Il percorso di educazione unificato da 0 a sei anni, dove vengono annullate le differenze tra l’asilo nido e la scuola dell’Infanzia, come vuole Renzi e il suo governo, distruggerà le competenze e le specificità dei due percorsi formativi, destinandoli a un servizio di mera custodia, da cui trarranno vantaggio i privati e le scuole confessionali.
di Beatrice Corsetti
Il disegno di legge 1260 istituisce "un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni". I percorsi di educazione e di istruzione del segmento da 0 a 3 anni hanno delle specificità che non possono in alcun modo essere integrate, omologate e assimilate con quelle del segmento da 3 a 6.
Il nido è una struttura educativa destinata ai bambini e alle bambine di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni e precede l'ingresso alla scuola dell'infanzia. La legge che istituisce gli asili nido è del 1971 (1044/71) e definisce il nido come "servizio sociale di interesse pubblico" in quanto svolge funzioni educative affiancando i genitori nella crescita dei loro figli attraverso un progetto educativo che comprende attività che tendono a soddisfare i bisogni dei bambini nel rispetto dei loro tempi di sviluppo.
La scuola dell'infanzia statale, istituita nel 1968 con la legge 444, si rivolge ai bambini e alle bambine dai 3 ai 6 anni con la finalità di promuovere lo sviluppo dell'identità, dell'autonomia, delle competenze e li avvia alla cittadinanza (indicazioni nazionali 2012). Nonostante le disattenzioni politiche e culturali e il disimpegno degli enti locali, la scuola dell'infanzia si è ritagliata un’ identità specifica all'interno del sistema formativo statale pur non essendo obbligatoria l'iscrizione e quindi la frequenza. Le caratteristiche di questa scuola sono: il gioco, l'esplorazione, la mediazione didattica, l'osservazione, la progettazione, la verifica, la documentazione, la libertà di azione e di espressione nel rispetto di sé e dell'altro. La dimensione ludica esplorativa, euristica e socio affettiva sono le direttrici cardine dell'esperienza scolare.
Le attività proposte vengono strutturate in relazione ai campi di esperienza: il sé e l'altro, il corpo e il movimento, immagini, suoni, colori, i discorsi e le parole, la conoscenza del mondo ossia obiettivi di apprendimento da conseguire entro i tre anni di frequenza e rappresentano non tanto i saperi quanto l'emergere delle funzioni (memoria, percezione, spazio-tempo, motivazione, schema corporeo, costruzione simbolica) e la conquista della propria identità. La frequenza varia dalle 5 alle 8 ore. Le sezioni si compongono di 25/28 alunni che diventano 20/23 in presenza di alunni diversamente abili. Le esperienze didattiche sono caratterizzate da un tempo fluido e disteso nel quale è possibile fare, fermarsi, tornare indietro, spingere senza affanno e senza ansie di valutazione standardizzate e preformate perché rispettose sia dei tempi di maturazione individuali sia delle varie identità e diversità.
Il modello di apprendimento propone tempi di maturazione individuali delle varie identità e diversità, propone tempi e opportunità non contingentate, non omologate, tanto meno rigidamente prescrittive ma sempre personalizzate e programmate. La cooperazione, la solidarietà , l'inclusività, l’agire ed interagire con gli altri per un obiettivo comune fanno di questa scuola un "laboratorio" dello stare insieme e della convivenza democratica senza condizionamenti di ordine sociale, etnico e religioso.
Le esigenze educative dei bambini dai 3 ai 6 anni richiedono quindi un'attività di programmazione didattica che non ha nulla di assistenziale ma che è volta alla progettualità educativa e formativa. L'istituzione di un sistema integrato che non distingua le due fasce d'età distruggerà le competenze e le specificità di entrambe appiattendole a favore di un servizio di custodia. Si ipotizzano (e per questo approfondimento occorrerà attendere il decreto attuativo) "tempi di compresenza" che lasciano prefigurare una sovrapposizione tra funzioni didattiche e funzioni di assistenza. E’ stato omesso dal disegno di legge il riferimento alle disabilità degli alunni, non tenendo conto di quello che dalla legge 517/77 in poi ha garantito agli alunni in difficoltà, con insegnanti specializzati per attività di sostegno, la piena integrazione e il diritto allo studio.
