EKATERINA *
C’è un fiume in Russia,
in Russia non ci sono torrenti
ma solo fiumi più o meno maestosi,
uno dei tanti
che a primavera
sciolgono le acque
e vicino un villaggio di isbe
uno dei tanti
sperduti tra le betulle ed il grano.
L’aria lì è limpida
come il ghiaccio
azzurra come gli occhi delle ragazze
fresca come le risa dei bambini.
Un giorno, ormai lontano nel tempo,
ma ancora scolpito nel cielo
vi arrivarono soldati teutonici,
me ne parlava un’amica
figlia di un fante italiano
chi si trovò pure sul luogo.
Le isbe furono svuotate
tutti condotti al fiume
dove il lieve rumore delle acque
fu inghiottito da quello delle armi.
Il fiume si colorò di fuoco:
le fiamme uscivano dai corpi
ma non fu la vergogna a segnarlo:
un altro fiume si versò in quelle acque
che tutte le lacrime della madre Russia
non sarebbero bastate a mutarne il colore.
Solo una ragazza si salvò:
una splendida ragazza
figlia di quell’aria e quel cielo
nascosta nel retro di un camion
da quei soldati italiani.
Ma il destino le fu avverso:
anche a lei attese la stessa sorte
che aveva spazzato il villaggio
più del burian a gennaio,
scoperta, giacque anche lei tra quei morti.
La trovarono il mattino
sullo stesso greto di sabbia
con lo sgomento nel cuore.
Chi visse quei fatti
ne divenne quasi pazzo
rimosse i ricordi.
Solo quello di quell’ultimo corpo
martoriato ed offeso
riemergeva ogni tanto
dentro i sogni, le notti.
* Il nome della ragazza è ipotetico.
Nota dell’autore:
Non vorrei essere frainteso: la poesia non vuole affermare che tutti i teutonici sono cattivi e tutti gli italici buoni. Basti pensare a quello che facemmo con il generale Graziani in Libia ed Etiopia. La poesia vuole essere semplicemente la rievocazione di un fatto accaduto, la fotografia di un momento di umano delirio da un lato e di partecipazione a un immenso dolore dall’altro, indipendentemente dalla nazionalità dei protagonisti
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