Col terzo Memorandum imposto alla Grecia ad uscire con le ossa rotta non sono solo i lavoratori e le classi popolari, ma anche le fazioni non egemoni della classe dominante ellenica.
di Alessandro Bartoloni
Il terzo Memorandum di intesa firmato dal governo greco e dai rappresentanti della borghesia imperialista ha prodotto la spaccatura di Syriza, portato alle dimissioni del primo ministro Alexis Tsipras e alla convocazione di elezioni anticipate. È probabile l’aumento dell’astensionismo e non è escluso il ricorso a una grande coalizione già sperimentata all’indomani del referendum del 5 Luglio se Tsipras non dovesse farcela a coagulare attorno a sé i consensi sperati. La percezione è quella di una resa senza condizioni, in un quadro politico caratterizzato dalla deriva destrorsa di Syriza (l’attuale ministro dell’economia, Jorgos Stathakis, nell'intervista pubblicata da «Il manifesto» il 23 agosto dichiara che “la soluzione alternativa dell'uscita dall'Europa – dalla moneta unica o anche dalla stessa unione europea – non è, in nessun caso, un progetto politico sostenibile”). D’altra parte la neonata Unità Popolare sembra in balia di economisti pseudo-marxisti quali Costas Lapavitsas che non sembra ancora aver capito che la semplice uscita dall’euro rappresenta solo un regalo ai settori più vulnerabili della borghesia nazionale.
La crisi mondiale di sovra-accumulazione tutt’ora irrisolta e i contrasti in seno alla fazione egemone della borghesia hanno partorito un compromesso che se da un lato obbliga la classe dominante tedesca a mantenere all’interno dell’eurozona un paese che essa percepisce ogni giorno di più come un’inutile zavorra, dall’altro riduce il paese culla della democrazia a ruolo di protettorato da svendere e utilizzare come discarica delle contraddizioni economiche internazionali, radendolo al suolo. Ad uscire con le ossa rotta, infatti, non sono solo i lavoratori e le classi popolari, ma anche le fazioni non egemoni della classe dominante greca in quanto la stipula del prestito con il fondo Esm impone delle condizioni pesanti anche per loro, senza particolari benefici se non quelli derivanti dal violentissimo attacco a diritti e salari.
Se il Fmi deciderà di partecipare e il governo greco dovesse riuscire a portare a termine tutte le contro-riforme elencate nel Memorandum, alla fine verranno messi a disposizione 86 miliardi che per la maggior parte dovranno esser destinati a ricapitalizzare le banche, attualmente tagliate fuori dal circuito internazionale a causa della loro situazione patrimoniale pessima, e garantire il rimborso degli interessi sui precedenti prestiti, al fine di evitare il contagio di altri paesi. Soldi, dunque, che andranno a tutto vantaggio della fazione egemone, quella transnazionale, della classe dominante, gonfiando ulteriormente il debito pubblico greco, per il quale non si prevede, per il momento, neanche un taglio nominale ma solo tassi di interesse e scadenze che possano permettere al grande capitale finanziario di continuare a spolpare il paese senza correre rischi. Il governo greco, infatti, oltre ai 13 miliardi appena ricevuti per onorare i pagamenti di giugno, luglio e agosto, deve 1,5 miliardi al Fmi e 4,6 a investitori privati nel solo mese di settembre, tra ottobre e novembre deve 452 milioni al Fmi e 3,8 miliardi ai privati, tra dicembre e gennaio 1,3 miliardi al Fmi e 4 miliardi ai privati, tra febbraio e marzo 866 milioni al Fmi e 1 miliardo ai privati ed entro la fine del 2016, 2,4 miliardi alla Bce, 3,4 al Fmi e 3 ai privati. Pagamenti che sarebbero stati senz’altro interrotti senza il provvidenziale intervento via Esm.
Per quanto riguarda le banche, poi, la ricapitalizzazione del 2013 non è stata sufficiente e gli istituti ellenici si trovano nuovamente impossibilitati ad accedere al mercato dei capitali per poter condurre le loro attività. Per evitare il contagio internazionale e in assenza di privati intenzionati a rischiare il plusvalore estorto ai lavoratori, è lo stato a doverci metter mano utilizzando il denaro estorto ai contribuenti europei, potendo impiegare fino a 25 miliardi del prestito Esm senza però poter interferire in alcun modo nelle nomine e nella gestione delle attività bancarie così risanate. A farla da padroni, dunque, saranno gli investitori privati che parteciperanno alla ricapitalizzazione e le istituzioni europee che la governeranno (in primis la Bce).
