Chiariamo subito: il fatto che ci siano state manifestazioni a livello internazionale contro i cambiamenti climatici, animate essenzialmente da giovani e giovanissimi allievi e studenti, è in sé un fatto decisamente positivo. Il fatto che si ritorni a manifestazioni di massa, con una grande presenza delle più giovani generazione, che tendono a coordinarsi a livello internazionale è un segnale importante che va contro la tendenza propria della società civile borghese a portare l’individuo ad attivarsi unicamente per i propri interessi individualistici.
Per alcuni aspetti tali manifestazione ricordano, oltre che le recenti manifestazioni internazionali contro la violenza sulle donne, le manifestazioni di qualche anno fa contro la Seconda guerra del golfo e le precedenti manifestazioni contro la globalizzazione. In tutti e tre i casi si è trattato da una parte di mobilitazioni di protesta molto importanti e significative, dall’altra di manifestazioni che non sono state sempre in grado di individuare il vero nemico contro cui battersi. Anzi, da questo punto di vista, queste ultime manifestazioni ambientaliste sono decisamente più astratte e interclassiste delle precedenti e, proprio per questo, le più facilmente manipolabili ai propri meschini fini da parte dell’ideologia dominante, sempre espressione degli interessi particolaristici del blocco sociale dominante.
Ecco che allora la grande mobilitazione internazionale del 15 di marzo è stata presentata dal servizio di (dis)informazione pubblico italiano come la prima manifestazione post-ideologica di giovani e studenti. In tal modo queste significative manifestazioni giovanili internazionali sono state strumentalizzate per far passare il dogma alla base del pensiero unico, ovvero che le ideologie siano un residuo di un passato fazioso e divisivo, destinato a non ritornare più. Nel senso che, in seguito ai nuovi rapporti di forza fra le classi a livello internazionale dopo la dissoluzione del blocco sovietico, le classi dominanti intendono imporre la propria visione del mondo sempre più ingiusta e irrazionale come l’unica possibile, plausibile e accettabile. In tal modo vorrebbero ridurre al completo silenzio le voci discordanti e critiche dei subalterni e le loro aspirazioni a un mondo più giusto e razionale. La fine delle ideologie significa anche la fine dello spirito dell’utopia, che porta a battersi per una ulteriore emancipazione del genere umano, del principio speranza in una nuova società non più fondata sullo sfruttamento e su assurde differenze sociali fra una ristretta minoranza che vive nel lusso più sfrenato, grazie alla progressiva espropriazione e dis-emancipazione della grande maggioranza dell’umanità che lavoro o aspirerebbe a farlo in condizioni meno disumane.
Ora è evidente che se giovani e giovanissimi tornano a occupare le strade e le piazze, uscendo dal riflusso nel privato, naturale pendant della fine delle ideologie, è un segnale importante che va certamente incoraggiato. Allo stesso tempo, come hanno purtroppo dimostrato le altrettanto significative e promettenti primavere arabe, una protesta spontaneista priva di una direzione consapevole può essere in modo non troppo difficile strumentalizzata e manipolata a vantaggio non solo delle classi dominanti a livello internazionale, ma anche dei loro alleati tattici reazionari. Ed ecco che i principali risultati delle, per quanto grandi, primavere arabe sono stati l’aggressione imperialista agli unici due paesi laici e antimperialisti sopravvissuti nel mondo arabo, la Libia e la Siria, e l’avvento dell’inverno islamico.
Rischi analoghi corrono, purtroppo, i pur lodevoli e coraggiosi giovani e giovanissimi scesi in piazza contro i cambiamenti climatici. Il loro genuino spontaneismo e l’assenza di una direzione consapevole rende tali manifestazioni non solo tollerabili per i tutori dell’(dis)ordine costituito, ma anche pericolosamente cavalcabili e manipolabili non solo dalle forze conservatrici del modo di produzione capitalistico in uno stadio avanzato di putrefazione, ma anche per le forze reazionarie che si battono per la dis-emancipazione del genere umano.
Per limitarci al nostro continente e, più nello specifico, al nostro paese, abbiamo visto con preoccupazione l’attitudine paternalisticamente e ipocritamente benevola sia dei rappresentati della più potente organizzazione filo imperialista europea, la Cdu, sia del nostro capo dello Stato, sempre fedele al suo ruolo di rappresentare degli interessi complessivi del blocco sociale dominante. Ora è evidente che se tali manifestazioni avvengono con la benedizione paternalistica dei più autorevoli rappresentanti di quel (dis)ordine costituito – che è la principale causa reale della progressiva devastazione dell’habitat naturale in cui solo può sopravvivere il genere umano – senza che i manifestanti trovino ciò quanto meno imbarazzante, è evidente che il rischio di strumentalizzazioni e manipolazioni è al quanto elevato.
Tali benedizioni paternalistiche dei rappresentanti degli interessi complessivi delle classi dominanti a livello continentale e nazionale è funzionale a svuotare tali manifestazioni del loro potenziale di trasformazione dell’esistente nella direzione di un’ulteriore emancipazione del genere umano. È infatti, del tutto evidente, ai pochi che hanno ancora occhi per vedere, che il primo e principale responsabile della distruzione dell’habitat naturale dell’uomo sia proprio il modo di produzione divenuto dominante a livello internazionale, dopo la dissoluzione del blocco sovietico, dove l’unico valore sopravvissuto alla fine delle ideologie è la ricerca del proprio profitto particolare, sebbene tale ricerca sia sempre più chiaramente in contrasto con l’ulteriore emancipazione del genere umano e con la stessa possibilità di sopravvivenza del genere umano sulla terra. Problema quest’ultimo quanto mai urgente, se oggi persino l’Onu si vede costretta a denunciare la devastazione dell’ambiente come la causa principale di almeno un quarto delle morti a livello internazionale.
