Nietzsche II parte

La grandezza di Nietzsche è indissolubilmente connessa con la sua grandiosa visione del mondo reazionaria


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Segue da Nietzsche

Il periodo illuministico o genealogico (1878-1882)

Gli scritti più importanti di questo periodo sono Umano, troppo umano (1878) e La gaia scienza (1882).  Nietzsche si dice illuminista e dedica Umano, troppo umano a Voltaire. In che senso illuminista? Non nel senso cha ha fiducia nella ragione e nel progresso, ma nel senso che si serve dello spirito critico, antimetafisico e corrosivo alla Voltaire al fine di indagare la genesi dei cosiddetti valori sovrumani (ovvero la morale e la metafisica), per metterne a nudo con un metodo storico-genealogico, in cui la verità scaturisce dalla menzogna, le matrici umane, troppo umane di tali valori ovvero il fatto che derivano dall’impulso vitale – dionisiaco – represso, dalla paura del divenire. Perciò ciò che è immutabile è considerato vero, ciò che è sottoposto al divenire apparente; Socrate avrebbe imposto in tal modo la morale e la razionalità contro la vita. Mentre la critica alla morale sarà sviluppata negli ultimi scritti, la critica alla metafisica trova la sua espressione più caratteristica nella teoria della morte di dio, annunciata ne La gaia scienza. In questo periodo Nietzsche è più distruttivo, critico, che propositivo.

Per una delegittimazione “illuminista” della modernità

L’illuminismo, quindi, non viene considerato da Nietzsche come preparazione ideologica alla Rivoluzione Francese, ma viene contrapposto a quest’ultima. Non a caso Nietzsche si richiama in particolare a Voltaire che, con la sua natura moderata, rappresenta l’antagonista di Rousseau e dello spirito ottimistico della Rivoluzione. Il metodo storico-critico è utilizzato da Nietzsche per andare a scardinare la fiducia nella morale, piattaforma ideologica della sovversione moderna. La svolta illuministica non comporta, quindi, una conciliazione di Nietzsche con la modernità, ma vuole conferire un fondamento più rigoroso, “scientifico” alla sua delegittimazione.

I maestri del sospetto

Perciò appare formalistica la definizione di maestri del sospetto che il filosofo Paul Ricoeur ha dato a Marx, Nietzsche e Freud. Si tratta di un’espressione di Umano troppo umano di Nietzsche: “I miei scritti sono stati chiamati una scuola di sospetto e ancor più di disprezzo”, in quanto demolitori dell’intera civiltà razionale occidentale. Per Ricoeur appartenenti alla scuola del sospetto sarebbero quei pensatori che individuano dietro i comportamenti morali motivi diversi da quelli dichiarati: per Marx i motivi reali sarebbero di natura socio-economica, per Freud le pulsioni inconsce, per Nietzsche la volontà di potenza. Mentre per Lukács, il fatto che Nietzsche demistifica la morale fa della sua filosofia una filosofia della crisi, accomunata a quella di Schopenhauer e Kierkegaard, in quanto espressioni dell’irrazionalismo novecentesco che ha di mira la distruzione della ragione.

La morte di dio

Qual è il significato del termine “dio” in Nietzsche? In primo luogo, dio rappresenta la prospettiva oltremondana che pone il senso dell’essere al di là dell’essere, come ad esempio avrebbe fatto Platone.  Tale prospettiva rappresenta agli occhi di Nietzsche una fuga dalla vita, una rivolta contro questo mondo. In secondo luogo dio è la personificazione delle credenze metafisiche e religiose elaborate per dare un senso alla vita. Tuttavia, l’immagine di un cosmo ordinato e benefico sarebbe solo una costruzione della nostra mente per sopportare la durezza dell’esistenza. Perciò, secondo Nietzsche metafisica, morale, religione e scienza sono forme di menzogna e dio costituirebbe la più antica delle bugie.

