C’è una mano invisibile che si cela alle spalle della classe politica dirigente, una schiera di specialisti di una disinformazione volontaria che plasmano la mente e la mediaticità del politico: sono gli “spin doctors”, ossia gli addetti ai lavori delle campagne elettorali permanenti.
di Marilisa Spalatino
Quella degli spin doctor non è ancora riconosciuta come una professione vera e propria, benché i campaign managers esistano già dai tempi di Roosevelt quando si occupavano di analizzare i sondaggi elettorali per conto del presidente. Ai tempi, però, la loro figura aveva semplicemente funzioni di consulenza su commissione senza una pianificazione a lungo termine per una campagna elettorale permanente. Nel corso dei decenni successivi emersero consulenti politici di spicco (Ted Bates, Joe Napolitan e il più famoso Edward Bernays) che tramite gli strumenti di indagine di discipline quali la sociologia, la psicologia comportamentale, la statistica e l'antropologia culturale, resero più metodica questa professione utilizzata non più solo in politica, ma anche come propaganda di marketing industriale.
Bernays, uno dei più grandi “massmediologi” della storia, influenzato dalle teorie freudiane, considerava i consulenti politici una élite che, da dietro le quinte e in maniera invisibile, aveva il compito di presentare dei modelli di realtà semplificati, scevri da idiosincrasie, alla popolazione considerata “un gregge che ha bisogno di essere guidato”, in virtù del fatto che per il buon governo della società bisognava tenere sotto controllo il caos sociale e i conflitti tra classi.
Oggi gli spin doctor sono al lavoro più che mai, anche in Italia, e le loro competenze hanno raggiunto un livello inimmaginabile tanto da costituire loro stessi una sorta di “Quarto potere” in grado di influenzare l’opinione pubblica con messaggi “subliminali”, codificati e in maniera così celata da insinuarsi tra le pagine delle agenzie di stampa, anche di quelle ufficialmente riconosciute come “apolitiche”. Gli strumenti utilizzati per influenzare la stampa sono i cosiddetti frame, inserimenti nella comunicazione di concetti di grande forza emotiva, veri o falsi che siano, che ridefiniscono simboli e significati con lo scopo di orientare l’opinione pubblica e il comportamento elettorale. Una volta inseriti questi frame, vengono eliminate le informazioni discordanti con essi e vengono sostituiti prontamente quando si individuano frame più efficaci.
Basti pensare al ruolo della Casaleggio Associati che si occupa di comunicazione, e di come questa sia legata al gruppo editoriale Chiarelettere che detiene il 16% delle azioni de«Il Fatto Quotidiano» tramite il solito meccanismo delle scatole cinesi. È facile immaginare allora come Casaleggio, per conto del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, possa influenzare i pareri sempre favorevoli dei giornalisti de «Il Fatto Quotidiano». Un altro esempio lampante è la figura di Giorgio Gori, spin doctor di Matteo Renzi nonché fondatore della produzione televisiva “Magnolia”, tramite la quale Renzi fece il suo ingresso in televisione, anche solo come semplice ospite d’onore, per costruirsi attorno un’immagine di ragazzotto simpatico, semplice e fresco. Una figura politica inedita che esce dai tradizionali talk show politici per rientrare dalla porta più “spensierata” dei talent show o, più in generale, dei programmi televisivi di intrattenimento leggero, stimolando un sentimento di empatia nell’italiano medio.
Oggi i candidati si vendono come un prodotto sul mercato, si dotano di testimonial (soprattutto il Movimento 5 Stelle tramite l’outing di orientamento politico di cantanti, attori, etc), utilizzano linguaggi atipici, legati al mondo della pubblicità e dello spettacolo, rispolverano figure storiche per creare paragoni subliminali con situazioni attuali (come ha fatto in questi ultimi anni il PD riprendendo la figura molto popolare di Enrico Berlinguer).
La manipolazione mediatica, come Noam Chomsky illustra chiaramente, è nemica della verità e del voto consapevole. In questo caso si dovrebbe parlare di “voto indotto”, se non proprio inconsapevole. Chomsky individua dieci punti sostanziali su cui si concentrano gli spin doctor per influenzare l’opinione pubblica: strategia della distrazione; creazione di problemi per poi offrire soluzioni; strategia della gradualità; strategia del differire; rendere infantile il pubblico; usare l’aspetto emotivo più della riflessione; rendere o mantenere ignorante e mediocre il pubblico; stimolare il pubblico a pensare che la mediocrità è sinonimo di successo; rafforzare l’autoconsapevolezza; usare la psicologia applicata per conoscere il pubblico di riferimento.
Il succo della sua analisi è che i politici, a proprio uso e consumo e anche a nome dei gruppi di interesse economico che li sostengono, spostano l’attenzione su un argomento piuttosto che su un altro, influenzano la reazione emotiva dell’elettorato seminando paure e problemi risolvibili solo tramite “sacrifici” (come in caso di crisi economica) e mantenendo la fiducia nel politico.
Chiaramente questo è possibile quanto più ci si allontana dalla conoscenza, dalla pluralità di informazioni, dall’interesse stesso nei confronti della politica tradizionale.
Ed è così che all’indomani delle elezioni greche, che hanno visto stravincere il leader di Syriza Alexis Tsipras, gli organi di stampa hanno cominciato a titolare “Tsipras come Renzi” solo in nome di una fantomatica “rottamazione” e per una questione anagrafica, tralasciando i contenuti delle politiche, totalmente in antitesi, dei due in questione.
La Sinistra italiana, dal canto suo, esce penalizzata da un sistema politico-economico che la marginalizza, escludendola dal mondo della comunicazione o minimizzando il suo ruolo volontariamente, per consegnare, ancora una volta, un’immagine positiva, e di cambiamento, di Renzi; o trascurando semplicemente l’argomento in sé per spostare l’attenzione su tematiche meno pericolose per il mantenimento stesso del sistema capitalistico di potere.