Una interessante disamina sulle più recenti pubblicazioni su scuola e formazione utile per districarsi in questo enorme labirinto che è il mondo scolastico.
di Renata Puleo
Un mio amico psicoanalista, padre di figli che frequentano la scuola, politicamente attento, mi chiede come mai nessuno (sic!) spiega alle famiglie in cosa consiste La Buona Scuola, e perché così pochi scrivano di educazione e di formazione. Sconcertata balbetto che purtroppo un po’ tutti, di questi tempi, scrivono di scuola, di giovani, di formazione che, anzi, mi pare veramente bulimico l’interesse di analisti di varie formazioni e tendenze politiche verso il mondo scolastico.
Non riesco ad essere convincente e così penso di farmi un piccolo elenco mentale di quel che ho letto, traccio una bibliografia ragionata di pubblicazioni recenti e meno, in una personalissima narrazione, con gratitudine verso alcuni autori e con indignazione verso altri. Un ordine non cronologico (diciamo ante e dopo riforma), privilegiando la metonimia, vicinanza retorica potrei dire. Scuola, educazione, memorie, analisi anche di “campo-psi”: scelgo solo alcuni titoli, tutti italiani, sicuramente quelli che dimentico e non conosco sono tanti.
1. Gli ineffabili. Gli autori che è difficile collocare: sarà che la loro analisi, le loro parole mancano di mordente politico? O mordono male?
Christian Raimo Tranquillo prof, la richiamo io Einaudi 2015.
I ragazzi e le loro protesi virtuali, quelle mediante le quali comunicano pensando di parlare e di ascoltare davvero, forse facendolo, ma noi, scarsamente digitali come soggetti, non capiamo bene quel che si dicono, non conosciamo la lingua che parlano per dirsi. Uno sguardo acuto quello di Raimo, un po’ dolente, sicuramente più implicato e responsabile di chi osserva “gli sdraiati” come se fossero figli alieni, di cui non si sa nulla, nemmeno di come li si è educati (ovviamente parlo dell’ex-ex-ex Michele Serra che tanto piace agli ex-ex-ex comunisti). Fare della scuola e dell’educazione un luogo intimo.
Massimo Recalcati Patria senza padri. Psicopatologia della politica italiana Minimum Fax 2013. Ancora Raimo che, questa volta in veste di intervistatore, cade nella rete del più famoso lacaniano d’Italia. Raimo lo definisce “uno sciamano” e lo ascolta così rapito che le domande non riescono a stanare, nel discorso coltissimo, le simpatie di Recalcati per il Sindaco Renzi e per il Grande Padre Napolitano. Nella patologia tutta italiana della politica, suggerisce lo studioso, sono queste le figure di spicco per rilanciare il Nome del Padre e promuovere il mito di Telemaco; terzo, dopo i freudiani Edipo e Elettra, il figlio di Ulisse non uccide i genitori ma li mette a posto, al loro eterno posto nella struttura famigliare. Curare le ferite grazie al ritorno del maschile autorevole, sia esso paterno o figliale.
Massimo Recalcati L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento Einaudi, 2014.
I temi dell’educazione, visti all’interno di una sorta di Educazione Civica di taglio psicoanalitico, tornano come funzioni del Desiderio, e noi, gente di scuola, per lo più donne, gli siamo grate per la sottolineatura degli aspetti che l’insegnamento porta con sé come un dono. Io avverto un fremito leggendo la notarella a piè di pagina dove reclama un ovazione al Sindaco che, diventato Presidente e autore de La Buona Scuola, inaugura l’anno scolastico visitando tartassati istituti d’istruzione. Di recente, Recalcati ha messo mano anche alla madre (Le mani della madre. Desiderio, fantasmi ed eredità del materno Feltrinelli, 2015). Del resto lo abbiamo letto nel testo precedente, se è diventato la presenza autorevole (e mediatica) che è, Recalcati lo deve alla sua mamma e alla professoressa che gli hanno restituito l’autostima sottrattagli dalla cattiva maestra delle elementari.
Paola Mastrocola Togliamo il disturbo, Saggio sulla libertà di non studiare Guanda 2012.
Ed ecco un’altra guru della formazione, professoressa e scrittrice. Dopo aver raccontato la scuola al suo cane nel 2004, rilasciato interviste e macinato consensi ai suoi romanzi avanza, con buon tempismo sulla riforma renziana intorno al tema scuola-lavoro (in sequenza improbabile e in alternanza ormai certa), la proposta di tagliare il percorso dell’istruzione obbligatoria (ancora? ancora di più?). Così commenta il recensore de “Il Riformista”: “La proposta di Paola Mastrocola di interromperlo a quattordici anni, lasciando agli studenti la scelta di continuare, se vogliono, gli studi, seguendo percorsi differenziati (una scuola per il lavoro, una per la comunicazione e una per lo studio) non è priva di attrattive. Tuttavia, mi pare che essa può essere accettata da chi crede nell’eguale libertà soltanto se i quattordicenni hanno ricevuto il meglio che la scuola riesce a dar loro. Tenendo conto che le esigenze di ciascuno saranno sensibilmente diverse e le capacità di apprendimento potrebbero non essere uniformi”. Malgrado abbia già consumato quattro anni di vita il libro è ancora letto e recensito.
