Come l'alternanza scuola-lavoro, introdotta nella legge 107 sulla “Buona scuola” del Governo Renzi, rischia di indebolire il potere contrattuale dei giovani disoccupati.
di Clash City Workers
“Andassero a lavorare”, e ancora “meglio somaro che disoccupato”. Sono questi i luoghi del senso comune su cui il Governo Renzi ha fatto leva perché passasse la sua riforma della scuola. Come scriveva Renato Caputo su questo giornale, uno dei punti deboli della mobilitazione contro la “buona scuola” è stata proprio l’incapacità del fronte docente di rivolgersi agli altri lavoratori, quando si potrebbe dire, senza esagerare, che questa legge altro non è stata se non una mezza riforma del lavoro. Sì, perché il punto più controverso ed emblematico della legge 107 è senza dubbio l’alternanza scuola lavoro, meccanismo che consegna la scuola pubblica alla sua necrosi, mentre la definisce “buona”. 500.000 studenti interessati quest’anno, 1 milione e mezzo tra tre anni, quando la riforma entrerà a regime. Tutti obbligati a svolgere un part-time di 20 ore a settimana per 6 mesi. Rigorosamente gratis.
Genitori e tanti studenti, dicevamo, contenti. Contenti di abbandonare le loro aule – opprimenti – per acquisire “esperienza” sul lavoro, e soprattutto per ottenere “la promessa” di una futura assunzione. Tanti insegnanti, anche loro contenti, dopo aver trovato un’alternativa valida all’emorragia continua di giovani, di cui soffre la scuola italiana: “se non hanno voglia di studiare, che lavorino, almeno così non abbandoneranno la scuola”. Peccato che questi luoghi comuni, su cui si fonda il consenso della riforma, siano del tutto falsi.
Difatti, dati alla mano, l’articolo dei Clash City Workers dimostra, in primo luogo come l’alternanza scuola lavoro, liberando un esercito industriale di riserva pari a circa 100.000 lavoratori annui, rischi di indebolire ancora di più il potere contrattuale dei giovani disoccupati, dando un’altra spallata al salario medio e alle condizioni di lavoro di tutti noi. In secondo luogo come la dispersione scolastica – altro nome fiabesco della vecchia selezione di classe – si combatta aumentando le strutture e i servizi in quelle scuole dove mancano; rinnovando l’offerta formativa, piuttosto che lasciare tutto così com’è e consegnare i nostri studenti alle imprese. Anche perché, nella versione di lupo cattivo travestito da nonnetta innocente, è proprio Confindustria a riscuotere l’approvazione della legge: il sindacato degli industriali, che – introdottosi nella scuola grazie all’alternanza scuola lavoro – si candida a decidere contenuti, tempi e modi della trasmissione del sapere.
Una guida al cuore della riforma, dunque, ma anche una cassetta degli attrezzi per rispondervi in modo più efficace di quanto non sia stato fatto durante l’anno scolastico passato. Per l’approfondimento continua la lettura sulla pagina dei Clash City Workers: L’alternanza scuola lavoro. Ovvero perché la riforma della scuola riguarda tutti noi.