Si voterà tra il 15 aprile e il 15 giugno in 1322 Comuni, 25 capoluoghi di provincia tra cui Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Trieste e Cagliari.
di Guido Capizzi
Sarà in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno la chiamata al voto per eleggere i nuovi Consigli comunali in 1322 Comuni italiani su 8005. A essi vanno aggiunti i centri in cui il Consiglio sarà sciolto entro il 24 febbraio. 24 sono i nuovi Comuni, nati da fusioni amministrative. Le statistiche ci dicono che 150 sono i Comuni con più di 15mila abitanti e 25 i capoluoghi di provincia, sparsi in quasi tutte le Regioni. Tra essi Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Trieste e Cagliari.
Insomma una tappa importante alla quale ci si deve preparare con cura e particolare attenzione.
A noi interessa come la sinistra, quella autentica, si avvia al voto. Forse, già in ritardo per la lentezza imposta dalla politica, che può avere aspetti positivi come il discernere con pazienza, ma che porta anche dubbi sul perché a questo punto ci sia ancora molta confusione sotto il cielo.
La necessità che si riesca a costituire “qualcosa” che proponga un nuovo modo di fare politica che metta al centro la dignità di tutte le persone è una certezza. Dovrebbe essere nella testa – e nel cuore – di chi non vuole assistere all’arrembaggio della politica neoliberista e neocapitalista che le destre, confuse e dilaniate da personalismi, e il centro sinistra rappresentato dal PD loro compare, rappresentano oggi in Italia e nel Parlamento europeo.
L’analisi socio-economica-politica deve valutare con la sua criticità tutto il variegato mondo di partiti e gruppi e movimenti che saranno in competizione alle elezioni amministrative di questa primavera.
Vorrei soffermarmi in questa occasione sull’area di sinistra, quell’area vuota che da tempo si tenta di abitare, ma la cui strada maestra sembra ancora invisibile.
Senza andare troppo lontano, anche se sembra essere trascorso tanto tempo, tornerei alle elezioni per il Parlamento europeo, quando si costituì la lista “L’Altra Europa con Tsipras” e si fece un estenuante lavoro per tentare di mettere insieme partiti e movimenti di sinistra sotto un’unica bandiera. Si raccolsero le necessarie firme, si formarono le liste, si appoggiarono candidati che si impegnarono a sottoscrivere un mandato di adesione al GUE. Si raggiunse la soglia minima per portare qualcuno in Europa, deputati che da sinistra contrastassero le politiche eurocentriche, cioè capitalistiche e liberiste del PPE e del PSE, le politiche populiste e nazionaliste, cioè filonaziste, di assemblamenti sempre più numerosi in Paesi dell’UE.
Sappiamo come è finita e cosa sta avvenendo nell’Europa comunitaria, in particolare per quanto attiene alle politiche sociali, monetarie, di accoglienza, di scelte internazionali.
Abbiamo presente anche come in Italia è involuta la situazione e come a sinistra si sia persa la strada per mettere in vita “qualcosa” dall’esperienza della lista “L’Altra Europa”. Tra fuggitivi e gente attenta a personalismi tutto si è bloccato, anzi è finito.
Si è tentato di costruire “qualcosa” sedendosi a tavoli, firmando insieme – partiti, gruppi, movimenti – propositi per percorrere una strada condivisa, sottoscrivendo tentativi di programmi e scadenzario. Per poi, pochi giorni dopo una firma, vedere qualcuno – ed è bene fare nomi e cognomi, ovvero SEL – sedersi ad altri tavoli per sottoscrivere nuovi tentativi di programmi e scadenzari. Lasciando altri – anche qui è bene fare nomi e cognomi, ovvero Partito della Rifondazione Comunista – con il classico cerino in mano, isolati, quasi buttati fuori dall’uscio.
Insomma, la confusione è grande nel cielo della sinistra, di quella che voglio credere vera e autentica, di quella anticapitalista, antiliberista, antimperialista e anticolonialista; di quella comunista.
Il voto amministrativo, come sempre è stato e oggi ancora di più, ha valenza politica rilevante. Fare scelte per chi amministrerà le città, grandi e piccole, i Comuni sparsi per l’Italia, dovrebbe chiamare ciascuno di noi ad accelerare i tempi, a uscire nelle piazze, a incontrare la gente – in particolare tutti quelli che hanno negli anni riempito, forse con qualche rimpianto per ciò che non vedevano più presente, il mondo degli astensionisti – per dire che i comunisti ci sono ancora, che ancora c’è chi sventola la bandiera rossa con falce e martello, sotto cui c’è una chiara politica sociale ed economica anche per guidare le città.