Il complesso del Vittoriano accoglie le mostre di Fan Zeng (30 Giugno 27 Settembre 2015) e di Yuri Kalyuta (23 Luglio 15 Settembre 2015). I due artisti contemporanei, rispettivamente provenienti dalla Cina e dall'Ucraina, seppur con notevoli differenze, mostrano un evidente punto di contatto tra il mondo orientale e quello occidentale e operano affinché venga oltrepassato il limite del pregiudizio che tende a dividere queste due realtà troppo spesso in conflitto.
di Federica Orlandi
In una caldissima estate romana è certamente piacevole recarsi in un luogo fresco e, al contempo, lontano dalla frenesia dei centri commerciali e dei soliti pub. Dunque, per gli appassionati d'arte, la soluzione potrebbe coincidere con le mostre accolte dal complesso del Vittoriano, peraltro gratuite. La mostra di Fan Zeng dal titolo "La sinfonia delle civiltà", esposta nella sala Verdi, è curata da Louis Godart e ospita più di ottanta opere che rendono omaggio alla trentennale attività artistica di uno dei più significativi pittori cinesi viventi. D'altra parte, la mostra di Yuri Kalyuta dal titolo "Rosso su rosso", esposta nel salone centrale, è curata da Semyon Mikhailovsky ed ospita sessanta opere tra olii e pastelli che mettono in evidenza l'attività artistica di uno dei più affermati pittori contemporanei ucraini, appartenente al mondo accademico russo.
Le opere presentate da "La sinfonia delle civiltà" si differenziano significativamente da quelle di "Rosso su rosso", poiché molto diverse sono le celebri personalità che le hanno composte. In Fan Zeng e, più specificamente, nelle sue tele a inchiostro su carta, si nota un particolare gusto per gli spazi aperti e, dunque, per tutto ciò che ha a che fare con la natura (intesa da Zeng come l'equivalente della bellezza). Il Maestro, in parte legato alla tradizione della filosofia Zen e alla ricerca del Tao, aspira a un'esperienza diretta della realtà che vada oltre i limiti dell’intelletto. Tale esperienza sembra concretizzarsi nella natura, talvolta decisamente dinamica, che occupa un posto predominante nelle tele del pittore e calligrafo Zeng. D'altra parte, nei suoi olii su tela, Yuri Kalyuta ci si presenta come il rappresentante di una notevole tradizione di ritratti che dà, al contempo, spazio alla più profonda reinterpretazione personale di tale tradizione.
Proprio perché predilige la ritrattistica, l'artista utilizza anche e soprattutto ambienti chiusi come sfondo delle proprie opere. Un chiaro esempio è dato dall'Olimpia, che inevitabilmente rinvia ai modelli classici dell'Olympia dell'impressionista Édouard Manet e, andando a ritroso nel tempo, a La Venere di Urbino di Tiziano oppure a La maja desnuda di Francisco Goya. In tale opera, infatti, la fanciulla dalla carnagione candida è coricata su un letto in una posizione che tende ad accrescere la tensione sensuale, alimentata, inoltre, dal cuscino di colore rosso che non è portatore di una astratta simbologia, tanto meno un semplice dettaglio, bensì è l'elemento che conferisce carnalità ed erotismo al dipinto. Si ha, in questo caso, un primo riscontro di un concreto contatto tra la cultura orientale e quella occidentale.
Kalyuta, infatti, adotta un vivido cromatismo: un cromatismo che lo avvicina, almeno in parte, a pittori occidentali come l'Henri Matisse de "I pesci rossi" (1911), Diego Velázquez e, come si è già sottolineato in precedenza, Édouard Manet. Le pennellate rapide, quasi frenetiche, potrebbero inoltre indurre lo spettatore attento a un ulteriore paragone: quello con le prime avanguardie storiche del movimento Die Brücke e, nello specifico, con Ernest Ludwig Kirchner e Ludwig Meidner. Dunque, ancora una volta il pittore ucraino stabilisce un rapporto fra la tradizione orientale a cui appartiene e l'Occidente, in questo caso specifico con la Germania del periodo precedente allo scoppio della prima guerra imperialistica mondiale. Per gli artisti della Die Brücke le linee spezzate e frenetiche servivano a mettere in risalto la costante inquietudine di un soggetto alienato all'interno di una grande metropoli di cui non si sente parte integrante. Anche per Kalyuta le pennellate veloci sembrano essere sintomo di sofferenza, di una velata malinconia che emerge negli olii di tutte le sale, o quasi. La malinconia svanisce pian piano, lasciando spazio alla contemplazione del bello paesaggistico in opere come Parigi. Notte a Montmartre, Venezia. Sera d'argento, Firenze, Italia. Miracolo Pisano, Roma. Colosseo, opere che, come si intuisce dai titoli, hanno come protagoniste alcune città occidentali.