Proprio per questo è quanto mai allarmante che una lotta così importante, visto che la posta in gioco è la stessa sopravvivenza del genere umano, si lasci senza nemmeno protestare cavalcare e strumentalizzare proprio dai principali responsabili politici di tale devastazione ambientale. Per ritornare all’emblematico caso del nostro paese, tale mobilitazione è stata spesso in modo entusiastico approvata da chi, in modo altrettanto acritico, si è mobilitato pochi giorni prima per votare alle primarie del Pd e per Zingaretti.
Dunque, senza nemmeno rendersi conto della contraddizione, molti sinceri democratici italiani, nella maggioranza dei casi adulti e vaccinati, sono prima andati a votare a sostegno di uno dei partiti che più di tutti nel nostro paese negli ultimi anni ha contribuito, quando ha avuto la possibilità di governare, ad ampliare il disastro ecologico. Più nello specifico sono andati con lo stesso ingenuo entusiasmo prima a votare un candidato che, nel suo programma, in piena continuità con i misfatti precedenti, conferma una politica nei confronti dell’ambiente sostanzialmente analoga a quella contro cui le grandi manifestazioni contro i cambiamenti climatici stanno protestando, a cui subito dopo i nostri sinceri democratici hanno aderito con lo stesso acritico entusiasmo.
Ancora più grave è che proprio il candidato che ha presentato un programma in piena continuità con le scellerate politiche portate avanti dai precedenti governi possa tranquillamente cavalcare tale manifestazione e prendervi parte senza nessun timore di contestazione. Tanto più che è considerato, proprio dai nostri sempre più social-confusi sinceri democratici, riscopertisi improvvisamente ambientalisti, come una sorta di salvatore della patria. Come se non fossero proprio le politiche con cui si pone in sostanziale continuità le principali cause non solo in modo diretto degli sciagurati governi Ciampi, Dini, Amato, Monti e Renzi, ma anche tra le principali cause indirette dei governi prima Berlusconi, poi gialloverdi e in prospettiva giallo-neri.
Per altro, non a caso sono proprio tutte queste forze, che hanno più o meno consapevolmente strumentalizzato le sacrosante proteste delle giovani generazioni spostando – in piena, al solito, acritica sintonia con l’ideologia dominante – l’attenzione dalla causa reale di tale devastazione, il modo capitalistico di produzione, a cause del tutto secondarie e puramente apparenti, come l’inquinamento e la devastazione dell’ambiente prodotto dal singolo uomo comune. Sulla base del reazionario principio di responsabilità elaborato dall’altrettanto reazionario ideologo H. Jonas, per cui sarebbe ad esempio decisivo cambiare le abitudini alimentari del singolo o semplicemente spingere i giovani a piantare più alberi per risolvere il disastro ambientale in atto. Così, come al solito, con il rovescismo tipico dell’ideologia dominante, le vittime per quanto non prive di colpe, ossia le masse popolari e persino le giovani generazioni stesse sarebbero le prime responsabili del cambiamento climatico, mentre chi sostiene quelle politiche, quell’ideologia e quel modo di produzione, che sta provocando il disastro ambientale, può passare addirittura come salvatore della patria.
Per quanto riguarda le strumentalizzazioni reazionarie in agguato, anche in questo caso lo spontaneismo e la mancanza di una direzione consapevole rischiano di trasformare una mobilitazione progressiva in regressiva, un manifestare in favore dell’emancipazione dell’essere umano, in un manifestare inconsapevolmente strumentalizzato al fine della dis-emancipazione. Se, al livello fenomenico, è sempre più evidente come a livello internazionale le forze sedicenti verdi o ecologiste, per il loro conclamato interclassismo, tendano ad allearsi con chiunque pur di occupare le poltrone nelle istituzioni, in funzione delle quali sono pronte a spartirsi il potere anche con i più spietati responsabili della devastazione ambientale.
Al livello concettuale, invece, è altrettanto evidente – per i pochi che hanno occhi per guardare – che il pensiero cosiddetto ecologico può esser declinato sia in senso progressista, che in senso conservatore o reazionario. Nel primo caso esso si rivolge contro il principale responsabile di tale gravissima devastazione – in nome del profitto individuale di pochissimi – dell’habitat naturale indispensabile alla sopravvivenza di tutti. Nell’ultimo caso, al contrario, si incolpa del disastro ambientale proprio i movimenti progressisti che hanno portato alla emancipazione del genere umano. Secondo tale concezione reazionaria i veri amici della natura sarebbero quelle popolazioni primitive che sono ancora prigioniere di una visione mitologico-religiosa del mondo altrettanto poco evoluta, che tende a divinizzare le forze della natura, che non riesce a comprendere e a rendere in tal modo utili all’emancipazione del genere umano. Sarebbe proprio questo timore sacro per una natura che ancora tende a terrorizzare l’uomo – che non la conosce realmente e, quindi, non è ancora in grado nemmeno di prevederla – a essere l’unica attitudine realmente ecologica. Mentre tutta la modernità, il progresso della civiltà umana, la progressiva emancipazione del genere umano, dalla necessità di doversi adattare come gli animali all’ambiente naturale, sarebbe il vero responsabile della distruzione dell’ambiente.