A Roma, dopo lo sgombero subìto a forza di ruspe che hanno demolito fisicamente il laboratorio sociale che ha segnato per tre anni la sua esperienza, SCUP ripropone il suo progetto di ridefinizione dello spazio urbano in un nuovo luogo da riqualificare per conquistare una diversa realtà di vita nella città.
di Gaia Benzi
Lo slogan che campeggia su via della Stazione Tuscolana recita: “Stiamo ricostruendo un sogno”. Quale sogno possa svilupparsi dentro un capannone abbandonato da decenni, proprio accanto ai rumorosi binari della stazione, sembra difficile capirlo a una prima occhiata, ma i cartelli attaccati alle serrande sdrucite non lasciano dubbi ai passanti curiosi: è il sogno di SCUP, che rinasce dalla devastazione delle ruspe.
Ma andiamo con ordine. SCUP è l'acronimo di Sport e Cultura Popolare. Nasce nel maggio del 2012 in Via Nola 5, in un edificio circondato dal verde, dalle mura romane e da palazzi condominiali, che giaceva abbandonato da almeno dieci anni. Lo stabile, ex motorizzazione civile, era stato svenduto qualche anno prima dal FIP a un terzo del suo valore, in un processo di compravendita talmente poco lineare da richiamare le attenzioni di una commissione d'inchiesta parlamentare. L'acquirente, la F&F Immobiliare, oggi come all'epoca non ha mai fatto mistero di voler cambiare la destinazione d'uso dell'immobile, per trasformarlo, da luogo di servizi qual è e qual è sempre stato, in un centro commerciale.
SCUP nasce dunque per contrastare una speculazione sul territorio, l'ennesima, in un quadrante già martoriato dalla carenza di servizi e di spazi di aggregazione. Ma nasce soprattutto per contrapporre a quest'ingiustizia un sogno: quello di un luogo di servizi a prezzi popolari per la cittadinanza, di reddito per i professionisti che lo animano, di welfare dal basso in questo periodo di crisi, di nuova socialità e fratellanza in una città sempre più abbandonata a se stessa.
Dopo un braccio di ferro durato anni con la F&F, e malgrado le parole spese da alcune figure istituzionali cittadine per salvaguardarne l'importante funzione sociale nel territorio, il 7 maggio SCUP è stato sgomberato e distrutto dalle ruspe della proprietà. Un edificio che nel giro di tre anni era stato interamente riqualificato, e che veniva attraversato da centinaia di persone ogni giorno, è stato raso al suolo in pochi minuti. Dove la domenica precedente i bambini giocavano allegri durante l'edizione mensile del mercato all'aperto, oggi c'è un cumulo di macerie e calcinacci. E chissà per quanto ancora sarà così.
Quest'ennesima ingiustizia non è però passata senza conseguenze. SCUP ha reagito, insieme a tutte le persone che lo vivevano, che ci si allenavano o ci andavano a studiare, che lì facevano le loro riunioni o portavano avanti i loro progetti. Dopo un'assemblea pubblica di fronte allo scempio di Via Nola, la cittadinanza è partita in corteo per le vie del quartiere, e nel suo percorso ha trovato una nuova casa in via della Stazione Tuscolana. Il capannone abbandonato di cui sopra.
Allievi e insegnanti, corsisti e istruttori, genitori e operatori sociali, insieme ai bibliotecari, ai cuochi dell'osteria e a tanti e tante volontari del territorio si sono dati da fare per ripulire quello che fino al giorno prima era un luogo di assoluto degrado. In una via dimenticata da Dio, dagli uomini e soprattutto dalle Ferrovie dello Stato, proprietarie del nuovo edificio, si sono susseguiti ragazzi in tuta bianca con guanti e mascherine, squaletti dell'Ama, furgoni carichi di materiale, pranzi sociali di sostegno e incontri di progettazione tecnica finché l'edificio non è stato a tal punto ripulito da poter ospitare i tre giorni di compleanno previsti per il fine settimana appena trascorso. Il progetto è quello di riqualificare interamente l'area, in modo da poter ricostruire SCUP con tutte le attività che ospita e, soprattutto, ricreare quello spazio di socialità che il quartiere aveva finalmente conquistato a se stesso.
“Stiamo ricostruendo un sogno”, dunque, il sogno di poter vivere la città in maniera aperta, inclusiva e solidale, mettendo le forze dell'autogestione a servizio delle esigenze dei cittadini, e creando così un circolo virtuoso dove fornire servizi e fare comunità siano due facce della stessa medaglia, quella della rigenerazione sociale e urbana di Roma.