Segue da “Mrs. America” pubblicato nel numero precedente di questo giornale.
Anche il quarto episodio della miniserie oltre a essere godibile dal punto di vista estetico lascia molto su cui riflettere allo spettatore. Al centro del plot vi è sempre un argomento sostanziale di valenza universale: il grande scontro fra chi si batte per l’emancipazione del genere umano e chi combatte per la disemancipazione. Ora, se nel decennio precedente vi era stata una potenze avanzata del fronte progressista, a partire dal 1973, anno fatidico in cui è ambientato il quarto episodio, vi è una inversione di tendenza. Le forze progressiste non avendo elaborato un programma rivoluzionario praticabile, con l’esplodere della crisi nei paesi capitalisti avanzati, subiscono una battuta d’arresto, in quanto non vi sono più i margini di profitto necessari a concedere le riforme, utili a mantenere le forze antagoniste su posizioni compatibili con il sistema. Fallita, come prevedibile, la via elettorale, solo apparentemente libera e democratica, il movimento di protesta, non essendo unito da un obiettivo universale inizia ad assumere posizioni corporative. Ad esempio la decisione di dare una impostazione interclassista e apolitica al movimento femminista, accogliendo esponenti del partito repubblicano, porta alla rottura con le frange più radicali. Per altro già l’isolare la causa dell’emancipazione delle donne, da quella del genere umano, tende tagliare fuori da questo essenziale movimento i maschi. Inoltre l’interclassismo e la presenza anche di esponenti della destra, porta gli afroamericani a sentirsi discriminati e a voler sviluppare un movimento specifico per la loro emancipazione che, di fatto, taglia fuori i caucasici. D’altra parte per tenere unito il fronte afroamericano, si arriva a una rottura con il movimento per i diritti dei non eterosessuali, per mantenere unito un movimento in cui sono presenti in modo significativo posizioni sessiste. Ciò porta quello che diverrà il movimento per l’emancipazione dei non eterosessuali a svilupparsi autonomamente, perdendo i connotati di classe e politici antisistema. Da esso si distaccheranno poi gli afroamericani non eterosessuali e, così via, indebolendo sempre più il fronte che si batte per l’emancipazione del genere umano. Di ciò approfittano ampiamente le forze che combattono per la disemancipazione, che fanno sì che, negli Stati più rurali, tradizionalisti e razzisti non venga approvata la legge per l’eguaglianza dei diritti delle donne. In tale schieramento emerge sempre di più Mrs. America, in quanto ponendosi a capo di un fronte di donne contrarie alla emancipazione non costringe a far esporre i maschi, facilmente tacciabili di essere maschilisti, sessisti etc. A questo punto si apre una ulteriore frattura nel già indebolito fronte femminista, in quanto una dei suoi storici esponenti intenderebbe contrastare la propaganda di Mrs. America, mentre la maggioranza crede sia necessario continuare a ignorarla, per non dargli l’agognata visibilità. Così la fondatrice del movimento femminista statunitense, per cercare di riprendere il controllo di contro alle emergenti giovani leve, decide di lanciare da sola la sfida a un confronto pubblico con Mrs. America. Tale scontro assume rilievo in quanto, contrariamente alle attese del movimento femminista, una università, sino ad allora roccaforte dei progressisti, accetta di ospitarlo, mettendo sostanzialmente sullo stesso piano chi sostiene l’emancipazione dell’umanità e chi la contrasta. Inoltre troppo sicura di vincere giocando in casa, l’esponente femminista finisce nel cadere nelle provocazioni della reazionaria, che non potendo competere sul piano universale, cerca di riportare sempre lo scontro sul piano personale, individuale e privato. In tal modo, paradossalmente è la rappresentante progressista della lotta alla guerra ad apparire violenta nel confronto con la più accesa sostenitrice del militarismo. Naturalmente i giornalisti interessati, non mettono in evidenza la sostanza delle posizioni a confronto, ma si limitano alla forma superficiale per cui la progressista ha finito per attaccare verbalmente in modo violento la reazionaria, che giocando fuori casa si è, al contrario, dimostrata impeccabile dal punto di vista meramente formale.
