La democrazia nasce nell’antica Grecia quando si produce una spaccatura nell’oligarchia dominante e la componente illuminata degli aristocratici si schiera dalla parte delle classi commerciali emergenti, estendendo i diritti politici a tutti i maschi nati ad Atene maggiorenni non ridotti nello stato di schiavitù e non parte delle masse più deboli del proletariato impiegato principalmente nelle miniere. Rispetto alle società precedenti si tratta di un fondamentale risultato, di un decisivo progresso storico, con il quale il numero dei cittadini, degli individui liberi e in grado di contribuire a decidere attivamente del proprio destino è sensibilmente aumentato. Il termine democrazia – che si contrappone a oligarchia – indica il potere, la forza, il dominio dei demos, cioè dei quartieri popolari di Atene. Dunque la democrazia nel mondo antico si definisce in contrapposizione a oligarchia, come potere e governo dei meno ricchi, quindi della maggioranza, di contro al governo dei più ricchi, cioè della minoranza. Si trattava, beninteso, di una minoranza relativa, che non comprenderà mai nemmeno il 10% della popolazione maggiorenne. D’altra parte si trattava di un effettivo potere dei molti, visto che i ruoli politici fondamentali erano a rotazione per un tempo limitato affidati per sorteggio a tutti i cittadini. La reale democrazia era necessariamente diretta e a governare erano a rotazione un numero decisamente elevato di cittadini. Inoltre, altro aspetto determinante, tutti i cittadini potevano di fatto partecipare alle principali decisioni politiche nelle assemblee pubbliche in quanto era previsto un reddito minimo che doveva permettere anche ai meno ricchi di non dover lavorare e, così, di prendere parte attiva al potere della maggioranza meno ricca.
Questo è fondamentalmente il modello politico che rielabora nel mondo moderno Rousseau, aggiungendovi una novità sostanziale: i diritti politici sono riconosciuti a tutti i cittadini maschi maggiorenni. Dunque la principale novità che dovrebbe avere la democrazia moderna è che non si fonda più sul modo di produzione schiavistico e non esclude più i lavoratori manuali più poveri. Tale utopia si realizza storicamente con la rivoluzione francese, nella seconda fase repubblicano-democratica che si fonda sulla dittatura dei giacobini, la media e piccola borghesia intellettuale, alleata degli intellettuali organici alle masse popolari: i sanculotti. Tale potere dei meno ricchi, tendenzialmente egualitario al proprio interno, si fonda sul terrore, ossia la violenta repressione di chi voleva restaurare l’oligarchia e di chi speculava ai danni del popolo. D’altra parte le dimensioni troppo estese della Francia impediscono una democrazia diretta, ma d’altra parte l’organizzazione in particolare a Parigi delle masse popolari nei primi partiti politici, permette a queste ultime di influenzare significativamente i deputati. Tanto che la dittatura della minoranza relativamente esigua dei democratici (giacobini e cordiglieri) si impone, solo in quanto la maggioranza dei deputati (la palude), per quanto antidemocratica, era costretta ad appoggiare le decisioni del Comitato di salute pubblica, che doveva il suo potere al sostegno attivo delle masse popolari.
Un modello più diretto di democrazia si era provato a realizzare già nelle prime fasi della rivoluzione americana, subito dopo la conquista dell’indipendenza. In tal caso, sulla base delle idee di Rousseau si era creata una confederazione di piccoli stati, per lasciare alle ristrette minoranze dei singoli piccoli stati di prendere direttamente in assemblea, tutti insieme, le principali decisioni. Alla confederazione era demandata solo la difesa e la rappresentanza sul piano internazionale dei piccoli stati democratici, per far sì che non fossero sopraffatti dagli altri stati stranieri, tutti antidemocratici.
Tale modello però era più vicino al modello antico, in quanto i democratici avevano bisogno e in parte erano anche proprietari di schiavi, per cui la schiavitù invece di essere abolita, veniva solo normata, limitata e, per così dire, umanizzata. Da tale democrazia, oltre alle donne, restavano radicalmente esclusi i nativi, il cui genocidio conoscerà un enorme sviluppo quando si costituirà questa democrazia dei coloni maschi, non schiavi.
D’altra parte, entrambe le democrazie rivoluzionarie furono ben presto rovesciate dai liberali che insieme ai conservatori restaurarono, per quanto fu loro possibile, una oligarchia. In Francia, dove la democrazia per diversi aspetti era stata più radicale e si era espressa come una dittatura nei confronti di liberali e conservatori, ci volle un colpo di stato violento e un terrore antidemocratico per una restaurazione della oligarchia liberal-conservatrice, negli Stati Uniti dove la democrazia non si era espressa come dittatura nei confronti delle forze a essa avverse, queste ultime ripresero il controllo della situazione senza dover rompere la legalità. In tal modo la confederazione democratica fu legalmente soppressa, ma non fu pienamente imposta una oligarchia liberal-conservatrice.
