Walter De Cesaris, per anni delegato di base alla Manifattura Tabacchi Romana, ha voluto colmare un vuoto nella storia sociale del nostro paese scrivendo questo importante e utile libro sulla storia delle operaie del tabacco in Italia. Ed è ancor più importante oggi, nella profonda crisi di rappresentanza delle organizzazioni del movimento operaio, poiché il libro si proietta oggettivamente oltre la particolare categoria e ci obbliga a scavare dentro le nostre stesse origini per la necessaria rifondazione. E’ quello che lo storico Hippolyte Taine, nel 1875, chiama il ritorno al momento genetico. Noi abitiamo le stanze di una casa che abbiamo ereditato, curando solo l’ordinaria manutenzione, dimenticando il sapere sulle fondamenta, sui muri maestri. Ma quando l’edificio minaccia di crollare, occorre ritornare a riflettere sui progetti, i disegni e i modelli dei primi costruttori, riscoprire i materiali utilizzati dai fondatori.
Una storia secolare di lotte, quindi, condotte da una forza operaia anomala, costituita nella grande maggioranza di donne protagoniste di un doppio processo di liberazione: “da una condizione di sfruttamento come operaia dentro la fabbrica, nei campi di raccolta, nei magazzini di prima lavorazione e da una condizione di subordinazione a casa, nel lavoro e nella società, a causa della cultura dominante del patriarcato."
Un tentativo, afferma Walter De Cesaris, (ben riuscito sosteniamo noi) di costruire “attraverso tante storie, una storia, e attraverso di essa far emergere alcuni caratteri di fondo costituenti un profilo politico, sindacale e culturale di una vicenda complessa”. A partire dai due termini “tabacchina” e “sigaraia”, spesso sovrapposti per indicare indifferentemente lavoratrici impiegate nella raccolta e lavorazione del tabacco. Nella realtà l’autore ci illustra due mondi del lavoro assai differenti con paghe, orari e condizioni diversificate: “quello delle tabacchine, legato alle campagne e connesso al lavoro contadino della coltivazione(…..) e quello delle sigaraie, legato alla fabbrica e alla progressiva meccanizzazione del lavoro manuale.”
Attraverso una ricerca rigorosa di documenti, interviste, articoli di giornale, canti proletari, testimonianze dirette e indirette viene ricostruita in modo appassionante una vicenda che coinvolge l'intero paese e almeno cinque generazioni di lavoratrici, le vere protagoniste del libro perché partecipano direttamente a tutte le principali fasi della storia del paese: dai primi scioperi a fine ottocento, alla rivolta milanese cannoneggiata da Bava Beccaris, allo sciopero per il pane a Torino nel 1917, alla lotta di liberazione dal nazifascismo, fino alla strage di Battipaglia nel 1969 e alle lotte contro la privatizzazione che vedrà la fine dell'industria del tabacco nel 1991 con la privatizzazione e la svendita alla multinazionale americana. Capaci di condurre scioperi a oltranza che duravano mesi scontrandosi contro padroni, governo, esercito e anche, se necessario, con la moderazione dei dirigenti della Cgil e dei parlamentari socialisti come durante lo sciopero del 1914.
Ribelli, fiere, dignitose anche spavalde come ce la raccontano la letteratura, il cinema e persino l'opera, le tabacchine costituiscono un'avanguardia nelle lotte contadine, come le sigaraie in quelle di fabbrica.
Leggendo le loro rivendicazioni, in particolare quelle in difesa della salute si percepisce la maturità politica raggiunta anche sotto la spinta del protagonismo delle più giovani. Ogni nuova generazione rinvigorisce la coscienza politica e di classe: da quelle lotte nascono i diritti sanciti nella nostra Costituzione.
Cosa di cui sono consapevoli. Scrive Norma, vecchia operaia della Manifattura tabacchi di Firenze a conclusione del libro:
"Eravamo donne molto battagliere ed emancipate per l'epoca. La parola non mancava.. La parola sempre pronta per combattere e far valere le nostre ragioni. Non ci si vergognava. Siamo state delle ribelli. Abbiamo fatto del bene per quelli che ci stanno ora."
Questo libro, quindi, ci aiuta a ritrovare le radici della nostra forza, a ritrovare le parole; paradossalmente la sua attualità è nell’indagare le origini di una comunità di lavoratrici che alza la testa, si organizza, produce i suoi dirigenti e intellettuali organici, in sostanza diventa una classe. E nel contesto di oggi, sulle ceneri del progressismo evoluzionista ed ottimista, Walter De Cesaris ci restituisce la consapevolezza che nessuna conquista è mai definitiva e nella lotta di classe, nelle sconfitte si può tornare allo status quo ante, e purtroppo anche dolorosamente.