Silvano Mezzavilla e Luca Salvagno, Quelli che a Livorno, Edizioni Kellermann, 2021.
Può rappresentare il fumetto uno strumento utile per avvicinare le giovani generazioni (e non solo loro) alla storia del movimento operaio e comunista?
A leggere Quelli che a Livorno, di Silvano Mezzavilla e Luca Salvagno, la risposta appare scontata e affermativa.
Parliamo di due autori con lunga esperienza nel settore dei fumetti, basta cliccare i loro nomi sulla rete e compariranno centinaia di link tra articoli, saggi e produzioni grafiche.
Ma questo libro è frutto di una passione durevole al servizio della quale gli autori hanno messo a frutto esperienze decennali e profonde conoscenze tecniche e narrative.
Ormai decenni fa Umberto Eco (Apocalittici e integrati, Bompiani, 2001) spiegava come il genere fumetto da mero intrattenimento si trasformasse in un vero e proprio genere letterario con una propria dignità culturale. Generazioni intere si sono avvicinate all’impegno politico e sociale, alla lettura di testi partendo dalla passione per l'eterogeneo mondo del fumetto.
Potremmo citare decine di autori che hanno dato lustro al genere fumetto unendo disegno grafico e narrazione, immagine e parola si sono fuse in una sintesi perfetta laddove la ricerca storica e la fantasia hanno raggiunto una sintesi perfetta.
I due autori hanno scelto i giorni della scissione del Partito socialista che diede vita al Partito Comunista d’Italia, uno dei protagonisti di queste tavole è Guido Repossi, figlio di operai e operaio lui stesso, dirigente della Federazione giovanile socialista di Milano che si schierò da subito a favore della rivoluzione sovietica, poi parlamentare e con l’avvento del fascismo prigioniero politico.
Repossi, nel 1928, venne espulso dal partito per essersi rifiutato di condannare l’operato di Trotsky. Dopo il 1943 chiese la riammissione nel Partito comunista, che venne rifiutata, per approdare poi al Partito socialista. Altri esponenti della sinistra comunista di ispirazioni Bordighista vissero gli anni del dopoguerra nell’isolamento per l’opposizione a Stalin. Chi operò nel sindacato e chi invece diede vita a giornali e pubblicazioni all’interno dell’area denominata sinistra comunista.
La ricostruzione dei giorni di Livorno è storicamente corretta seguita da schede biografiche di alcuni dei protagonisti delle giornate congressuali livornesi del 1921.
Quelli che a Livorno è un testo di agevole lettura, utile per quanti non conoscono la storia del Partito comunista ma anche per chi avesse voglia di immergersi nel contesto politico che portò alla nascita del Partito comunista d’Italia. Quelli che a Livorno rappresenta anche l’occasione per restituire conoscenza e dignità agli esponenti della sinistra di ispirazione bordighista.
Gli autori non nascondono il loro punto di vista – il tragico divenire del comunismo russo, non solo la tirannia di Stalin, anche la patetica inefficienza dell’economia di Stato per citare un passo dall’Introduzione – che tuttavia non è di impedimento per soffermarsi sulle varie anime presenti al congresso di Livorno. Il testo ha la capacità di cogliere passioni e speranze delle classi oppresse e protese verso ideali e pratiche di liberazione dallo sfruttamento.
Il libro evidenzia la natura etica e morale di una classe dirigente che operò con passione e noncuranza degli interessi personali, “non per far carriera” ma “per il sogno di una cosa” che si chiamava Comunismo. Forse una lettura troppo angusta e parziale ma finalizzata a invogliare il potenziale lettore a addentrarsi nella lettura del testo e nella ammirazione del disegno, componenti che hanno permesso la realizzazione del testo.