Anche il quinto episodio mantiene sotto tutti i punti di vista gli alti livelli dei precedenti. È incentrato sullo scontro fra due coppie che rappresentano nel modo più emblematico le due posizioni in lotta, ossia chi si batte per far inserire in costituzione un emendamento sugli eguali diritti delle donne, sulla falsa riga di quello contro le discriminazioni razziali, e chi fa di tutto per difendere il patriarcato. A tale scontro si aggiungono, immediatamente, quello fra chi si batte contro la guerra e chi è militarista convinto, fra chi è favorevole alla coesistenza pacifica e chi alimenta la caccia alle streghe anticomunista. Al di là di questo sfondo universale storico e politico vi è la significativa contraddizione all’interno dei due opposti ed egualmente tipici modi di interpretare il rapporto di coppia. Da una parte vi è chi fa di tutto per stabilire nuove regole di libertà all’interno del rapporto di coppia, contro il perbenismo ipocrita del puritanesimo dominante. Dall’altra vi è una tradizionalista opportunista e arrampicatrice sociale, piena di piccole ambizioni, che ha sposato un uomo più anziano e decisamente meno affascinante di lei, ma al contempo ricco. Questo diviene il trampolino della sua ascesa sociale, costruita attraverso lo schierarsi, in un’epoca di grande lotta per l’emancipazione delle donne, per la disemancipazione. Se nel primo caso si incontra la contraddizione fra lo spirito libertario e impegnato sul fronte dell’emancipazione e l’edonismo che risulta con tale impegno difficilmente compatibile, nel secondo caso vi è un evidente contraddizione, tipica dell’ipocrisia puritana fra il dire e il fare. In effetti, la lotta di Mrs. America è essenzialmente legata alla sua piccola ambizione del successo personale, al quale non può che contrapporsi il suo sostenere la famiglia patriarcale e, dunque, la sottomissione della donna al marito. In effetti Mrs. America è esattamente il contrario della casalinga remissiva, di cui intende difendere i “privilegi”. D’altra parte vi è il rischio che la indispensabile critica ai “valori” tradizionale, ormai anacronistici, rischi di portare a una negazione di ogni valore, che non sia l’utilitarismo edonista dell’individuo, che è una posizione fondamentalmente nichilista.
Il sesto episodio è dedicato alla repubblicana che presiede un comitato che dovrebbe portare a termine l’emendamento sui pari diritti delle donne, fortemente voluto dalla first lady del presidente repubblicano moderato Ford. Anche perché sono stati i repubblicani stessi nel 1940 a lanciare questa parola d’ordine, mentre negli anni seguenti è divenuta sempre più un cavallo di battaglia dei democratici. Dunque, protagonista dovrebbe essere la più importante esponente del femminismo repubblicano. Tuttavia, come la candidatura di Ford è sempre più posta a rischio dall’emergere della destra radicale guidata da Reagan, l’elettorato femminile repubblicano è sempre più influenzato da Mrs. America. La quale finisce così per essere la sostanziale protagonista anche di questa puntata. La sua determinazione a praticare gli obiettivi che si prefigge e la sua capacità di mobilitare la base, unendo tutte le componenti reazionarie del paese, dai rappresentanti di tutte le confessioni religiose a gli esponenti dell’ultra destra, ne fanno una donna del corso del mondo. Mrs. America ha inoltre non solo una strategia chiara, una ideologia ben definita, ma ha anche una assoluta spietatezza e duttilità tattica nel portarla avanti, in quanto ha compreso che la questione essenziale è quella del potere. In tal modo riesce a contribuire in modo determinante allo spostamento sempre più a destra del Partito repubblicano, che lascia interdetta la repubblicana femminista, che finisce per essere sempre più isolata all’interno del partito. Nonostante la sua spietatezza, anche Mrs. America ha un punto debole, ossia non è riuscita a impedire al suo primogenito di divenire quello che definisce un “pervertito”, in quanto il giovane testimonia delle evidenti tendenze omosessuali. Significativo è il tentativo, subito abortito, della dirigente femminista dei repubblicani di aprire una interlocuzione con la principale esponente dell’ala reazionaria. La femminista le fa presente il dato incontrovertibile della violenza sessuale che subiscono le donne nei posti di lavoro e racconta la sua stessa terribile esperienza di molestie costantemente subite da parlamentari del suo partito, che vorrebbe portare dalla parte dell’eguaglianza dei diritti per le donne. Tali problematiche etico-morali non scalfiscono in nessun modo la determinazione di Mrs. America di praticare il proprio obiettivo, tanto che liquida questa spinosa questione sostenendo che le donne che vengono molestate se la sono cercata, tanto che le donne caste non sarebbero molestate. Del resto uno degli slogan del suo movimento è rose, non diritti per le donne.
