Segue da: Gramsci dalla sconfitta del movimento dei consigli al Congresso di Lione
L’arresto
Pochi mesi dopo aver conquistato, nel Congresso clandestino del partito a Lione in Francia nel 1926, la direzione del PCd’I, di cui è eletto segretario, Gramsci viene arrestato l’otto novembre 1926, sebbene godesse dell’immunità parlamentare. Mussolini ha ben chiaro in mente il pericolo costituito da Gramsci per il suo progetto totalitario, quindi lo fa rinchiudere in carcere asserendo che bisogna impedire a questo cervello di pensare. Gramsci è, così, condannato dal tribunale speciale del fascismo – una delle principali istituzioni dello Stato totalitario mussoliniano – a oltre vent’anni di carcere, per reati d’opinione. In tal modo, il fascismo non dà modo al PCd’I, sotto la direzione di Gramsci, di riorganizzarsi e di costruire finalmente un’opposizione efficace al suo progetto totalitario.
Il governo Mussolini aveva appena superato il suo momento più difficile – quando erano emerse le sue dirette responsabilità nel rapimento e nel barbaro assassinio del deputato socialdemocratico G. Matteotti, che aveva documentato le diffuse illegalità e violenze che avevano consentito l’affermazione elettorale dei fascisti – grazie al rifiuto dei partiti antifascisti di appoggiare la richiesta di Gramsci e del PCd’I di convocare uno sciopero generale a oltranza. In tal modo, i partiti antifascisti isolano i comunisti e lasciano questo decisivo passaggio politico completamente nelle mani del capo dello Stato, Vittorio Emanuele III. Quest’ultimo – visto che lo Stato di cui era a capo aveva sino a quel momento coperto e difeso le sistematiche azioni terroristiche delle camicie nere contro le forze della sinistra e considerato che lo stesso monarca aveva accettato la violenta conquista del governo da parte di Mussolini, rifiutando di firmare lo stato di assedio e dandogli l’incarico di formare un governo – conferma il suo pieno sostegno a Mussolini.
Quest’ultimo comprende così – dinanzi al fatto che i liberali progressisti non lo appoggiano più, ma vorrebbero che, dopo aver svolto per loro conto il lavoro sporco si facesse da parte, restituendo ai rappresentanti diretti dell’alta borghesia la gestione del potere – che per mantenere il potere è necessario passare a una dittatura aperta che, sgominando ogni opposizione di sinistra, consenta al regime di ottenere il consenso attivo e passivo di buona parte della classe dominante, ancora terrorizzata dal biennio rosso.
Dunque, le forze rivoluzionarie italiane, come generalmente avviene, lasciandosi sfuggire il momento adatto per procedere a una rottura rivoluzionaria, subiscono la necessaria reazione del nemico di classe, che sfrutta il riflusso dei subalterni – conseguente allo svanire nel nulla delle prospettive che si erano aperte nella fase prerivoluzionaria – per imporre un dominio totalitario, termine coniato dagli oppositori liberali del regime mussoliniano e da quest’ultimo assunto e rivendicato.
La questione meridionale
Al momento dell’arresto Gramsci portava con sé un manoscritto, Alcuni temi della quistione meridionale, che diverrà punto di riferimento essenziale nell’analisi di tale problematica, che rappresenta la principale contraddizione dello Stato italiano dalla sua nascita ai giorni nostri. In tale saggio sono anticipati alcuni importanti temi che verranno in seguito ripresi e sviluppati da Gramsci nei Quaderni del carcere, a cominciare dalle decisive riflessioni sul ruolo degli intellettuali nel conflitto sociale e sul blocco sociale e storico necessario a esercitare il dominio di classe. Pur utilizzando nella sua indagine il materialismo storico, Gramsci ne fa uno strumento duttile, in grado di leggere il contesto specifico preso in esame non solo dal punto di vista socio-economico, ma anche da quello politico, ideologico e culturale. Più in generale, in questi anni nella concezione del marxismo di Gramsci, anticipando diversi aspetti del marxismo occidentale, si fondono dialetticamente la centralità della coscienza di classe, il ruolo delle avanguardie, la necessità per i subalterni di formare al proprio interno intellettuali organici, per fare del moderno principe, ovvero del partito un intellettuale collettivo in cui ogni membro è, almeno tendenzialmente, un quadro rivoluzionario.
La durissima lotta condotta in carcere da Gramsci per poter portare avanti, anche in queste tragiche condizioni, la guerra di classe sul piano delle idee
Nel 1929, preferendo in quella condizione – più che dirigere la lotta dei prigionieri politici di sinistra contro le condizioni di detenzione imposte, spesso per reati di opinione, dal Partito fascista – dedicarsi alla riflessione teorica sui motivi della sconfitta della Rivoluzione in occidente, per rilanciarla sulla base di uno sviluppo nuovo del marxismo, ottiene una cella individuale e la possibilità di scrivere, dopo una lunga lotta con il regime fascista. Tale scelta è anche legata al dissenso con la linea che si veniva affermando nella Terza internazionale del socialfascismo, una linea opportunista di sinistra che impediva di contrastare in modo efficace i regimi totalitari fascisti e perdeva di vista le differenze, facendo di tutt’erba un fascio, rendendo il marxismo dogmatico e incapace di svolgere la sua funzione di guida per l’azione finalizzata alla trasformazione radicale dell’esistente.
