ulteriore avvilimento per quelli che dovrebbero esserne i beneficiari.
Contratto di ricollocazione? Che cos’è, si chiederà timidamente qualcuno, pensando di fare la solita figura di quello che non segue il dibattito come si dovrebbe. No, no, tranquillo. È un’iniziativa che sta passando in sordina, per il momento, essendo uno dei tentacoli del Jobs Act che andava un minimo testato per poi essere lanciato e promosso su tutto il territorio nazionale con rulli di tamburo.
Allora, procediamo con ordine. La Regione Lazio ha aperto il bando del “contratto di ricollocazione” destinato ai disoccupati di lunga durata, cioè a coloro che hanno più di 30 anni e un’anzianità di iscrizione ai Centri per l’Impiego superiore ai 12 mesi, per soli 10 giorni (dal 30 settembre al 9 ottobre). Un progetto pilota per selezionare i primi 2000 che potranno sperimentare il fantastico mondo delle politiche attive per il lavoro ideato dal governo. Duemila per tutto il territorio regionale, su oltre 300.000 disoccupati dichiarati: forse è anche per questo che hanno cercato di far passare il bando in sordina, cercando di contenere i numeri, magari per poter dire che poi, in fondo, il numero di persone che cercano il lavoro non è così elevato e se il lavoro non lo trovano… è colpa loro che non lo cercano! A Roma, l’unica campagna di diffusione delle informazioni è stata promossa dal Coordinamento disoccupati e precari organizzati, di cui fanno parte Cinecittà bene comune, Collettivo Militant, CSOA Corto Circuito, CSOA Spartaco, Liste dei disoccupati VII Municipio, gli Sportelli Popolari di Rifondazione Comunista e USB.
Il percorso proposto prevede la sottoscrizione del “Contratto di ricollocazione” tra il disoccupato, un Centro per l’Impiego e un’agenzia di ricerca del lavoro tra quelle che si sono accreditate presso la Regione Lazio; il selezionato sceglierà se vuole intraprendere un percorso finalizzato al lavoro autonomo o a quello subordinato e verrà “accompagnato” nel raggiungimento dell’obiettivo, eventualmente anche con una formazione mirata. Ma soprattutto, verrà “profilato” e sulla base del risultato ottenuto riceverà delle proposte “congrue” che sarà costretto ad accettare, altrimenti è espulso dal programma. È interessante la definizione di congruità dell’offerta: distanza (non più di 50 km e comunque non oltre gli 80 minuti di trasferimento con i servizi pubblici), retribuzione (se si ha un ammortizzatore sociale deve essere superiore almeno del 20% lordo, ma la domanda sorge spontanea: e se non si guadagna niente?), aspirazioni e capacità professionali, anzianità di disoccupazione e, dulcis in fundo, “condizioni effettive del mercato del lavoro”. È chiaro dov’è la fregatura? Quello che c’è, c’è. È inutile discutere!
Il Jobs Act, dunque, conferma la sua natura inquietante e il perseguimento di un unico obiettivo: lasciare i lavoratori in balia del capitale, dividendoli e rendendoli sempre più ricattabili, e allo stesso tempo cercare di svilirli in ogni modo. In prospettiva, e velocemente, diventeranno tutti bassa manovalanza a ore, convinti di non poter aspirare a nulla di diverso.
Come i suoi tentacoli avvinghiano chi il lavoro lo sta cercando è la sorpresa di questo ultimo periodo e le parole chiave sono fondamentalmente due: politica attiva e contratto (o assegno) di ricollocazione. Due locuzioni tipicamente renziane: fanno pensare a una cosa e invece sono un'altra, giocando abilmente sull'immaginario collettivo (attiva fa pensare a partecipata, contratto/assegno ai soldi). La disoccupazione diventa un affare per le agenzie interinali private (i Centri per l'Impiego - citati nell'impianto attuativo della legge - sono più il passacarte di turno che altro: potrebbero essere loro attivi, potrebbero, ma... ), il “contratto di ricollocazione” uno strumento per monetizzare il valore della merce (per ogni disoccupato riciclato da qualche parte, scatterà un bonus variabile, in base alla sua appetibilità per il mercato, alla struttura privata che lo gestisce) e per risparmiare sugli ammortizzatori sociali, perché se si ha l’ASpI (la mini ASpI o la Naspi o come accidenti la vogliono chiamare, in parole povere il sostegno Inps a chi ha perso il lavoro) si avrà l’obbligo di sottoscrivere il contratto di ricollocazione e se non si accetta la proposta “congrua”… puf! svanisce tutto!
Ritorniamo, dunque, al punto di partenza: il 9 novembre saranno passati i 30 giorni previsti per l’uscita delle graduatorie. Per questo l’appuntamento è per quel giorno: la carica dei disoccupati si presenterà per rendere pubblico il suo punto di vista, le sue proposte e il suo disgusto per come il governo Renzi affronta il problema della disoccupazione e per come la Regione Lazio si è prestata nella sperimentazione di un sistema che non genera lavoro, ma sprechi e profitti per pochi.
Non restare solo, uniamo le forze.