Nel disegno di legge 1260 si pone l'attenzione sulla necessità di una "... conciliazione fra i tempi e le tipologie di lavoro di genitori" e questa è la conferma che il sistema integrato debba soddisfare l'esigenza di istituzionalizzare un luogo nel quale parcheggiare i figli a scapito di un luogo nel quale cominciano i primi processi formativi dei bambini. Inoltre gli “obiettivi educativi verranno definiti anche dai genitori” sottraendoli così alla libertà di insegnamento e alle competenze pedagogiche degli insegnanti tanto più che per insegnare nella scuola dell’infanzia è richiesta la laurea in Scienze della formazione.
Si prevede “l’istituzione di una quota capitaria con il raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il co-finanziamento di gestione da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia. Il restante 50% rimane a carico di regioni ed enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle famiglie utenti del servizio” è questo il vulnus più preoccupante: il focus della scuola sono i bambini con i loro bisogni ludici, affettivi e cognitivi e non le famiglie. L’impianto familistico è la negazione della scuola come bene comune. Scuola e famiglia dovrebbero instaurare modalità cooperative nel rispetto dei propri ambiti. La formulazione ambigua consentirà piuttosto l’ingresso di capitali privati nella gestione del servizio, pur nella consapevolezza che il sistema delle convenzioni con soggetti esterni crea disservizi e deprime il livello qualitativo della formazione didattica. Quando il testo del disegno di legge dice: “con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia da parte delle regioni e degli enti locali” intende il trasferimento della scuola dell’infanzia alla gestione amministrativa e non statale. La scuola dell’infanzia non sarà più la scuola della Repubblica e della Costituzione ma sarà gestita da regioni, enti locali e privati.
L’attuale governo, con il concorso di tutte le forze politiche che lo sostengono, sta portando a termine il disegno di frantumazione del sistema scolastico. La scuola dell’infanzia non sarà più un’istituzione statale ma un servizio. Sarà trasformata in una ludoteca a servizio delle imprese, in una regionalizzazione dell’istituzione che non ha alcuna prospettiva didattica né formativa. Dobbiamo contrastare lo smantellamento della scuola dell’infanzia statale, i finanziamenti pubblici diretti e indiretti alle scuola private, anche se paritarie, dobbiamo dire no al finanziamento che può arrivare dai privati. Non possiamo appaltare ai privati parti essenziali dei sistemi educativi. È evidente che tutto questo si risolverà in una restaurazione della ingerenza confessionale, in contrasto con il dettato costituzionale che vieta qualsiasi forma di discriminazione per motivi religiosi, di razza e di sesso. La scuola dell’infanzia con il disegno di legge 1260 subirà un processo di aziendalizzazione e di regionalizzazione con la chiamata diretta da parte del dirigente, in deroga alle graduatorie ed al principio del concorso pubblico. E sappiamo sin da ora che la privatizzazione è fonte di differenze sociali e vanifica la funzione istituzionale della scuola statale.
La scuola dell'infanzia deve essere parte integrante del servizio di istruzione statale e il suo funzionamento non può prescindere dall'organico potenziato da cui è stata esclusa, dalla stabilizzazione di tutti i precari docenti, degli ATA, con interventi adeguati al sostegno e all’integrazione dei bambini stranieri. La generalizzazione della scuola dell’infanzia, intesa come frequenza da parte di tutti i bambini e le bambine, va incentivata nella direzione di aiutare l'offerta a distribuirsi razionalmente sull'intero territorio nazionale, favorendo altresì l'estensione del tempo pieno. La qualità della scuola dell’infanzia passa attraverso i criteri della sicurezza con la riduzione del numero di alunni per classe, attraverso un governo democratico della scuola nella rappresentanza del collegio dei docenti e dei consigli d’istituto, nel mantenimento del valore legale del titolo di studio, ma soprattutto nella laicità della scuola e nel pluralismo culturale.