Formazione storica brasiliana - terza parte: l'espansione coloniale

Analizziamo in questa puntata l'espansione coloniale nell'interno del Brasile tra il XVII e il XVIII secolo, e la “caccia all'oro”.


Formazione storica brasiliana - terza parte: l'espansione coloniale

Segue dalla seconda parte.

Diamo seguito alla nostra pubblicazione sullo sviluppo storico del Brasile attraverso l'analisi di Nelson Werneck Sodrè, da cui prendiamo i concetti fondamentali cercando di attualizzarli, aggiungendo alcune note esplicative della situazione brasiliana che stiamo descrivendo.

L'espansione della colonia di Sao Vicente, nel litorale paulista, rimase per molto tempo ignorata a causa del suo scarso rendimento. Differentemente da altre colonie, quella vicentina aveva un'economia con uno sviluppo prettamente locale e non internazionale. L'economia vicentina si caratterizzava infatti in questa fase per la piccola produzione ad uso domestico (non destinato all'esportazione come le grandi piantagioni), la separazione progressiva dalla corona portoghese e il conflitto con l'elemento religioso (nello specifico con i missionari cattolici).

I coloni vicentini decisero di spostarsi verso l'entroterra, permettendo il clima paulista questa possibilità, e di sviluppare un mercato interno a partire dall'industria dolciaria, con lo zucchero come materia prima principale. Tale spostamento permetteva l'allontanarsi dal nemico ma anche dal commercio: ne risultò una colonizzazione di “popolamento”, pressoché priva di scambi con l'esterno. Questa comunità paulista collaborò con gli indios invece di combatterli, il che la differenziò dalla maggioranza delle colonie portoghesi; gli indios di fatto erano parte della “forza-lavoro” locale, praticamente al pari dei coloni, anche a causa dell'impossibilità di fare arrivare nell'interno del paese schiavi dall'Africa. I colonizzatori di Sao Vicente, infatti, parteciparono della guerra contro i francesi, utilizzando gli indios come massa dell'esercito. Anche le condizioni di produzione erano differenti dalle altre colonie portoghesi: piccola proprietà e piccola produzione invece di produzione su larga scala.

Tra i problemi principali che sorsero in questo periodo ci fu la decisione di catechizzare gli indios presa dai colonizzatori portoghesi, in accordo con i missionari. Il problema era capire chi avrebbe tratto beneficio del lavoro degli indios convertiti, ne seguì l'espulsione dei missionari da parte dei colonizzatori. Questo perché sia colonizzatori che missionari volevano controllare gli indios e, diversamente dalla schiavizzazione dei neri africani che non erano ritenuti nemmeno dalla Chiesa esseri umani, gli indios costituivano una riserva importante di possibili “fedeli” in un'epoca in cui la Riforma protestante ne stava portando via tanti alla Chiesa cattolica.

La situazione di relativa tranquillità cambiò con il conflitto tra portoghesi e olandesi. Per poter avere accesso agli schiavi africani era necessario infatti controllare la costa. La difficoltà dell'approvvigionamento di schiavi portarono i colonizzatori di San Paolo a diventare cacciatori di schiavi indigeni. L'obiettivo di questi “cacciatori” erano le missioni religiose, da cui erano sottratti gli schiavi, ossia gli indigeni “convertiti”. Con la pace tra portoghesi e olandesi del 1640 l'attività dei cacciatori di schiavi divenne superflua e i coloni cominciarono a espandersi in direzione Sud, verso le miniere. Nonostante queste “attività” gli abitanti di San Paolo si trovavano in condizioni di perenne povertà, l'attività commerciale era scarsa, e si produceva soprattutto per la sussistenza.

Data la povertà dell'economia anche l'attività politica era povera: i rappresentanti della camera municipale spesso non avevano un luogo adeguato dove riunirsi, gli stessi immobili avevano scarsissimo valore commerciale.

Allo stesso tempo cominciava la famosa “conquista del sertao” (aree semi-aride nel Nord-Est del paese) e la fase della pastorizia che ebbe tre fasi: vicinanza, coesistenza e separazione tra attività agricola e pastorizia. La terza fase è quella più importante: attività agricola e pastorizia si dividono il lavoro e scambiano l'eccedente tra i lavoratori dei due distinti settori. Va considerato peraltro che l'attività della pastorizia non era sottomessa all'imposta coloniale, il che ne faceva un campo relativamente “libero” di sviluppo. Lo sviluppo dei pascoli superò la necessità di sussistenza e in assenza di un potere pubblico che regolasse le dispute, la violenza aumentò in modo considerevole. L'economia mineraria viveva uno sviluppo parallelo a quella agricola e pastorizia nel Nord-est.

Va sottolineato, poi, che nel 1621 la colonia fu divisa in 2 parti: il Nord e il Nord-est furono separati dal resto del paese, che arrivava fino all'attuale Stato di San Paolo. La necessità di controllare il territorio dell'attuale stato del Maranhao deriva dall'esigenza della lotta contro gli altri paesi (principalmente Olanda e Francia) e dal controllo dell'espansione aurifera. Così cominciarono le lotte per espellere gli stranieri (olandesi, francesi e inglesi che si erano installati in alcuni punti dell'attuale Stato di Rio Grande do Norte) dal territorio brasiliano.