Con il settimo episodio siamo nel 1977 quando, dopo la vittoria alle elezioni dei democratici, che controllano esecutivo, legislativo e giudiziario, la strada per l’approvazione dell’Emendamento per la parità dei diritti sembra ormai spianata, rimanendo solo tre stati a su trentotto a non averlo approvato. Inoltre il movimento per l’emancipazione riesce a piazzare una sua militante come prima assistente donna del presidente. In tal modo si riforma la commissione nazionale per le donne, con questa volta a capo una democratica, anche se si tratta della più moderata all’interno della leadership del Movimento. D’altra parte lo zoccolo duro repubblicano, guidato da Mrs. America, non si dà per vinto e si pone l’obiettivo di sabotare dall’interno la commissione nazionale delle donne, mobilitando la propria base e stringendo alleanze più strette con le chiese più reazionarie, a partire dai mormoni, per eleggere un significativo numero di delegati al congresso per contestarlo e farlo saltare dall’interno. È interessante notare come ancora una volta, dal punto di vista formale, la donna del corso del mondo si mostri la più abile nella lotta per il potere, fra le forze che si battono per l’emancipazione e quelle schierate per la disemancipazione. Così, sebbene fra i suoi stessi figli crescano le defezioni alla sua linea reazionaria, Mrs. America tiene duro e organizza non solo la resistenza, ma imprevedibili contrattacchi, in un periodo al quanto sfavorevole dal punto di vista dei rapporti di forza. Ma la determinazione a proseguire la lotta con ogni mezzo necessario, gli consente di superare questo momento così complesso, in attesa che venga un momento finalmente favorevole a chiudere la partita. Così non solo mette in circolazione un documento falso, con pezzi di discorsi di esponenti del Movimento estrapolati dal contesto, per far crescere l’avversione all’emancipazione delle donne fra tradizionalisti e conservatori, ma riesce a tenere insieme un fronte quanto mai ampio dalle apolitiche casalinghe, che si sentono minacciate nel loro status sociale dall’emancipazione delle donne, fino ai fascisti e razzisti del Ku Klux Klan. La presenza in senso provocatorio alla manifestazione dei reazionari prevista alla convenzione nazionale delle donne, spaventa la dirigente di quest’ultima, che pensa di poter correre ai ripari, cancellando la rivendicazione dell’emancipazione dei non eterosessuali. In tal modo, rischia però di creare un’ulteriore frammentazione del già indebolito movimento ed è costretta così a fare marcia indietro. Resta, comunque, la tendenza al frazionismo, indissolubilmente legata all’opportunismo, che finisce con l’indebolire sempre più il fronte progressista che finisce con l’essere fiaccato da conflitti interni. Nello scontro la struttura democratica del Movimento, rischia di essere meno efficace rispetto alla struttura decisamente più gerarchica delle forze della reazione.