Franco Lorenzoni I Bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica Sellerio 2014. So che mi farò odiare soprattutto dai/dalle transfughi/e della buona vecchia MCE: ma se i bambini pensano così grande perché l’unico protagonista del testo è il Maestro, da solo, senza colleghi, senza Dirigente, senza INVALSI, senza RAV… forse a Giove dove insegna c’è una libera utopica repubblica.
2. Gli illeggibili. Vanno letti, per farsi le idee ancora più chiare su chi fa il suggeritore al Governo.
Paolo Sestito La scuola imperfetta Il Mulino, 2014
Andrea Ichino, Daniele Terlizzese Facoltà di scelta Rizzoli, 2013
Rapporti della Fondazione Agnelli dal 2009 fino a quello sulla valutazione, La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria all’Italia Laterza, 2014 (il famoso dettato-INVALSI/ANVUR).
Andra Gavosto (Direttore della suddetta fondazione) Il sistema scolastico italiano in AAVV People First. Il capitale sociale e umano: la forza del Paese S.I.P.I. Ed, 2014
Tutti volumi in cui, mossi dalla spinta etica ad occuparsi dei più poveri (sic!) per promuovere fra loro i migliori, si discute dell’importanza di tradurre in titoli reali quelli legali che, ancora, non si capisce come mai, la scuola pubblica e l’Università rilasciano. Per lo più scritti nella neo-lingua english-finanziaria-liberista.
Norberto Bottani Requiem per la scuola. Ripensare il futuro dell’Istruzione Il Mulino, 2013
Dopo aver fatto suonare la campanella per rientrare a studiare davvero (La ricreazione è finita. Dibattito sulla qualità dell’istruzione Il Mulino 1986), pubblica, a dibattito iniziato sulla riforma di Renzi, un saggio sulla necessità di sburocratizzare i sistemi statali. Si tratta di accompagnare la morte naturale dei sistemi pubblici di formazione generalizzata. Attenzione, l’eutanasia serve a dare il meglio ai più deboli. Piace alle associazioni di categoria, dirigenti e insegnanti garantiti (fino a quando?), come si vede sul sito dell’ADi (Associazione Dirigenti e insegnanti)
3. Gli imperdibili. Anche quando fanno male.
Beatrice Bonato Sospendere la competizione. Un esercizio etico Mimesis 2015. La politica entra dalla porta principale e occupa lo spazio della scuola, della formazione, della educazione, una riflessione che ci sfida al paradosso di sottrarsi per poter ancora agire, in senso arendtiano.
A cura di Marco Ambra Teste e colli. Cronache dell’istruzione ai tempi della Buona Scuola e-book Il Lavoro Manuale, 2015. Il coraggio di incastrare con buone domande anche Tullio De Mauro, costringerlo a dire quel che altrove non dice sulla riforma e sul sistema di valutazione. E c’è molto altro su un popolo di decollati con la testa sottobraccio, seguendo la metafora del titolo.
Carla Melazzini Insegnare al principe di Danimarca Sellerio 2011. Nelle strade di Napoli e dintorni i poveri a scuola ci vanno quando capita, quando hanno tempo, quando non sono impegnati a sopravvivere. E sono pure cattivi, come si addice loro fuori dalla retorica, se proviamo a praticarli davvero.
Giulio Ferroni La scuola impossibile Salerno Ed., 2015. Uno storico dell’arte alle prove con La Buona Scuola, con qualche prudenza politica iniziale, poi smentita da buone analisi sulla didattica 2.0, sull’invasione dell’inglese maccheronico, sulle presunte competenze certificate.
Libri che fanno faticare, che obbligano a pensare a cosa fai, a come ti collochi, a quanto approfondisci le questioni che riguardano il tuo lavoro a scuola, o il tuo compito di educatore, di genitore. La scuola è un ologramma di un intero sistema, è impossibile farne una qualsiasi analisi critica senza chiedersi se questa società a modo di produzione neoliberista sia emendabile o no. Se pensiamo di no, sono libri per noi.
4. Fresco di stampa.
Walter Tocci La scuola, le api e le formiche. Come salvare l’educazione dalle ossessioni normative Donzelli, 2015. A Roma ricordiamo Tocci come vicesindaco e assessore alla mobilità durante la lunga amministrazione di Francesco Rutelli. Senatore del PD, è membro della VII Commissione Permanente Cultura, Scienza, Istruzione dove ha seguito l’iter della discussione de La Buona Scuola. Il tipico esponente delle vicissitudini trasformiste dell’ex Partito Comunista Italiano.
