Organizzato dalla associazione Jugocoord Onlus e dalla rivista di storia critica Historia magistra, si è tenuto il giorno sabato 10 febbraio 2018 a Torino, presso il caffé Basaglia, il convegno nazionale: giorno del ricordo, un bilancio. Il Convegno è stato coronato da un lusinghiero successo, date le numerose qualificate adesioni ed il centinaio di partecipanti, l'alto livello delle relazioni scientifiche presentate ma soprattutto il risultato politico, concretizzato nei saluti, tra gli altri, del vicesindaco Montanari, presente in sala con un assessore, e della presidente nazionale dell'ANPI Carla Nespolo.
Tutte le informazioni ed i materiali disponibili (inclusi l'annuncio, l'elenco delle adesioni, la locandina, fotografie, programma definitivo, alcune note sulla disinformazione preventiva scatenata attorno al Convegno che ha determinato indisponibilità della sala inizialmente prenotata, e una Rassegna stampa) sono disponibili qui.
Nel seguito ci limitiamo a riportare la Replica di relatori e organizzatori del Convegno alle gravissime dichiarazioni rilasciate dal presidente della Repubblica Mattarella proprio in occasione del "Giorno del Ricordo"
I partecipanti e gli organizzatori del convegno “Giorno del ricordo. Un bilancio”, tenutosi a Torino, hanno preso atto del comunicato del Presidente della Repubblica, sulla ricorrenza del 10 febbraio, inserita, con legge del Parlamento del marzo 2004, nel calendario delle feste civili della Repubblica.
Le parole del massimo rappresentante dello Stato lasciano sgomenti, in quanto non sono altro che una riproposizione degli elementi portanti della propaganda revanscista e persino neofascista. Accanto al vago riconoscimento “della durissima occupazione nazi-fascista di queste terre”, il presidente Mattarella addita ancora una volta alla pubblica ignominia il “comunismo titino”, mostrando una inaccettabile ignoranza dei fatti storici (ci limitiamo per esempio a far notare che a fianco delle formazioni partigiane jugoslave erano combattenti di ogni nazionalità e i loro nemici, prima ancora che gli italiani o i nazisti tedeschi, furono soprattutto croati “ustascia”, sloveni “domobrani”, serbi “cetnizi”, albanesi “balisti”) e accodandosi a uno sciagurato uso politico della storia: una storia manipolata, riscritta, e “adattata” ad usum.
I risultati del nostro convegno, al contrario, confermano, una volta di più, che quella delle “foibe” è una vera e propria operazione politico-culturale, sancita dalla istituzione della legge n. 92/2004, che ha contribuito a creare o consolidare un senso comune anticomunista, e anti-antifascista, volto a favorire una memoria contraffatta. In essa, invece di una necessaria, indispensabile, sebbene tardiva assunzione di responsabilità del Paese, si è propalata ancora una volta l’auto-assolutoria idea della innocenza degli “italiani brava gente”. Dal capo dello Stato ci saremmo aspettati ben altra cautela, tanto più in una fase storico-politica che vede un sempre più invadente e pericoloso ritorno del fascismo (più che del “nazionalismo”, come prudentemente scrive Mattarella).
Sebbene emarginati, e spesso impediti di parlare, ostacolati nella stessa attività di ricerca, gli studiosi e le studiose, oggi presenti a Torino, assieme agli organizzatori e a coloro che ci hanno testimoniato la loro vicinanza e solidarietà si impegnano a continuare il proprio lavoro, con lo studio, la testimonianza, la divulgazione. E la lotta.