Se chiari sono i settori della borghesia che hanno tutto da guadagnarci, altrettanto chiari sono i settori che non avranno un gran guadagno dall’adozione delle politiche contenute nel Memorandum. Esso, ad esempio, impone al governo di arrivare entro il 2018 a un surplus di bilancio primario, vale a dire una differenza positiva tra entrate e spese dello stato (escludendo dal computo il pagamento degli interessi sul debito), pari al 3,5 per cento del Pil. Ma dal momento che finanza pubblica e produzione sono dialetticamente collegate, perseguire fino in fondo parametri così stringenti compromette sicuramente la possibilità di centrare gli obiettivi di crescita in grado di finanziare la realizzazione dei suddetti saldi di bilancio. Il Memorandum, infatti, non prevede solo tagli selvaggi alla spesa pubblica, ma anche nuove e maggiori entrate tributarie che, senza un robusto aumento della produzione, rischiano di tradursi solo in aumenti di aliquote prive di gettito.
A tal proposito, per il loro significato di classe meritano di essere menzionate: la fine delle agevolazioni Iva per le isole; l'aumento delle tasse sulle imprese ed il loro reddito, nonché di quelle sulla rendita da locazione; l'abolizione dei rimborsi delle accise sul diesel per uso agricolo; l'aumento delle tasse sul tonnellaggio delle navi; l'eliminazione delle agevolazioni fiscali che interessano agricoltori e armatori; e l'eliminazione della ritenuta d'acconto transfrontaliera. Provvedimenti che se verranno implementati renderanno tali comparti e settori assai meno convenienti rispetto ai capitali investiti in speculazione, a quanti lucrano da interessi e dividendi (che non vengono neanche menzionati nel Memorandum) o hanno una dimensione internazionale tale da permettergli di continuare a eludere le imposte attraverso opportune politiche di prezzo intra-gruppo, che il governo ha provato a contrastare proprio con la tanto contestata introduzione della ritenuta d’acconto transfrontaliera. Senza contare i benefici che da queste misure potranno trarre gli imprenditori agricoli italiani, spagnoli e francesi, i gestori dei porti di Cipro e i grandi centri finanziari europei che si preparano ad accogliere la sede fiscale delle attività di quelli che ancora oggi sono tra i più importanti armatori europei.
Ancora, il 30 per cento dell’eventuale (e improbabile) extra-gettito tributario dovrà essere destinato alla riduzione del debito. Dei 50 miliardi che dovrebbero affluire dall'alienazione di beni patrimoniali e demaniali, poi, lo stato dovrà destinarne metà al pagamento dei prestiti ricevuti e un ulteriore 25 per cento alla riduzione del rapporto debito/Pil. Solo il restante 25 per cento potrà essere destinato agli investimenti. Il caso delle liberalizzazioni è altrettanto significativo nel mettere in chiaro chi comanda: il governo greco si impegna ad applicare le prescrizioni su orari dei negozi, saldi, turni, riposi, vendita di farmaci, concorrenza nei settori dell'energia, delle professioni, ecc note come Toolkit Ocse 1 e 2. Niente di strano, se non fosse che l’ex ministro Varoufakis aveva trovato un accordo col segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, per un diverso pacchetto di misure di liberalizzazione che fosse maggiormente attento alle specificità locali.
Per chi ancora nutrisse dubbi che a dettare legge in Grecia non è più il capitale nazionale attraverso Parlamento e Governo, il Memorandum offre ulteriori chiarimenti. Esso impone al governo la riforma della giustizia civile per velocizzare le liquidazioni delle aziende fallite e i processi di espropriazione per rifarsi dei crediti inesigibili, che tanta sofferenza causano… ai bilanci bancari, e impegna il governo “a consultare e accordarsi con la Commissione Europea, la banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale su tutte le azioni che abbiano rilevanza ai fini del raggiungimento degli obiettivi del Memorandum, prima che queste siano finalizzate e convertite in legge”. Più chiaro di così…