E proprio a questo incontro tra culture differenti si riferisce, esemplarmente, l’esposizione dedicata a Fan Zeng. La mostra "La sinfonia delle civiltà", infatti, presenta un'area dedicata ad alcuni soggetti che hanno contribuito alla formazione della tradizione culturale italiana. Ascendendo al Paradiso (Dante e Beatrice), ad esempio, è un'opera con cui Zeng rende omaggio a uno dei più illustri poeti della letteratura italiana e alla sua opera più famosa. Zeng si dimostra buon intenditore e conoscitore dell'arte italiana e, secondo i canoni, confeziona un'opera in cui si vede chiaramente la sicurezza e la temerarietà con cui Beatrice conduce Dante verso l'Empireo, così che il poeta possa godere della visione di Dio e della perfetta armonia che, comunque, risulta essere una costante dell'ultima Cantica. Zeng si cimenta inoltre in ritratti di spiccate personalità quali Michelangelo o Marco Polo; il veneziano Marco Polo che insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo giunse in Cina (Catai) percorrendo la via della seta e che, ancora una volta, sottolinea il legame tra la Cina e l'Italia, rafforzatosi a partire dal 1970, ovvero dall'anno in cui l'Italia si decise infine a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese.
Dunque, in queste due mostre non si perde l'occasione per evidenziare le analogie o semplicemente i punti di contatto tra due mondi che possono e dovrebbero essere complementari. La comunicazione tra soggetti diversi può dar vita a una meravigliosa armonia e Zeng propone questo messaggio in tutte le sue opere. Basti pensare a tutte le tele in cui Zeng raffigura il vecchio e il bambino. Il vecchio, personificazione della saggezza è anche, di solito, più conservatore rispetto a un giovane che invece è personificazione del coraggio e dell'intraprendenza e che è, o dovrebbe essere, aperto alla modernità, all'evoluzione e al progresso. In queste opere il vecchio ed il bambino sembrano completarsi, sembrano convivere in armonia, pur appartenendo a generazioni differenti. Dunque, il titolo della mostra, già di per sé lascia intendere quale sia il messaggio fondamentale che intende recapitare a un pubblico più o meno vasto: la diversità e il mix di civiltà producono una sinfonia, una sinfonia che, come ci insegna la storia della musica, sa essere perfetta.
Preme sottolineare, tuttavia, che sarebbe necessario anche, anzi soprattutto, un maggior sforzo di avvicinamento agli orientali da parte degli occidentali. "Si tratta di una razza subalterna, cui giova essere governata da una razza che la conosce e che sa ciò che per essa è bene meglio ancora di quanto lo sappia essa stessa." Questo è quanto Edward W. Said scrive in Orientalismo, con tagliente sarcasmo, per far intendere quanto, tropo spesso, gli occidentali abbiano mostrato o mostrino la propria superbia ma soprattutto il proprio senso di superiorità nei confronti di un Oriente di cui parlano per sommi capi, per generalizzazioni, per stereotipi. Spesso gli occidentali presumono di sapere anche ciò che non conoscono di quel mondo poiché, sostiene ancora Said, "Possedere la conoscenza di un ente di questo tipo equivale a possedere l'ente stesso, a dominarlo, ad avere su di esso piena autorità. E avere autorità significa negargli l'autonomia". Non è mai giusto far di tutta l'erba un fascio e identificare un popolo o una cultura mediante una sola caratteristica, azione, personalità. Tutto l’Oriente islamico, ad esempio, non può essere identificato con il fondamentalismo, così come l'Occidente non può essere identificato con il colonialismo e l’imperialismo.
Non bisogna dimenticare, a proposito di questi due mondi, che è l'uomo ad aver deciso che esiste un Oriente e un Occidente. La tattica del "divide et impera" ha sempre giovato ai ceti dominanti, ha sempre permesso loro di esercitare uno sfrenato imperio e gli ha dato la possibilità di cancellare ogni forma di autonomia dei subalterni, di coloro che, fino a quel momento, non erano riusciti a prendere coscienza di sé. Un mondo diviso dall'odio, dalle guerre, dai pregiudizi di razza, dalla paura del diverso, è un mondo che si può governare con più facilità, in modo quasi indisturbato ed è esattamente ciò che nessun subalterno dovrebbe più tollerare. Con la speranza che ci viene trasmessa dall'arte, ma anche con una forte dose di concretezza e di materialismo storico, si deve comprendere l'importanza di essere cittadini non di una piccola patria, bensì del mondo intero.