I segni del cuore di Sian Heder, drammatico, Usa, Francia 2021, premiato al Sundance, 2 nomination ai Golden Globes, fra cui miglior film drammatico, distribuito voto: 7,5. Per quanto candidato a due premi Oscar sostanzialmente minori, I segni del cuore (titolo originale CODA) avrebbe meritato il riconoscimento di miglior film rispetto ai generalmente mediocri candidati. Il film è decisamente emozionante, commovente e lascia alquanto da riflettere sulle problematiche quanto mai attuali delle persone disabili. Pur essendo un remake il film è, contrariamente al solito, decisamente migliore dell’originale.
West Side Story di Steven Spielberg, drammatico, musical, Usa 2021, distribuito da Walt Disney, voto: 7,5; finalmente un film che merita, considerato il livello molto basso degli altri film, la nomination a miglior film e miglior regia, oltre a diversi premi minori agli Oscar. Spielberg è indubbiamente un grande regista, il limite principale sono le sue concessioni all’industria dello spettacolo e all’ideologia dominante. Nel caso presente Spielberg trova un avanzato equilibrio fra godimento estetico e lasciare qualcosa di significativo su cui riflettere allo spettatore. Notevole è anche l’equilibrio tra forma e contenuto, in entrambi i casi più che soddisfacenti. Nonostante la forma musical e il remake il film ha una certa dose di realismo. Peccato che la catarsi prevista per la tragedia, peraltro realista, è troppo sottotono e non è indicata una reale via di superamento delle contraddizioni in primo luogo economiche e sociali poste meritoriamente in evidenza.
Respect di Liesl Tommy, biografico, distribuito da Eagle Pictures, Usa 2021, voto: 7+; bel film realista sulla vita e l’opera di Aretha Franklin con sullo sfondo i grandi eventi storici degli Stati Uniti fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Il film ricostruisce adeguatamente la storia di questa grande cantante inserendola adeguatamente nello sfondo sociale, storico, razziale e culturale. Il film non decolla mai del tutto perché, per quanto ricca di spunti significativi, la storia di una grande interprete musicale non può che risultare carente nella sostanza.
Being the Ricardos di Aaron Sorkin, con Nicole Kidman, Javier Bardem, biografico, Usa 2021, distribuito su Amazon, voto: 7; decisamente fra i film meno soporiferi candidati ai premi Oscar, in quanto Being the Ricardos è un film abbastanza appassionante e coinvolgente che affronta due temi caratteristici della storia, degli Stati Uniti in particolare, che raggiunge il suo apice negli anni Cinquanta: la caccia alle streghe anticomunista e la famiglia patriarcale all’interno di una società maschilista. Peccato che essendo un film statunitense da una parte denuncia la caccia alle streghe, ma dall’altra la porta avanti con assurde fake news anticomuniste, per cui questi ultimi sarebbero dei veri e propri mostri in quanto avrebbero ucciso senza ragioni gli animali!?
Camp Confidential: nazisti in America di Mor Loushy e Daniel Sivan, documentario, Usa 2021, distribuito da Netflix, voto 7; ben girato e interessante documentario su un campo di concentramento-reclutamento per ufficiali tedeschi e scienziati nazisti. Nel primo caso si ricorrono anche ai mezzi più sporchi per estorcerli informazioni, mentre con gli scienziati della Germania hitleriana si fa di tutto per costringerli/convincerli a lavorare per gli Stati Uniti in funzione anticomunista in vista della guerra fredda da scatenare, appena possibile vista la superiorità militare ed economica. Così di lì a poco, espulsi gli scienziati internazionalisti che avevano prodotto la bomba atomica in funzione antinazista, accusati di aver passato il segreto ai sovietici, vengono sostituiti dai fidatissimi scienziati filonazisti. Ben 1600 scienziati nazisti furono assoldati dagli statunitensi nella guerra fredda, senza che nessuno di loro dovesse in nessun modo scontare le colpe di aver precedentemente lavorato a fianco dei nazisti. Ancora più drammatica la vicenda degli ebrei europei, arruolati nell’esercito statunitense in quanto volenterosi di combattere i nazisti e costretti invece a adularli per conquistarli alla causa della guerra fredda.
Cry Macho – Ritorno a casa di Clint Eastwood, drammatico, thriller e western, Usa 2021, voto: 7. Buon film di Clint Eastwood, piuttosto controcorrente in quanto la forma lascia alquanto a desiderare, mentre il contenuto si rivela significativo. Anche perché se ne fa portatore un regista politicamente reazionario che però, a causa dell’impostazione realista delle sue opere, finisce con l’esprimere contenuti antitetici a quelli della sua parte politica, razzisti e ultramaschilisti. Al contrario nel film vi è un completo rovesciamento della propaganda della destra populista, con il cowboy per antonomasia che decostruisce il mito reazionario che è stato costruito intorno a questa figura. Allo stesso modo vi è una aperta autocritica rispetto al machismo e una decisa presa di posizione contro il razzismo, con il gringo che ritrova la voglia di vivere integrandosi in una comunità e famiglia messicana.
Una famiglia vincente – King Richard, sportivo e biografico, Usa 2021, distribuito da Warner Bros Italia, voto: 7; rispetto ai candidati ai più importanti premi Oscar, Una famiglia vincente è certamente da annoverare fra i meno peggio. A differenza della maggioranza degli altri candidati ha in effetti qualcosa di significativo da comunicare. Si tratta dell’impresa di una famiglia relativamente povera e afroamericana di formare le prime due campionesse di tennis afro discendenti. Emergono così le barriere razziste che rendono così arduo l’emergere degli afroamericani in particolare in uno sport individualista e per ricchi come il tennis. Anche i valori che il padre e la madre cercano di trasmettere alle figlie sono di un certo rilievo. Peccato che il film tenda un po’ a scadere nell’agiografico non rappresentando in modo realistico e verosimile i personaggi.
