La grande mobilitazione internazionale delle donne sfodera, per il quarto anno di fila, tutta la sua potente vitalità. Il 23 novembre, a Roma, in migliaia hanno sfilato per ribadire non solamente un deciso NO alla violenza patriarcale, razzista, istituzionale, ambientale ed economica ma per ribadire la ferrea volontà di conquistare a tutti i costi gli spazi e i percorsi utili alla costruzione di una società libera ed equa, a prescindere dalle “gentili” concessioni o dalle vane promesse del sistema borghese e patriarcale.
Il tema della violenza contro le donne, in particolare, è ben lungi dall'essere un argomento “trito”: purtroppo i dati dimostrano - avallati dalla percezione quotidiana di ognuna di noi - che la violenza permane, ed è violenza fisica, verbale, psicologica, sociale (allarmante, a questo proposito, l'ultimo report Istat Conciliazione tra lavoro e famiglia/Anno 2018).
Bisogna iniziare a praticare la nostra rivoluzione dal quotidiano, tanto più quando si tratta di fare un lavoro mastodontico ossia quello di estirpare le velenose radici del pensiero misogino, che contaminano diversi aspetti del reale che ci circonda da millenni. Non è più possibile tollerare nulla di tutto ciò, né è possibile procrastinare una ferma condanna ad ogni tipo di azione o pensiero contrario a questo altissimo scopo posto in essere da chiunque, figuriamoci da chi si professa comunista. Supportiamo come abbiamo sempre fatto il movimento di liberazione delle donne, il punto di vista femminile nella lettura della realtà, consci che le donne saranno alla testa della rivoluzione di domani. Sosteniamo e alimentiamo il nostro femminismo per fare in modo che sia una pratica rivoluzionaria ragionata e quotidiana, un’urgenza politica e morale da fare propria oltre che un tema da approfondire, condividere e diffondere.
Grazie a Diego Chiaraluce pubblichiamo le fotografie di una giornata di mobilitazione importante, ribadendo che ricondurre l'oppressione di genere alla contraddizione di classe non rappresenta un modo per eludere l'aspetto specifico della necessità delle liberazione delle donne dal gioco del patriarcato e del maschilismo ma rappresenta, al contrario, l'asse strategico di lotta attraverso il quale affrontare e risolvere in senso rivoluzionario il profondo legame strutturale (e non solo “culturale”) esistente tra necessità di dominio e strutture sociali che determina in ultima istanza TUTTE le forme di oppressione da smantellare da cima a fondo.