Era il 1971 quando il governo cingalese massacrava oltre 10 mila suoi cittadini e militanti comunisti che si battevano per un paese più giusto e democratico. Nel 1989 i morti furono addirittura 60 mila. Il 13 novembre 2017, a vent’otto anni di distanza da quei tragici eventi che videro la morte anche del fondatore del Fronte di Liberazione del Popolo dello Sri Lanka, Rohana Wijeweera, la rappresentanza romana del JVP, si riunisce per commemorare i propri morti e per ribadire che la lotta continua.
Il 13 novembre dell’89, il fondatore dirigente del Fronte di Liberazione del Popolo venne ucciso barbaramente dalle forze di polizia dello Sri Lanka perché da due anni il JVP aveva ingaggiato una lotta senza quartiere contro un governo dittatoriale di destra che, appena giunto al potere, aveva abolito la costituzione, soppresso i fondamentali diritti democratici, messo fuori legge la sinistra rivoluzionaria.
Sul piano economico-sociale la destra aveva imboccato la via di un neoliberismo selvaggio fatto di privatizzazioni e di misure antipopolari che svendevano l’economia del paese alle multinazionali e all’imperialismo. Con l’appoggio della sinistra opportunista la dittatura aveva portato il paese sull’orlo del collasso e all’affamamento delle masse popolari. Assieme alle ingiustizie, crescevano le ricchezze della borghesia compradora.
Stanchi di 10 anni di tirannia capitalista nel 1987 il proletariato e la gioventù dello Sri Lanka iniziano una lotta con scioperi e mobilitazioni. Il governo rispose con lo stato d’emergenza e la persecuzione più feroce. Ai comunisti non restava che passare alla resistenza armata popolare alla quale il governo rispose con la ferocia, il piombo e gli squadroni della morte. Per due anni nello Sri Lanka è il teatro in cui si affrontano faccia a faccia la controrivoluzione e la rivoluzione di cui il JVP è stata guida indiscussa. Due anni di fuoco in cui persero la vita, vittime del terrore controrivoluzionario quasi 60 000 giovani, operai e contadini.
L’assassinio a sangue freddo del massimo dirigente del JVP Rohana Wijeweera, il 13 novembre 1989, fu l’atto conclusivo dello sterminio reazionario.