Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi.
1. Stati Uniti d’America e Unione sovietica dalla guerra fredda alla difficile coesistenza
La guerra fredda, scatenata dagli Stati Uniti per prevenire un’ulteriore espansione comunista a livello internazionale, ha come conseguenza – oltre alla creazione di un cordone sanitario intorno al blocco dei paesi in transizione al socialismo – il consolidamento dell’egemonia delle due superpotenze all’interno del proprio blocco, ovvero della propria area di influenza.
Il vantaggio iniziale porta gli Stati Uniti a scatenare la guerra fredda
In un primo momento gli Stati Uniti impongono la guerra fredda anche in quanto si trovano in una situazione di indubbio vantaggio in primo luogo dal punto di vista economico. Al contrario degli Stati Uniti che si sono enormemente arricchiti, i paesi in transizione al socialismo escono devastati dalla Seconda guerra mondiale e partono quasi sempre da una struttura economica e sociale precapitalista. Anche dal punto di vista militare, avendo prima il monopolio e poi una netta superiorità per le armi nucleari, gli Stati uniti sono in netto vantaggio.
Il recupero del gap iniziale da parte paesi in transizione al socialismo
Tuttavia, nel corso degli anni Cinquanta, gli Stati in transizione al socialismo non solo ricostruiscono i loro paesi, ma iniziano a colmare il gap che li separa dalle nazioni a capitalismo avanzato. Anche il gap militare viene sempre più ridotto.
Vengono meno le illusioni di una rapida disgregazione del blocco nemico
Inoltre, il conflitto fra i due blocchi si è inasprito sino a che entrambi i fronti avversi hanno creduto nella possibilità di una rapida disgregazione dell’avversario. I comunisti attendevano l’ultima crisi e il conseguente crollo del capitalismo, mentre i paesi a capitalismo avanzato ritenevano che un sistema socialista non avrebbe potuto sopravvivere alla concorrenza dell’economia capitalista, in quanto mancherebbero gli incentivi necessari a spingere i dirigenti a massimizzare la produzione, aumentando la pressione sulla forza-lavoro e non vi sarebbero gli incentivi indispensabili ad aumentare la produttività del lavoro, dal momento che i lavoratori non rischiavano il licenziamento, né subivano il controllo dei padroni e, al contempo, non potevano neppure sperare in un significativo aumento della propria proprietà privata.
La coesistenza pacifica
Tutto ciò favorisce un progressivo allentamento del conflitto, nel periodo della cosiddetta coesistenza pacifica, politica lanciata dal più importante dirigente dell’Unione sovietica, Georgij M. Malenkov, nel 1954, subito dopo la morte di Stalin. In un primo momento, gli Stati Uniti sono estremamente restii ad accettare le proposte di dialogo sovietiche, interpretandole come un segnale di debolezza del nemico.
Gli Stati Uniti rilanciano la guerra al comunismo in Vietnam
Nel frattempo il comunista Giap, che guida la lotta di liberazione nazionale vietnamita, ha inflitto – sempre nel 1954 – un durissimo colpo all’imperialismo francese, conquistando il bastione di Dien Bien Phu, considerato inespugnabile e facendo prigionieri oltre 10mila militari francesi. Dopo tale clamorosa disfatta, l’esercito francese è in rotta nell’intera Indocina. Di tale situazione approfitta l’Unione sovietica per fare, ancora una volta, da paciere favorendo la firma a Ginevra, nel Luglio del 1954, dell’armistizio. Ciò favorisce le forze imperialiste, che riescono a imporre una soluzione alla coreana, con il Vietnam diviso lungo il 17° parallelo, il Nord sarebbe divenuto una Repubblica democratica, egemonizzata dai comunisti, mentre il Sud sarebbe rimasto sotto l’influenza dell’occidente capitalista. Le due parti sarebbero dovute rimanere neutrali sino alle elezioni del 1956 che avrebbero riunificato il paese. Timorosi di un Vietnam unito sotto l’egemonia comunista, gli Stati Uniti, certi della sconfitta elettorale delle forze filoimperialiste, favoriscono la conquista del potere nel Sud da parte di un cattolico radicalmente anticomunista che, con l’appoggio militare ed economico degli Stati Uniti, rompe l’accordo di pace di Ginevra, riaprendo così le ostilità fra i due paesi anche dal punto di vista militare.
Alleanze militari filoimperialiste
Nel settembre del 1954, in funzione anticomunista e per contrastare i movimenti di liberazione nazionale radicali, gli Stati Uniti rispondono alle offerte sovietiche di coesistenza pacifica, dando vita alla Seato, che doveva essere un’estensione in Asia della Nato, cui presero parte i paesi imperialisti occidentali e i loro alleati anticomunisti orientali: Usa, Regno Unito di Gran Bretagna, Francia, Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Pakistan e Tailandia. Sempre in funzione militare antisovietica e per contrastare lo sviluppo di movimenti antimperialisti nel 1955 Regno Unito, Turchia, Pakistan, Iran e Iraq danno vita al Patto di Bagdad.