Cominciava al contempo anche l'esplorazione dell'Amazzonia, inospitale ma piena ancora oggi di grande risorse naturali [1]. I colonizzatori utilizzarono inizialmente gli indios come guide e costruirono una fiorente economia di raccolta (frutta, legna) utilizzando il corso dei fiumi amazzonici. Questi tratti specifici durarono molto tempo a causa delle particolari condizioni climatiche e ambientali. Per poter sfruttare queste aree era necessaria la conoscenza indigena del territorio ma molto spesso i colonizzatori invece di collaborare con gli indios decisero di sterminarli. Nell'attuale Stato dell'Amazzonia i missionari riuscirono invece a utilizzare il lavoro degli indios, impiegati nella coltivazione delle spezie, permettendo il ritorno dei portoghesi a questo commercio, dopo la loro espulsione per opera degli olandesi dai mercati orientali.

Le missioni religiose in Amazzonia ebbero un ruolo fondamentale nella trasformazione degli indios in servi della gleba, vincolati alla terra e con retribuzione in natura, visto che formalmente “liberi” il prodotto del loro lavoro era preso dal direttore della missione, che ne restituiva una parte necessaria per la sua sussistenza all'indio. Nonostante la situazione fosse simile tra Maranhao e Amazzonia la soluzione non fu la stessa. L'espulsione dei gesuiti dal Maranhao derivò dall'evoluzione dell'economia di questa regione verso lo schiavismo tipico delle piantagioni di canna da zucchero.

Lo sviluppo di quest'area si diede solo con il termine dei conflitti con l'inizio del ciclo del cotone, che permise a quest'area di prosperare a lungo. L'espansione dell'oro in Brasile cominciò nel XVII secolo ma ebbe un impulso fondamentale nel XVIII, nel periodo in cui l'Inghilterra cominciava a prendere l'egemonia del processo economico. Lo zucchero nel frattempo cessa di essere monopolio portoghese, il che crea un periodo di stagnazione economica. Il declino dello zucchero come prodotto di esportazione produce dunque la ricerca di nuove merci. L'economia mineraria diventa dunque la soluzione a questo problema. Le prime esplorazioni sono molto semplici e il bacino si prosciuga rapidamente. La crisi dello zucchero produsse un trasferimento ingente di risorse e uomini verso l'attuale Stato di Minas Gerais. La popolazione in poco tempo decuplicò, nonostante i tentativi delle autorità di contenerne l'aumento. Il valore delle terre dipendeva dal tempo di sfruttamento minerario possibile, non dal loro essere o meno coltivabili.

Le necessità di questa economia conducono a un aumento crescente del numero degli schiavi e del loro valore; allo stesso tempo gli schiavi conquistano una relativa autonomia nel lavoro che condurrà successivamente al passaggio dall'economia schiavistica a quella feudale. Questa economia mineraria peraltro permetteva buoni risultati con uno scarso investimento iniziale, permettendo così l'arricchimento rapido di molti “cacciatori di fortuna”. In ogni caso il numero dei lavoratori formalmente liberi aumenta progressivamente, determinando lo sviluppo di una nuova società.

L'aumento dei prezzi produsse conseguenze importanti. Si creano nuove ricchezze e nuovi bisogni. L'economia brasiliana che in origine era solo esportatrice ha la possibilità di diventare ora anche consumatrice di merci, proprio attraverso il boom dell'oro.

Anche la capitale della colonia si sposta, da Salvador de Bahia a Rio de Janeiro e l'apparato amministrativo aumenta in modo considerevole. È nell'economia e nelle relazioni di produzione che è possibile trovare per Sodrè il passaggio dal feudalesimo al capitalismo [2]. Nel secondo la produzione determina la circolazione e non il contrario. Per il passaggio dall'uno all'altro fu fondamentale l'accumulazione derivante dalla vendita dei minerali. Se lo sviluppo minerario nelle colonie spagnole si diede in una fase pre-capitalistica, quello in Brasile si diede già nella fase di sviluppo del capitalismo a livello internazionale. Questa disponibilità permise il passaggio dal capitalismo mercantile a quello industriale. Nel frattempo nel 1703 inglesi e portoghesi stipulavano il trattato di Metheun, che regolava gli scambi tra loro con un accordo di reciprocità sulle esportazioni.

Anche nel Sud del paese cominciava nel frattempo la colonizzazione. Le prime colonie furono Sacramento e Sao Francisco. La zona del fiume Rio Grande rimase a lungo tempo pressoché isolata a causa delle difficoltà del trasporto terrestre. Quest'area, inizialmente destinata alla piccola proprietà terriera e ai piccoli allevamenti cominciò ad impoverirsi nel momento in cui le necessità dell'economia mineraria condussero alla crisi degli allevamenti perché gli animali servivano per il trasporto dei metalli preziosi.


Note:

[1] La decisione su chi debba controllare l'Amazzonia, se il popolo brasiliano o la comunità internazionale, attraverso le ONG, rimette al dibattito su quella che Sodrè chiamava servitù ecologica, ossia il controllo dell'imperialismo su queste zone, ricchissime di risorse, con la scusa di “salvaguardare” le specie animali e non solo

[2] Questo passaggio sarà approfondito nel corso delle prossime puntate. Sodrè coniò a tal proposito il concetto di “contemporaneità del non contemporaneo”, ossia in Brasile convivono e hanno convissuto vari sistemi economici (schiavismo, feudalesimo, capitalismo). Solo per fare un esempio oggi nell'agricoltura brasiliana convivono: lavoratori salariati, mezzadri e lavoratori che si trovano in condizioni di schiavitù.

13/01/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Matteo Bifone

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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