Il racconto dell’uomo folle

La morte di dio equivale per Nietzsche alla fine di tutti i valori esistenti e al venir meno di ogni punto di riferimento universale per poterne stabilire di nuovi. L’annuncio della morte di dio è presente nel noto racconto dell’uomo folle che si trova ne La gaia scienza. L’uomo folle (il filosofo-profeta) corre al mercato (centro della società moderna) e grida che cerca dio (ovvero il senso delle cose). Gli uomini al mercato ridono, in quanto espressione dell’ateismo ottimistico e superficiale del positivismo. L’uomo folle allora, annunciando la morte di dio, esprime il senso di vertigine e di smarrimento dinanzi al venire meno dei punti di riferimento assoluti. Aggiunge che dio lo hanno ucciso gli uomini. Perciò noi stessi dobbiamo divenire dèi; ossia alla morte di dio l’uomo deve farsi superuomo. Tuttavia l’uomo folle è cosciente di giungere troppo presto, poiché la morte di dio non si è ancora divenuta coscienza comune. Le Chiese sono definite i sepolcri di dio, alludendo alla crisi moderna delle religioni. 

Superuomini e sotto-uomini

Lo smarrimento esistenziale prodotto dalla morte di dio è un trauma in relazione a un uomo non ancora divenuto superuomo. La morte di dio, in effetti, coincide con l’atto di nascita del superuomo che ha davanti a sé il mare aperto delle possibilità, la libera progettazione dell’esistenza al di là di ogni struttura metafisica. L’ateismo di Nietzsche non contesta solo dio, ma anche lo Stato, l’umanità, la scienza e il socialismo che considera dei suoi surrogati, in quanto riempirebbero il vuoto apertosi con il venir meno della credenza nelle precedenti strutture metafisiche. Si ricordi poi che non tutti quelli che definiamo uomini possono per Nietzsche divenire superuomini, visto che per lui la maggioranza del genere umano, a partire dalle donne, sono dei malnati da ricondurre allo stato di schiavitù.

Il periodo di Zarathustra (1883-1885)

Tale periodo si apre con la consapevolezza, propria della filosofia del mattino, della morte di dio, ossia della caduta dei principi metafisici, che svalutavano il mondo, lo riducevano a nulla, il che comporterebbe la negazione della vita. Si aprirebbe così l’epoca del nichilismo compiuto: con la trasvalutazione dei valori e il superamento dell’uomo attuale della metafisica. Si tratta dell’ultimo uomo che deve essere superato, Zarathustra è l’annunciatore del superuomo.

Dal superuomo, alla volontà di potenza, all’eterno ritorno

Così parlò Zarathustra rappresenta una profonda mutazione stilistica, in quanto è scritto come un poema in prosa, con tono profetico, di difficile lettura e interpretazione, come un itinerarium mentis, ossia delle tappe iniziatiche di tipo medievale, solo che il traguardo sembra più il “diavolo” che “dio”. I temi basilari dell’opera sono: il superuomo (annunciato nella prima parte), la volontà di potenza (annunciata nella seconda parte) e l’eterno ritorno (annunciato nella terza parte).

Il superuomo

Il Superuomo è il motivo più noto e volgarizzato di Nietzsche. Il superuomo è colui che accetta la dimensione tragica e dionisiaca dell’esistenza, che dice sì alla vita, che regge dinanzi alla morte di dio e alla perdita delle certezze assolute, che fa propria la prospettiva dell’eterno ritorno, che si emancipa dalla morale e dal cristianesimo, che si pone come volontà di potenza, che procede oltre il nichilismo, che si afferma come attività interpretante e prospettica.

Il superuomo e la fedeltà alla terra è un apologo che narra della prima venuta di Zarathustra, che mostra agli uomini che dio non esiste e nemmeno la vita ultraterrena. Dal disprezzo per l’uomo attuale, sorge la fedeltà del superuomo alla terra. Il superuomo non crede in un mondo trascendente, cerca la felicità nell’unica vita che si può vivere, quella terrena, ripudiando lo spiritualismo ascetico, che voleva la mortificazione del corpo. Per Nietzsche non è il corpo da disprezzare, ma l’anima che godeva delle sofferenze del corpo. Vi è un’accettazione totale della vita propria dello spirito dionisiaco.

Il Discorso delle tre metamorfosi narra la genesi del superuomo: 1) lo spirito diventa cammello, dice sì, porta i pesi della tradizione e si piega di fronte a dio e alla morale; 2) lo spirito diventa leone, e dice no, si libera dei fardelli della morale, della religione e della metafisica, diviene uno spirito libero, distruttore; 3) lo spirito diventa fanciullo, dice sì, è il superuomo, che fa un gioco cosmico, che nell’innocenza del gioco, dice sì al divenire, alla vita.