Il movimento dei non allineati e Nasser
Queste due alleanze allarmano l’India e l’Egitto, sostenitori di un terzomondismo anticolonialista, che si sentono accerchiati. In particolare in Egitto un gruppo di militari guidati da Naguib e Nasser avevano destituito l’inetto re Faruk, strumento degli interessi neocoloniali britannici. Viene proclamata la repubblica, con un programma nazionalista che mira a rendere pienamente indipendente il paese rafforzando l’esercito, combattendo la corruzione, ma anche vietando i partiti politici. Nasser, che ha progressivamente affermato il suo potere in Egitto, considera il patto di Bagdad come un tentativo dell’occidente ex colonialista di mantenere il controllo della regione mediorientale e vi contrappone un’alleanza con la Siria. Inoltre, si avvicina ai leader dei paesi terzomondisti e antimperialisti: India e Jugoslavia. Il movimento dei paesi neutrali è favorito dall’Urss che, in cambio della neutralità dell’Austria nel 1955, come segnale di buona volontà verso la distensione e lo sviluppo dei non allineati, ritira unilateralmente l’Armata rossa dal paese.
Il panarabismo
Nel frattempo Nasser lancia un movimento panarabo, che mette in forte allarme i sionisti. Sul piano interno Nasser progetta di irrigare vaste zone desertiche, evitare le periodiche inondazioni del Nilo e potenziare le fonti energetiche del paese con la costruzione di un’enorme diga sul Nilo ad Assuan. Il segretario di Stato anticomunista statunitense Dulles fa fallire ogni tentativo dell’Egitto di ottenere in occidente il finanziamento necessario per la realizzazione dell’opera.
La fallimentare impresa di Suez
Per poter reperire i capitali Nasser nazionalizza la compagnia internazionale, controllata in particolare da francesi e inglesi, che dopo averlo costruito continuava a gestire il canale di Suez. Francia, Regno Unito e Israele si accordano per aggredire di sorpresa l’Egitto. Israele invade la striscia di Gaza e il Sinai, mentre gli anglo-francesi, dopo aver bombardato a terra l’aviazione egiziana, occupano il canale. L’Unione sovietica, che con l’occasione rompe i rapporti diplomatici con Israele – che pur aveva contribuito in modo decisivo a creare – dà un ultimatum ai tre aggressori, minacciando anche la guerra atomica. Anche gli Stati Uniti condannano l’intervento, essendo contrari al fatto che Francia e Regno Unito tornino a controllare quell’area. I tre aggressori sono a questo punto costretti alla ritirata.
La difficile distensione
Nel 1957 gli Stati Uniti inaspriscono la guerra fredda instaurando a Taiwan una base con missili atomici puntati contro la Repubblica popolare cinese, che si rifiutano di riconoscere. La situazione di costante tensione fra le due superpotenze tiene il mondo con il fiato sospeso per una guerra nucleare, il rischio della quale è, al contempo, di ostacolo a uno scontro diretto fra i due blocchi. La situazione comincia a distendersi quando Nikita Kruscev – dopo che l’Urss aveva raggiunto un nuovo grande traguardo, inviando per la prima volta a livello mondiale un razzo sulla Luna – fa a sorpresa un viaggio negli Usa e di ritorno a Mosca inneggia all’amicizia sovietico-americana. L’illusione di tale amicizia dura poco, in quanto i sovietici subito dopo scoprono un clamoroso spionaggio aereo degli statunitensi nel proprio territorio.
2. La fine del colonialismo franco-britannico
Fra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta si compie un processo storico di portata universale: la fine del vecchio colonialismo. La decolonizzazione e il sorgere di nuovi stati ha portato al delinearsi di un nuovo blocco detto del terzo mondo, per la sua posizione neutrale nei confronti della guerra fredda e in quanto costituito da paesi in via di sviluppo, che ne fa spesso un mondo dipendente e soggetto alle influenze degli Stati più potenti.
Il crollo dell’impero coloniale francese
Il primo a crollare rovinosamente è l’impero coloniale francese, anche perché la Francia dopo la Seconda guerra mondiale ha perduto buona parte del suo rango di superpotenza e, inoltre, ha risposto troppo spesso con un tentativo di assimilazione ai movimenti autonomisti e indipendentisti che ha portato spesso a violenti conflitti con i popoli colonizzati.
La battaglia di Algeri
Particolarmente duro è il percorso all’indipendenza dell’Algeria, la più antica colonia africana, che la classe dominante francese considerava parte della Francia anche se abitata da cittadini di secondo rango, oltre che da un numero consistente di coloni, molto influenti anche nel paese colonizzatore. Anche a causa degli interessi economici nel paese, la Francia come in Vietnam dovrà subire una disfatta totale – in questo caso più che militare, morale e politica – prima di essere costretta a cedere, riconoscendo l’indipendenza.
La nascita del movimento indipendentista algerino
Il movimento indipendentista algerino si era rafforzato durante la Seconda guerra mondiale. Il popolo algerino sceso in piazza per festeggiare la vittoria sul nazifascismo che, gli avevano assicurato i colonizzatori, avrebbe significato anche l’indipendenza nazionale, è spietatamente represso dall’esercito francese. Si contano circa 30mila vittime fra la disarmata popolazione civile.
Il Fronte di Liberazione Nazionale
La lotta riparte grazie a un sottufficiale rivoluzionario: Ben Bella. Rifugiatosi in Egitto ed entrato in contatto con Nasser, forma un centro direttivo rivoluzionario, che dà vita a un Fronte di Liberazione nazionale (Fln) che nel 1954 lancia l’insurrezione armata. Inizia una guerra spietata, con i coloni che pretendono lo sterminio degli insorti e gli arabi che direttamente o indirettamente sostengono sempre di più i partigiani del Fln. Nel 1956 i francesi inviano ben 400mila soldati per reprimere nel sangue il movimento di liberazione nazionale, ricorrendo a torture, massacri e campi di concentramento [1].
Note:
[1] Cfr. a tal proposito il grande film di Gillo Pontecorvo: La battaglia di Algeri, non a caso ancora vietato in Francia.