Per chi suona la campana in Gran Bretagna?

Le rivolte fasciste e razziste dei primi di agosto in Gran Bretagna meritano un diverso approccio da parte del governo laburista guidato da Keir Starmer: occorre ricostruire lo stato sociale distrutto dalle politiche liberiste dei conservatori.


Per chi suona la campana in Gran Bretagna?

Le rivolte razziste che hanno imperversato in Inghilterra nei primi giorni di agosto sono un campanello di allarme per chi ha orecchie per udire. Tuttavia, non è affatto detto che il governo laburista di Keir Starmer intenda davvero capire la natura di queste manifestazioni. Infatti, i laburisti, piuttosto che invitare alla mobilitazione la parte di elettorato sensibile alle istanze democratiche e solidali contro il fascismo, l' hanno subita questa mobilitazione e hanno mostrato di preferire una risposta di tipo repressivo con un’imponente messa in campo dell'apparato di polizia e giudiziario. Ovviamente, non è che ci muova la compassione per chi ha tentato di bruciare moschee ed alberghi che ospitavano immigrati sulla spinta della notizia falsa circa l'origine straniera e musulmana dell'accoltellatore di tre bambine nell'ovest del paese. Non si può, però, nascondere che le sommosse dell'estrema destra sono cessate dopo le imponenti mobilitazioni dell'opinione pubblica democratica e di sinistra di sabato 10 agosto. Del resto, bisognerebbe ricordare che il fascismo in Gran Bretagna conobbe la sua storica sconfitta nella “Battaglia di Cable Street” nel 1936 che immunizzò quel paese dalla “peste bruna”. All'epoca la mobilitazione della sinistra (comunisti, anarchici e socialisti) impedì l'accesso dei fascisti di Oswald Mosley all'East End di Londra, nonostante la scorta della polizia.

La strategia della destra

Al di là dell'utilizzo delle cosiddette “fake news” e dell'intervento contro il governo laburista del magnate Elon Musk (che tuttavia meriterebbe un serio approfondimento) la strategia delle destre in Gran Bretagna appare abbastanza chiara: i fascisti della cosiddetta “destra alternativa” sembrano lavorare per il proprio interesse certamente, ma anche per quello dello screditato Partito conservatore. Una manifestazione di massa contro un supposto lassismo nelle politiche migratorie di un governo laburista che si è insediato da meno di un mese non ha molto senso dal punto di vista logico, ma ne ha dal punto di vista politico. Non per niente i sondaggi danno il riflesso di un indebolimento del premier laburista Keirm Starmer. Come nel caso dell'assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Donald Trump si tratta di un monito ai nuovi governanti a non spingersi troppo in avanti nei cambiamenti politici e sociali , se non si vuole svegliare il cane da guardia della reazione. Non che i laburisti attuali coltivino ambizioni rivoluzionarie, ma proprio per questo è nell'ottica delle destre intimorire chi già di per sé si presenta timido e balbettante in tema di ricostruzione del welfare state. I veri responsabili dell'insorgenza del fascismo e del razzismo in Inghilterra sono i conservatori, che da  Margareth Thatcher in poi, passando per l'incolore, inodore, insapore Tony Blair, hanno distrutto lo stato sociale erede di Beveridge fino al parossismo. Soltanto dal 2010 al 2019 il taglio della spesa pubblica, pari a 6 punti di PIL, ha determinato la crisi del sistema sanitario pubblico, il dimezzamento dei fondi per l'edilizia pubblica, la riduzione dei benefici fiscali per per le nascite di nuovi figli. Il tutto all'insegna di varie “mitologie di darwinismo sociale” e infine sulla base di un altro mito quale la concezione conservatrice della Brexit. Questo massacro sociale ha gettato i semi della xenofobia e del fascismo tra le classi popolari che nell'impossibilità di cambiare le loro condizioni di vita mediante la lotta di classe “verso l'alto” hanno visto la necessità almeno parzialmente di dedicarsi alla lotta di classe “verso il basso”, ovvero verso i più poveri, i nuovi arrivati, gli immigrati, le donne sole con figli, i diversi in genere.

Piccola e grande borghesia

Il riemergere del nazionalismo di tutte le salse e tendenze, che galoppa nei social media, segna, in effetti, la convergenza tra una piccola borghesia in cerca di rivalse e nuove ascese politiche e il grande capitale che si nasconde tradizionalmente dietro le insegne del Partito conservatore.

Impedire ai laburisti di mettere mano a un vero piano di ricostruzione dello stato sociale consentirebbe all'estrema destra (piccola borghesia) di continuare a giocare un ruolo politico sancito alle ultime elezioni dall'entrata a Westminster con cinque deputati e oltre il 14% dei voti del Reform UK Party.

Per i Tories significa, invece, poter scommettere ancora sulla supposta inefficienza dei servizi pubblici e sulla necessità di tagliarli per lasciare un mano alle classi popolari una “mancia” con l'illusoria sensazione di potersi autoderminare.

I laburisti timidi

Tutti costoro sanno di poter affondare il coltello nel “burro rosa” del laburismo attuale, a suo tempo politicamente castrato da Blair. D'altronde, il suo attuale leader è stato apprezzato dai grandi media borghesi di casa nostra per non aver nessuna particolare attrattiva carismatica e nessuna predisposizione al radicalismo al contrario del demonizzatissimo Jean-Luc Melenchon.

Insomma, un leader e una forza politica perfetti per impantanarsi in un approccio di politica sociale molto difensivo, oltre che in una politica estera di rigido atlantismo, ovvero di sostegno alla guerra in Ucraina e di nessuna reale opposizione al massacro della popolazione palestinese a Gaza.

Tuttavia, almeno un sano istinto di sopravvivenza politica dovrebbe suggerire all'attuale inquilino di Downing Street di non lasciare questa bandiera politica in mano a fascisti e conservatori.

Sarebbe giunta l'ora di tornare a fare i laburisti dimenticando le sirene della City, ma la differenza come sempre non la faranno le intenzioni dei politici di centro-sinistra, ma la capacità di mobilitazione del mondo della sinistra politica e sindacale britannica e la sua capacità di presa sulle classi popolari.

16/08/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Stefano Paterna

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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