Il titolo ricorda il saggio del consulente economico di Tony Blair, Geoff Mulgan, L’ape e la locusta. Il futuro del capitalismo tra creatori e predatori Codice Ed., 2014: cambiano gli insetti, resta la sostanza, il capitalismo è il destino. Non si può non notare il cavilloso lavoro del senator Tocci sui testi, l’apparato delle note è enorme e vi si trova, a sostegno di una moderata e disciplinata (nel senso della buona, vecchia disciplina di partito) critica alla Legge 13 luglio 2015, n. 107, di tutto un po’, libri contro, pro, no/si/ni. La grande riforma renziana, il suo “pasticcio”, come non ha problemi a dichiarare lo stesso Primo Ministro, viene passata al vaglio, non tanto perché inutile, dannosa, frutto di una ideologia totalmente interna all’attuale modello di cultura neoliberista, ma perché Tocci è consapevole di essere stato, proprio per moderazione, fra i responsabili della sua discussione e approvazione. “Ci ho creduto, cercando nel mio piccolo di dare un contributo con proposte innovative e in alcuni casi di possibile mediazione”, si legge in nota al capitolo “Il boomerang della Buona scuola”. (p 20, nota 19)
Il buon senso è un sentire buono? Direi di no. Nell’ultimo capitolo, “Le decisioni generative”, mediante metafore utili per dire e non dire, per affermare negando, Tocci scrive: “Il pensiero dominante si è impadronito delle parole illibate, le ha strappate alla comunità e le ha gettate sui marciapiedi a prostituirsi. Così la parola Riforma non fa più presagire un’emancipazione, ma annuncia nuove sciagure” (p 178). Un’allegoria che descrive la parabola del partito comunista, passato a miglior vita e risorto come uno zombie nell’attuale partito della nazione. Per un politico che è stato presidente ed è attualmente membro del direttivo del Centro Riforma dello Stato, la parola riforma è considerata inadatta alla legge 107 e il suo significato sfuma nel non-senso. Occorre fare di tutto per smarcarlo da qualsiasi compromissione rivoluzionaria, non sia mai.
“Abbiamo visto come il successo della “forte” (virgolettato dall’autore) riforma della scuola media del 1962 abbia contribuito per imitazione al fallimento della riforma delle superiori. I progetti non realizzati nella seconda Repubblica sono proprio quelli più significativi, a prescindere dal giudizio di merito che se ne può dare, dai cicli di Berlinguer alla legge Aprea”. (p. 179). Per raccapezzarsi sul significato di questa ardita equivalenza, occorre scorrere all’indietro il testo. Tessendo le lodi dell’autonomia, promossa dal basso da un emancipatore Ministro Berlinguer, “il più coraggioso del ventennio” (p 27), Tocci afferma che la norma è scivolata sul terreno sdrucciolevole degli “ossimori della destra italiana: autonomia e gerarchia, competizione e controllo” di cui è stata responsabile la sottosegretaria Aprea. Un tentativo, di Berlinguer e di Aprea insieme, di “riscrivere le regole fondamentali” purtroppo finito nella maglie del mercato, che libera la competizione da ogni scrupolo, che fiacca “la libera dialettica fra le parti” (p 26). Il mercato non sarebbe così cattivo e non giocherebbe ad accalappiarsi la dialettica merito-meritocrazia se il mondo della scuola, gli insegnanti, non fossero stati fuorviati dalla riforma di Renzi sul significato del merito e della valutazione, che ha perfino “ignorato i modelli elaborati dall’INVALSI” (p 46). Tocci, per essere più incisivo, cita un commento di Gavosto, “un analista serio e benevolo”, a supporto di questa tesi. La sua critica fornisce il salvagente della mancata comprensione, e quindi della incompletezza nella realizzazione del disegno, non solo alla Aprea, ma anche alla Fornero. Della legge sul lavoro (legge 28/06/2012 n 92), fra le molte cose che non ritiene di dover citare, loda la certificazione delle competenze e le reti formative (comma 51, art 4). Attribuisce voti più scarsi a Fioroni, ma si sa era di passaggio, anche se è quasi perfetto il percorso sull’istruzione adulta varato al tempo del suo governo; peccato solo che l’attuale definizione CPIA al posto di CTP (Centri Territoriali Permanenti per l’Istruzione e la Formazione in Età Adulta), “sia bruttina”. Il fatto che sotto l’acronimo, emendato della parola educazione, si nasconda l’eliminazione dell’esperienza decennale di formazione e non solo di istruzione dai 15 anni in su, non trova menzione.
Per finire. Ho appena scaricato un testo da inserire in elenco, non so ancora dove, ma lo immagino: Massimo Cerulo Gli equilibristi. La vita quotidiana del dirigente scolastico: uno studio etnografico Rubettino e-book, 2015. Una ricerca ideata e finanziata dalla Fondazione Agnelli. Mi tremano i polsi: l’etnia renziana andrà difesa come una popolazione amazzonica?