Vatican Girl: La scomparsa di Emanuela Orlandi di Mark Lewis, serie documentaria britannica del 2002 in quattro episodi trasmessa da Netflix, voto 7-. Nel primo episodio emerge, in modo significativo, che il Vaticano ha cercato di depistare le indagini, indicando la falsa pista del terrorismo internazionale, per far ricadere la colpa sui comunisti, che starebbero dietro l’attentato del papa, anche se a compierlo è stato, senza ombra di dubbio, un terrorista di estrema destra turco. Tutto lascia intendere che il Vaticano fosse interessato a occultare i reali autori del crimine. Interessante anche come il “Corriere della Sera” di fatto costringa a occuparsi d’altro il suo giornalista che si occupava del caso nel momento in cui smentisce, anche grazie a una fonte nei servizi segreti, la falsa pista del terrorismo internazionale e denuncia il ruolo nel rapimento della criminalità comune con un movente di tipo economico.
Il secondo episodio fa un enorme salto di qualità, facendo emergere, in modo inequivocabile, le responsabilità della chiesa cattolica che appare realmente implicata nel terrorismo internazionale, cioè nel finanziare la controrivoluzione di Solidarnosc in Polonia, scambiata come una forza rivoluzionaria dalla sinistra radical dei paesi a capitalismo avanzato. Inoltre, denuncia come per finanziare meglio i controrivoluzionari e restaurare un capitalismo di estrema destra, il Vaticano abbia utilizzato i soldi sporchi della mafia che ripuliva e riceveva attraverso la Banda della Magliana, con la quale collaborava strettamente. Per cui Emanuela Orlandi era stata incarcerata dalla Banda della Magnana per conto del Vaticano. Elementi molto significativi per dimostrare, ancora una volta, l’assurdità dell’ideologia dominante che riconosce un alto valore etico a una monarchia assoluta di estrema destra, con stretti legami con i peggiori criminali e nemica giurata del comunismo. Naturalmente, in primis in tale crociata vi era Giovanni Paolo II, il famoso “santo subito”, canonizzato in tempi record.
Il terzo episodio è, invece, estremamente deludente, tutto incentrato su un mitomane, assolutamente improbabile, che cerca di sviare le indagini, assolvendo tanto il Vaticano quanto la Banda della Magnana. Non si capisce proprio perché dedicare un intero episodio a un goffo e gaglioffo tentativo di depistaggio. Magari sarebbe stato interessante indagare chi ha favorito o, addirittura, ordito tale depistaggio.
Nella quarta puntata emergono elementi nuovi che provano senza ombra di dubbio il coinvolgimento del Vaticano nella tragica vicenda di Emanuela Orlandi e la sua storica omertà. Allo stesso tempo emergono continui tentativi di depistare le indagini, che in buona parte fanno riferimento allo stesso Vaticano. Anche il documentario inglese e il giornalista al centro del documentario contribuiscono, magari involontariamente, a depistare le indagini. La posizione della chiesa viene edulcorata, la colpa si limiterebbe al fatto che qualcuno al suo interno non avrebbe parlato. In più, ci sarebbe la questione che un’alta personalità del vaticano avrebbe molestato sessualmente Emanuela Orlandi. Negli scenari che si tracciano alla fine la chiesa passa quasi come vittima e si arriva addirittura a riaccreditare, fra le altre, persino il depistaggio più rozzo e ideologico, per cui dietro a tutto ci sarebbe l’Unione Sovietica visto che l’attentatore fascista turco, fra le tante dichiarazioni assurde e provocatorie, aveva affermato, senza uno straccio di prova, di essere stato addestrato dal KGB. Per cui l’assurda tesi che la serie e il giornalista del “Corriere della Sera”, dimostrando tutta la subalternità all’imperialismo, provano a riaccreditare, citandola fra i tre scenari più probabili, sarebbe che i comunisti avrebbero rapito Orlandi per costringere Stato italiano e Vaticano a liberare il terrorista fascista turco, con il fine di impedirgli di parlare. Teorema privo di qualsiasi prova e verosimiglianza, se non il fatto che, al solito, la strategia della tensione dei fascisti mirava a incriminare i comunisti. D’altronde il terrorista fascista aveva già parlato, senza provare un bel niente, e lo Stato italiano e Vaticano non avrebbero mai potuto liberarlo in cambio della ragazza e, poi, a chi lo avrebbero consegnato? Se i sovietici lo avessero preso in consegna si sarebbero suicidati, in quanto avrebbero fornito le prove che dietro i fascisti turchi c’erano i comunisti e dietro la Banda della Magliana anche. Tutti questi assurdi e ridicoli, quanto vergognosi depistaggi, servono per far dimenticare gli aspetti fondamentali della vicenda. Solidarnosc non era affatto un’organizzazione progressista, ma una forza controrivoluzionaria finanziata dai reazionari anticomunisti del Vaticano, con i soldi della mafia, che provvedevano a ripulire. Tramite fra la mafia e il Vaticano era la sanguinaria Banda della Magnana che ha avuto un ruolo importante nel rapimento di Emanuela Orlandi e per i suoi servigi alla chiesa è stata ricompensata al punto che il suo leader è stato sepolto in un luogo di culto centrale del cattolicesimo. Anzi, dal documentario emerge che il Vaticano aveva speculato in maniera così estrema con i soldi sporchi della mafia, da dover dichiarare bancarotta fraudolenta, senza rimborsare dei danni la malavita organizzata, che presumibilmente reagì “suicidando” Calvi. Naturalmente sono questi grandi eventi storici a essere decisivi, mentre le piccole tragedie particolari che a essi si intrecciano sono vergognosamente utilizzate come strumenti di distrazione di massa per l’opinione pubblica.
