La propaganda del governo attribuisce al Jobs act effetti positivi sul calo della disoccupazione e della cassa integrazione. Mentre il presidente del Consiglio, con solita baldanza, chiama in causa “i nostri amici gufi” per tessere le lodi del Jobs act, il commento del dicastero retto da Poletti risulta più sobrio, ma non meno inutilmente speranzoso, mendace e ipocrita di quello di Renzi. In realtà gli effetti del Jobs act si mostrano fallimentari.
di Carmine Tomeo
“I dati sui contratti di lavoro” diffusi dall’Inps, evidenziano “a febbraio 2016, un rallentamento complessivo delle assunzioni”, si legge in una nota del Ministero del Lavoro, che specifica come “la flessione può spiegarsi, essenzialmente, con la riduzione dei contratti a tempo indeterminato”. Interessante notare che secondo lo stesso ministero, questo rallentamento “era prevedibile” perché “il boom dei contratti a tempo indeterminato” di dicembre 2015 ha assorbito “assunzioni normalmente previste per i mesi successivi”. Motivo: lo scorso dicembre era l’ultimo mese “in cui si poteva usufruire dell'esonero contributivo triennale pieno”. E sembra di leggere tra le righe qualcosa che somiglia ad una ammissione circa il fatto che in questi mesi il mercato del lavoro è stato drogato dai lauti sgravi fiscali di cui le aziende hanno potuto godere.
La sostanza della questione, che gli “amici gufi” sottolineano da tempo, sta qui. Ed una lettura complessiva dei dati diffusi dagli osservatori dell’Inps e dall’Istat, dimostrano che nonostante il Ministero del Lavoro continui a sostenere che quanto fatto finora “è stato un vantaggio anche per i lavoratori” e che comunque “I dati confermano l'effetto positivo determinato sul mercato del lavoro dalle nuove regole introdotte dal Jobs Act e dal meccanismo della decontribuzione”, quella dell’occupazione è una questione che tende aggravarsi.
Partiamo dai dati relativi alla Cassa integrazione. L’Inps ha registrato una sensibile diminuzione complessiva delle ore di cassa integrazione autorizzate, che è stato pari a 52,3 milioni, in diminuzione del 15,3% rispetto allo stesso mese del 2015 (61,8 milioni). Effetto delle nuove regole sul lavoro emanato dal governo Renzi? Sì, ma non nel senso di un miglioramento della situazione. Quella riduzione, infatti, riguarda solo le ore autorizzate di cassa integrazione, le cui richieste sono state bloccate dopo l’entrata in vigore del Jobs act. L’Inps ammette che ad oggi il numero di ore autorizzate di Cigo risente ancora di quel blocco autorizzativo. Effetto Jobs act!
Sul fronte disoccupazione non va molto meglio. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat stimano a febbraio 97mila occupati in meno. Questo calo, guarda caso, lo si registra dopo la forte crescita registrata a gennaio, che, afferma l’Istat, è “presumibilmente associata al meccanismo di incentivi introdotto dalla legge di stabilità 2015”. Effetti dei provvedimenti del governo, che ha regalato miliardi di euro alle imprese, pagati dagli stessi lavoratori, molti dei quali perdono il posto di lavoro quando i regali alle imprese finiscono. Effetto Jobs act!
Eppure il segretario del Pd e presidente del Consiglio, parla di “buoni dati sulla disoccupazione”, facendo riferimento alle domande di disoccupazione “scese in un anno del 22,7%”. Renzi non vede l’effetto boomerang del Jobs act e della decontribuzione per le imprese e sostiene che “nei primi due mesi del 2016 (quelli in cui si sarebbe registrata la crisi del JobsAct per i nostri amici gufi) le domande di disoccupazione sono scese del 28,6%”. Ma allora, cosa sta raccontando Renzi? Come al solito, solo una parte della realtà: quella che serve a costruire la narrazione del suo governo, che i fatti continuano inesorabilmente a smentire.
In questi primi mesi del 2016, e sempre stando ai dati Inps, si è registrato un calo netto dei contratti attivati rispetto ad un anno fa (-17% a gennaio e -12% a febbraio), soprattutto per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato (con una diminuzione di oltre il 30%). È invece aumentato ancora a dismisura l’utilizzo dei voucher per il pagamento del lavoro accessorio (+45% rispetto a febbraio 2015). Questo dato potrebbe essere un indicatore anche del calo delle domande di disoccupazione, dal momento che il lavoro accessorio non dà diritto ad alcuna prestazione a sostegno del reddito erogato dall'INPS, quindi nemmeno all’assegno di disoccupazione per il quale risulterebbe del tutto inutile fare domanda. E poi bisogna considerare che il Decreto 150 entrato in vigore lo scorso settembre in attuazione del Jobs act, ha abrogato l’istituto della “conservazione” dello stato di disoccupazione. Significa che da settembre 2015, per effetto di quel decreto attuativo del Jobs act, quelle persone che nell’anno solare hanno svolto un lavoro dipendente percependo un reddito lordo non superiore a 8.000 euro o autonomo con reddito non superiore a 4.800 euro, non conservano lo stato di lavoratore disoccupato, ma sono considerati, pertanto, occupati. Effetto Jobs act! Del Jobs, quindi, si è avvantaggiato solo il padronato, a cui sono stati concessi strumenti per esercitare un più forte ricatto su chi lavora ed una decontribuzione pagata dai lavoratori, che invece sono stati gettati in una condizione di crescente insicurezza. Effetto Jobs act!