Inoltre dinanzi al degenerare dello scontro interno al partito guida dell’Urss – che non poteva non avere influenze nefaste sui decisamente più piccoli e impotenti partiti comunisti, come quello d’Italia – Gramsci aveva vanamente in ogni modo cercato di contrastarlo. Scoprendo di essere in tale senso ininfluente, Gramsci decide di non portare la sua polemica contro la direzione del movimento comunista internazionale sino a una rottura, per non finire con l’isolarsi e divenire impotente, per aver rotto con la corrente nettamente maggioritaria del comunismo mondiale. Allo stesso modo, preferisce non arrivare a una rottura con i suoi compagni di partito rinchiusi nello stesso carcere di Gramsci, valorosi compagni generalmente proletari, ma poco dotati di spirito critico e ormai abituati a seguire senza discutere la linea dell’Internazionale. Perciò Gramsci decide di dedicarsi quasi esclusivamente a portare avanti il proprio contributo al conflitto sociale nella lotta ideologica sul piano delle idee.
Inizia, così, a dedicare tutte le proprie residue forze, destinate necessariamente a diminuire sempre di più, alla meticolosa stesura delle pagine che verranno pubblicate dopo la sconfitta del nazi-fascismo a opera principalmente dei comunisti, con il titolo di Quaderni del carcere. L’opera resta frammentaria e incompiuta, in primo luogo per le disumane condizioni in cui è costretto a marcire in carcere un uomo già gravemente malato. In tal modo le condizioni fisiche del prigioniero non possono che aggravarsi sempre di più, anche perché non è adeguatamente curato, dal momento che rifiuta di chiedere la grazia a Mussolini. Quest’ultimo ne aveva bisogno per attenuare le crescenti mobilitazioni internazionali che ne chiedevano la liberazione, per mostrare di essere stato in grado di piegare anche il principale dirigente della più indomita e insidiosa forza di opposizione, ossia il Partito comunista d’Italia, e per poter scambiare il prigioniero, ormai incapace di nuocergli per le compromesse condizioni di salute, con alti prelati imprigionati in Urss per attività controrivoluzionaria – visto che Mussolini stava trovando un’intesa con la chiesa attraverso il concordato.
In questi duri anni di quasi completo isolamento, Gramsci è assistito principalmente dalla cognata, che al momento dell’arresto risiedeva in Italia e, perciò, sovvenzionata a questo scopo dall’Internazionale, va a trovare regolarmente il rivoluzionario imprigionato e cerca di soddisfare le sue richiesta. Tale funzione è ancora più essenziale dal momento che la moglie di Gramsci è costretta a rimanere in Urss in quanto seriamente malata. Con Tatiana Schucht Gramsci ha un fittissimo ed estremamente interessante scambio epistolare, che costituirà la parte preponderante delle postume Lettere dal carcere, anche perché generalmente la moglie non è in grado di rispondere alle lettere e la corrispondenza con altre personalità politiche è impedita dalla censura e sfruttata dal fascismo per mantenere il prigioniero gravemente malato in carcere, e al contempo accrescere artatamente il clima di sospetti che si era venuto a creare, in quella tragica situazione, fra i compagni dello stesso partito comunista. Anche perché alcune lettere inviate a Gramsci da altri importanti esponenti del Partito vengono utilizzate dal tribunale speciale del fascismo per avvalorare l’accusa che lo tiene in carcere, ovvero di essere il principale dirigente del PCdI e alimentano nel prigioniero isolato i sospetti che alcuni compagni di partito operino, in modo più o meno consapevole, contro i tentativi portati avanti a livello internazionale per la sua scarcerazione.
Tale clima è acuito dal fatto che le lettere di Gramsci a Togliatti, che condannavano il precipitare dello scontro interno nel Partito sovietico, non sono, prudentemente, inoltrate da quest’ultimo ai vertici del partito comunista russo, contro le intenzioni del prigioniero. D’altra parte, in tal modo Togliatti non solo garantisce la sua posizione di rilievo in seno all’Internazionale ma impedisce, in quella situazione di caccia alle streghe che si era prodotta in Urss, che anche Gramsci potesse risentirne. Considerato che la possibilità di una sua liberazione erano legate, in primo luogo, alle trattative portate avanti dall’Urss con il regime fascista, senza contare che se Gramsci fosse caduto in disgrazia, ben difficilmente Togliatti avrebbe potuto far raccogliere e predisporre per la pubblicazione i preziosi Quaderni del carcere.
In ogni caso, la coraggiosa ostinazione di Gramsci a rifiutare di piegarsi al ricatto impostogli da Mussolini, fa sì che solo nel 1933, quando ormai le sue condizioni di salute sono definitivamente compromesse, grazie alle crescenti pressioni internazionali sul regime fascista, gli viene data la possibilità di essere trasferito in una clinica. Impossibilitato ormai a portare avanti la stesura dei Quaderni, Gramsci si va a poco a poco spegnendo nella clinica, sino a spirare nel 1937, subito dopo aver finito di scontare la pena inflittagli dal tribunale speciale.