Il reazionarismo del giovane Nietzsche

Elementi reazionari del pensiero di Nietzsche, il più grande pensatore reazionario, quali la negazione della razionalità e della dialettica e l’esaltazione della volontà, emergono già nei suoi scritti giovanili.


Il reazionarismo del giovane Nietzsche

Friedrich Nietzsche è stato definito da Domenico Losurdo “il più grande reazionario tra i pensatori e il più grande pensatore fra i reazionari”. Possiamo notare infatti che elementi che evidenziano il carattere reazionario del pensiero di Nietzsche sono ben presenti già nei suoi scritti giovanili, datati tra il 1870 e il 1873. In questi scritti egli si soffermò sullo studio della filosofia greca, sulle nozioni di apollineo e dionisiaco e su quella di tragico. Se leggiamo per esempio La visione dionisiaca del mondo notiamo subito come Nietzsche si concentri in particolare su temi come l’esaltazione della volontà, la aconcettualità della vita, insieme a una radicale negazione della razionalità e della dialettica hegeliana. 

In che misura, secondo Nietzsche, i greci (prima di Socrate, si intende) rappresentano un modello per i moderni? Egli sostiene che la grandezza di questo popolo risieda nel fatto che essi sono stati capaci di convertire il lamento per l’insensatezza della vita in una lode per la volontà. I greci amano la vita, lodano la volontà non solo nonostante l’insensatezza dell’esistenza ma proprio in virtù di quest’ultima. Per i greci, il non senso è la condizione stessa per affermare la volontà. Leggiamo da Nietzsche: 

“Mai la volontà si è espressa più apertamente che nella grecità, il cui lamento è ancora un canto di lode per la volontà. […] perciò la grecità è la parola risolutiva per tutti coloro che vanno cercando fulgidi modelli per la loro cosciente affermazione della volontà” [1].

Siamo quindi davanti a una negazione radicale della razionalità del reale. Nietzsche non solo nega che la realtà possa essere o diventare razionale, ma considera questa stessa aconcettualità dell’esistente come la condizione necessaria per l’affermazione della volontà. Inoltre, Nietzsche esprime una visione del reale e della verità non da intendersi come qualcosa di manifesto e di disvelato e, dunque, di possibile da comprendere nella sua razionalità, bensì come un’unione di svelamento e occultamento. Scrive infatti che “i Greci esprimono e al tempo stesso nascondono la dottrina segreta della loro visione del mondo”[2].

Ulteriore elemento presente nella riflessione del giovane Nietzsche è lo scontro tra Apollineo e Dionisiaco, tra i quali opposti è esclusa ogni conciliazione dialettica. Questi due stati sono modi di apparire della volontà, dunque della vita. Apollineo e Dionisiaco, pur implicandosi l’un l’altro (l’uno non potrebbe infatti esistere senza l’altro), rappresentano una dualità in cui è esclusa ogni reductio ad unum, ogni tipo di sintesi. Essi sono in continua tensione. È quindi l’esistenza stessa ad apparire come un continuo scontro senza possibilità di sintesi, non vi è Aufhebung, vi è solo un eterno ritorno di una tensione destinata a non concludersi mai. 

Da tali riflessioni emerge chiaramente il carattere reazionario del pensiero nietzscheano, destinato negli anni a venire a svilupparsi ulteriormente. Come è possibile infatti, in un’analisi siffatta della realtà e dell’esistenza, concepire la prospettiva di un cambiamento radicale, di un superamento dialettico dello stato di cose presenti? Se la realtà è un eterno scontro di opposti, al tempo stesso oblio e rivelazione e, quindi, neanche chiara a se stessa, come la si può comprendere nell’atto di cambiarla? 

Di fronte al reale per Nietzsche non vi è alcuna prospettiva di cambiamento rivoluzionario, ma solamente l’idea di prendere atto della sua insensatezza abbandonandosi alla piena affermazione della volontà; il tutto in un eterno presente incomprensibile o, per dirla con Ernst Bloch, “in una tenebra dell’immediato” in cui la tenebra non ha mai fine e l’immediato rappresenta l’unico modo di rapportarsi con il reale.

 

Note:

[1] F. Nietzsche, La visione dionisiaca del mondo, in La filosofia nell’epoca tragica dei greci e Scritti 1870-1873, Adelphi, p.58.

[2] Ivi, p. 49.

09/04/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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