L’esaltazione dell’otium e il disprezzo per il lavoro

Il Superuomo non è l’incarnazione di un’umanità liberata, ma ha carattere elitario, alla liberazione dalle autorità umane e divine fa riscontro la schiavitù delle masse.  L’ultimo uomo di Nietzsche è l’uomo alienato, Nietzsche denuncia la divisione capitalistica del lavoro, ma in modo reazionario. Per Nietzsche il mondo moderno è marcato dalla mancanza di otium e, quindi, di autentica cultura. In effetti Nietzsche ironizza sulla nuova “dignità” attribuita al lavoro che è invece a suo avviso sinonimo di volgarità e di infamia. Nietzsche è anche contrario alla diffusione dell’istruzione: “Se si vogliono degli schiavi – e di essi si ha bisogno –  non si devono educare come padroni”. Nietzsche respinge con sdegno la società industriale e considera i liberali in accordo con i comunisti contro l’antichità classica, fondata sul franco riconoscimento della necessità di affidare il lavoro a una classe di schiavi, la cui terribile condizione permette a un numero ristretto di uomini olimpici la produzione del mondo dell’arte e della civiltà.  

Rispetto al tema dell’abolizione della schiavitù Nietzsche dichiara in Umano troppo umano: “Eppure bisogna ammettere che gli schiavi sotto ogni riguardo vivono più sicuri e felici del moderno operaio e il lavoro degli schiavi è ben poca cosa rispetto a quello dell’operaio”. Si tratta del tipico argomento utilizzato dai difensori della schiavitù dell’epoca.

La critica alla società capitalistica

La nostalgia dell’otium sfocia da un lato nella rivendicazione della schiavitù, dall’altro nella denuncia della società capitalistica e della divisione del lavoro che penetra anche all’interno delle classi dominanti. Nietzsche critica altresì la penetrazione della divisione del lavoro in ambito culturale, con la conseguente perdita della percezione e del bisogno della totalità, con la riduzione dell’attività intellettuale a semplice artigianato e a produzione parcellizzata, condotta con spirito gregario e incapace di esprimere un minimo di criticità.

La critica all’universalismo

Per Nietzsche la storia non ha un soggetto unitario, l’umanità non ha fini comuni, non progredisce, anzi non esiste proprio. Nietzsche sostiene ciò contro il ciclo rivoluzionario che va dal 1789 alla Comune, ma anche contro la mediocrità dei nazional-liberali. Nietzsche va contro il concetto di uomo universale in quanto è connesso a quello di égalité e, quindi, costituisce un presupposto del socialismo. Per Nietzsche l’uguaglianza fra gli individui è da rigettare, poiché quella di individuo non è una caratteristica che compete a ogni essere umano, proprio perché la civiltà ha, a suo avviso, bisogno della schiavitù.

La liquidazione del realismo e del concetto in funzione della liquidazione dell’egualitarismo

La liquidazione dell’egualitarismo presuppone la liquidazione del realismo e del concetto, che rende uguale ciò che è disuguale, (ne consegue che risultano privi di fondamento i diritti dell’uomo proclamati dalla Rivoluzione francese). Perciò Descartes, padre del razionalismo, viene indicato da Nietzsche come “il nonno della rivoluzione”.

La critica ai quattro padri della democrazia: Socrate, Gesù, Lutero e Rousseau

Prima ancora della predicazione evangelica, la rivolta servile si manifesta con il sillogismo socratico che tutti unisce e omologa sul terreno di una presunta comunità della ragione. Socrate, con il suo universalismo, è uno dei quattro padri della democrazia assieme a Gesù, Lutero e Rousseau. 

La dissoluzione del soggetto

Alla decostruzione della categoria di universalità mira anche l’insistenza sul carattere prospettico dell’esistenza. Non c’è un soggetto teoretico che possa essere astratto dalla sue pulsioni vitali, dalla volontà di potenza e dai giudizi di valore che esprime. Come la morale, anche la conoscenza deve essere declinata al singolare.

Segue nel numero 315 di questo giornale on-line dal 26 dicembre

21/11/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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