Perciò, con la breve parentesi delle rivoluzioni del 1848-49, la democrazia si svilupperà principalmente nel continente americano. Dopo la sconfitta, grazie anche all’intervento degli Stati Uniti d’America, delle forze democratiche che miravano agli Stati Uniti dell’America latina, la democrazia si sviluppò o meglio riuscì parzialmente a sopravvivere solo nel nord America, anche se nella forma di una democrazia per il popolo dei signori, fortemente classista, per cui di fatto erano le oligarchie liberal-conservatrici ad avere il potere.
Negli anni trenta diviene per la prima volta presidente degli USA il generale Jackson, il primo presidente democratico e non espressione degli oligarchi. Riuscì ad ampliare i diritti politici fino a includere una parte significativa dei bianchi maschi anche se, al contempo, difendendo gli interessi dei pionieri dell’ovest diede impulso al genocidio dei nativi. Peraltro i pionieri, di cui era espressione il primo presidente democratico, erano fautori di una democrazia per il popolo dei signori di sesso maschile, ma erano dal punto di vista economico e sociale liberisti e culturalmente individualisti. Non è un caso che proprio questo modello sarà alla base della concezione liberaldemocratica, elaborata dall’aristocratico antidemocratico Tocqueville. Quest’ultimo, che si era rifugiato negli Stati Uniti per sfuggire alla rivoluzione antiassolutista del suo Paese, si rese conto che per gli oligarchi era preferibile piuttosto che continuare a opporsi apertamente alla democrazia, favorendo nuove rivoluzioni e insurrezioni popolari, depotenziarla dall’interno. La concessione dei diritti politici ai maschi autoctoni era il modo migliore per impedire che i democratici per conquistarla si alleassero con le masse popolari, concedendo a queste ultime i diritti economici e sociali. La liberal-democrazia era il miglior antidoto alla social-democrazia (si ricordi che persino i bolscevichi erano una componente del partito socialdemocratico); l’alleanza dei determinanti ceti medi democratici con i moderati liberali, espressione delle classi economicamente dominate, avrebbe consentito di isolare sia i reazionari, che idealizzavano l’Ancien régime, sia le masse popolari che si battevano per una democrazia anche sul piano economico e sociale. In tal modo si riconoscevano i diritti politici ai bianchi maschi, mentre le questioni economiche e sociali rimanevano questioni private, non politiche, da lasciare alla libera contrattazione fra il proprietario dei mezzi di produzione e il venditore della forza-lavoro. Peraltro, la democrazia all’interno del popolo dei signori maschi si rivelerà molto efficace per lo sviluppo in senso imperialista del colonialismo e per la salvaguardia della schiavitù domestica delle donne.
In tale forma di rivoluzione passiva verrà depotenziato l’aspetto rivoluzionario della democrazia, anche perché l’eguaglianza dinanzi alla legge si dimostrerà uno dei modi più efficaci per occultare le differenze sul piano economico e sociale. Tanto che uno dei principali esponenti della destra: Bismarck, un aristocratico al pari di Tocqueville, si rese conto che la liberaldemocrazia era il modo più efficace per cementificare la dittatura oligarchica sul piano economico e sociale. Non a caso il modello di Bismarck farà scuola non solo in Europa, ma in seguito in tutto il mondo.
Ancora più spregiudicata sarà la strumentalizzazione della democrazia, in un’ottica di rivoluzione passiva, da parte del conservatore Disraeli, che comprese come legare la concessione di alcuni aspetti di una democrazia sociale per gli autoctoni all’espansione colonialista era il modo più efficace per mettere all’angolo le forze rivoluzionarie e rendere popolari le politiche imperialiste. Si formerà così quella aristocrazia operaia che farà sì che la rivoluzione socialista si affermerà esclusivamente in oriente, dove non c’erano le condizioni per la realizzazione del socialismo. Da qui tutte le contraddizioni del cosiddetto socialismo reale, che diverrà uno strumento ideologico decisivo per rendere impopolare la prospettiva socialista nei paesi a capitalismo avanzato.
D’altra parte, sarà proprio la rivoluzione socialista in oriente a imporre uno sviluppo in senso sociale della democrazia in occidente, anche se nei limiti della rivoluzione passiva. La rappresentazione dello stato sociale e del benessere diverrà il modo più efficace per contrastare le forze rivoluzionarie, occultando la dittatura della borghesia e l’imperialismo. Non a caso dopo la sconfitta del socialismo reale in oriente in occidente la democrazia sociale è stata archiviata ed è stata restaurata la democrazia liberale.
Infine, occorre ricordare come anche le forze reazionarie hanno strumentalizzato nel senso della rivoluzione passiva la democrazia, si pensi al plebiscitarismo tipico del bonapartismo (da Napoleone III a Meloni), alla Herrevolk democracy hitleriana, o al regime sionista quale unica “democrazia” del Medioriente. Persino le chiese per sbarrare la strada al socialismo hanno sviluppato la democrazia cristiana, da cui sono sorti i partiti popolari ancora oggi dominanti in Europa. Peraltro, persino i diritti economici e sociali sono stati strumentalizzati nel senso del corporativismo dal fascismo al peronismo, a Hamas.