Mercoledì serie televisiva statunitense ideata da Alfred Gough e Miles Millar, ispirata ai personaggi della famiglia Addams. Fra i registi spicca Tim Burton che ha realizzato i primi quattro episodi. La serie ha ottenuto due candidature a Golden Globes fra cui nomination a miglior serie brillante, una candidatura a SAG Awards, una candidatura a Directors Guild, ha vinto un premio ai CDG Awards, ha vinto due Critics Choice Super fra cui il riconoscimento come migliore serie horror. È disponibile su Netflix, voto: 7-. Il primo episodio delude le aspettative, è piuttosto noioso, non affronta temi sostanziali, sembra rivolto a un pubblico prevalentemente infantile, dovrebbe essere comico, ma non fa ridere e nemmeno sorridere, perciò fa apparire la serie sopravvalutata per i riconoscimenti ricevuti e la popolarità.
Fra i pochi aspetti degni di nota del secondo episodio, poco interessante e godibile, vi è la questione della scuola per reietti, una delle scuole separate per ragazzi problematici che in Italia sono state superate grazie a importanti leggi sull’inclusione. Interessante come inizialmente tale scuola separata possa apparire assolutamente normale, anzi si è portati ad auspicare delle misure ancora più restrittive per quelli che appaiono, a prima vista, dei veri e propri mostri, secondo i consueti pregiudizi. Interessante, da questo punto di vista, la figura di fatto fascistoide dello sceriffo, quale degno rappresentante degli apparati repressivi dello Stato in un paese imperialista.
Con il terzo episodio vi è finalmente una svolta fondamentale nella serie, che la rende interessante e avvincente. Emergono delle questioni sostanziali, che riguardano la storia stessa degli Stati Uniti. Viene sviluppata una critica molto efficace al mito fondativo stesso del paese, cioè ai Padri pellegrini, di cui vengono mostrati quei lati oscuri di cui generalmente non si osa mai parlare. Emerge così che si trattava di fondamentalisti religiosi, sostenitori della famiglia patriarcale, al punto che le donne al di fuori di essa potevano venir condannate come streghe. Più in generale, il fondamentalismo con la sua intolleranza verso i diversi, i più deboli viene a ragione presentato come una forma di fascismo. Infine interessante è anche la figura del sindaco che, realisticamente, sostiene contro lo sceriffo fascistoide che la città dei sani vive grazie al college per i reietti e, quindi, vanno tenute a freno le pulsioni intolleranti. D’altra parte, è denunciato a dovere l’attaccamento al potere e la doppiezza tanto del sindaco, quanto della preside. Non convince molto l’inventarsi un’origine ancora più mitologica degli Stati Uniti, che rispetti l’attuale political correct. Anche perché si tratta di una soluzione non realistica, né verosimile e antistorica. Sarebbe sicuramente stato preferibile uno sguardo meno manicheo sui Padri pellegrini delle origini, in cui emergessero, oltre ai limiti, anche gli aspetti progressivi.
Il quarto episodio mette da parte gli elementi sostanziali emersi nel precedente. Tuttavia si mantiene, ciò nonostante, godibile, ben realizzato, avvincente e piacevole. L’unico aspetto significativo è l’attacco dei puritani fascistoidi alla scuola dei reietti, in cui emerge in modo ancora più chiaro chi sono le vittime e chi gli aggressori.
Il quinto episodio torna a rendere la serie piuttosto noiosa, principalmente per bambini. Si vede che la regia non è più di Tim Burton, in quanto l’episodio è decisamente meno avvincente dei due precedenti.
Nel sesto episodio la serie torna a essere godibile e alquanto intrigante, peccato che gli aspetti sostanziali finiscano completamente sullo sfondo.
Il settimo episodio ha delle trovate divertenti, è godibile ed emozionante, anche se le questioni sostanziali rimangono un pallido ricordo del passato e la serie torna a essere un prodotto di buona qualità dell’industria culturale rivolto, in primo luogo, ai bambini.
L’ottavo episodio conclude in modo emozionante e intrigante la serie, anche se gli aspetti inverosimili prendono il sopravvento, mentre gli aspetti di denuncia sociale lasciano il posto al lieto fine edulcorato per cui i gruppi dirigenti vengono riabilitati. Infine, la puntata riesce a dare una conclusione compiuta alla prima stagione e, allo stesso tempo, riapre questioni intriganti in funzione di una seconda stagione.