La fiera delle illusioni – Nightmare Alley, azione e drammatico, Usa 2021, voto: 6. Melodrammone con tinte noir certamente ben congegnato, ma altrettanto decisamente sopravvalutato. Il film ha qualche spunto interessante quando svela i trucchi degli imbroglioni sedicenti dotati di poteri paranormali, anche se finisce, con la consueta vena reazionaria antintellettualistica statunitense, a porli sullo stesso piano degli psicoanalisti. Il film sembra una ripresa in chiave hollywoodiana de La strada di Fellini contaminato con Freaks di Tod Browning. Si tratta, dunque, di una ripresa manieristica di due grandi classici del cinema. Siamo di fronte a una merce ben confezionata dell’industria culturale statunitense, indubbiamente emozionante, ma che lascia troppo poco su cui riflettere allo spettatore.
È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, drammatico, Italia 2021, distribuito da Netflix, voto: 6-. Film decisamente sopravvalutato, è stato il film italiano che ha ottenuto più riconoscimenti dell’anno. Si tratta di una ripresa dell’Amarcord felliniano, realizzato al solito alla maniera del maestro riminese. Il film manca di sostanza, limitandosi a una discreta analisi psicologica all’interno dell’ambito “naturale” della vita etica della famiglia, senza toccare questioni economiche, sociali, storiche e politiche. Il film è alquanto piacevole, ben confezionato, ma non si può certo definire bello. Si tratta di un prodotto ben congeniato dell’industria culturale finalizzato essenzialmente al profitto e al successo, con un’aura autoriale piuttosto fittizia e posticcia.
Drive my Car di Ryusuke Hamaguchi, drammatico, Giappone 2021, voto: 5+. Candidato a film più sopravvalutato dell’anno, per gli ingiustificati grandi riconoscimenti ricevuti, il film ha spunti di un qualche interesse dal solo punto di vista del contenuto, in quanto le vicende narrate sono di scarsissimo rilievo e anche decisamente poco verosimili. Anche per la durata davvero inutilmente eccessiva il film diviene ben presto decisamente soporifero.
Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson, commedia, drammatico, Usa 2021, distribuito da Eagle Pictures, voto: 5; film in tutti i sensi mediocre e senza dubbio ingiustamente sopravvalutato, tanto da essere in lizza addirittura per i premi Oscar in categorie essenziali: miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura originale. Da quest’ultimo punto di vista, come dal punto di vista registico il film è del tutto insignificante. La candidatura a miglior film è davvero surreale, in quanto Licorice Pizza – non avendo sostanzialmente nulla da comunicare – è un film decisamente soporifero.
Il potere del cane, di Jane Campion, drammatico, Nuova Zelanda e Australia 2021, distribuzione Lucky Red e Netflix, voto: 5-. Da subito in pole position come candidato al film più sopravvalutato dell’anno, ha fatto il pieno di premi nei festival internazionali e nei premi cinematografici statunitensi, totalizzando anche il maggior numero di candidature agli Oscar. Si tratta dell’ennesima dimostrazione della completa adesione della (a)critica cinematografica internazionale all’ideologia dominante, funzionale all’interesse della classe dominante, ovvero dal capitale finanziario transnazionale. Siamo dinanzi all’ennesima professione di fede di buona parte della critica cinematografica, compresa quella sedicente di sinistra culturale, al più bieco e smaccato formalismo, al culto snobistico dell’arte per l’arte. Il film, in effetti, se risulta decisamente ben confezionato dal punto di vista formalistico, risulta del tutto privo di contenuto sostanziale. Finisce così per annoiare non garantendo nemmeno un significativo godimento estetico allo spettatore. Rimaniamo così all’estetica romantica e crociana per cui l’opera d’arte sarebbe espressione di una visione del mondo prerazionale e soggettivista dell’artista, senza nessun contenuto veritativo, politico e sociale. Naturalmente la posizione apolitica e asociale indica una precisa scelta di campo, al servizio del partito dell’ordine. Infine, nonostante tutte le movenze da film d’autore, si tratta di un filone manieristico sapientemente sfruttato dall’industria culturale.
The French Dispatch di Wes Anderson, drammatico e sentimentale, Usa 2021, distribuito da Walt Disney, voto: 4; mero e ultraformalistico esercizio di stile, può suscitare un qualche interesse e garantire godimento estetico solo alla ristrettissima cerchia degli addetti ai lavori. Per tutti gli altri il film risulta del tutto insostenibile, noioso e soporifero, per la totale assenza di un qualche contenuto sostanziale.
Belfast, di Kenneth Branagh, drammatico, Gran Bretagna 2021, distribuito da Universal Pictures, voto: 4-; indubbiamente fra i film più ingiustamente sopravvalutati dell’anno, tanto da fare il pieno nelle nomination ai premi Oscar, Belfast è un film senza qualità di un mediocrissimo regista. Nel film vi è una perfetta corrispondenza fra forma e contenuto, nel senso che sono entrambi completamente anonimi e privi di un qualsiasi spessore. Peraltro il film dovrebbe toccare un tema sostanziale, essendo ambientato in Irlanda del Nord proprio nel fatidico 1969, quando le forze di liberazione nazionale irlandese hanno raggiunto il loro massimo sviluppo, imponendo all’imperialismo britannico per mantenere la propria colonia di inviare nel paese un vero e proprio esercito di occupazione. Questo tragico contesto viene presentato in modo del tutto superficiale, dal punto di vista di una famiglia, unionista e del tutto qualunquista solo presa dalle piccolissime ambizioni della vita quotidiana.