La resistibile ascesa dei muri

La caduta del muro di Berlino ha favorito paradossalmente il proliferare di nuove barriere di separazione in tutto il mondo. In realtà è il prevalere nella lotta per l’egemonia, anche nella a-sinistra, di posizioni nazionaliste ed eurocentriche, e la debolezza delle posizioni internazionaliste e antimperialiste a favorire il sorgere di nuovi muri, che separano nelle città i ricchi dai poveri, a livello internazionale i paesi dominati dai paesi subalterni.


La resistibile ascesa dei muri

La caduta del muro di Berlino ha favorito paradossalmente il proliferare di nuove barriere di separazione in tutto il mondo. In realtà è il prevalere nella lotta per l’egemonia, anche nella a-sinistra, di posizioni nazionaliste ed eurocentriche, e la debolezza delle posizioni internazionaliste e antimperialiste a favorire il sorgere di nuovi muri, che separano nelle città i ricchi dai poveri, a livello internazionale i paesi dominati dai paesi subalterni.

di Renato Caputo

La caduta del muro di Berlino ha segnato la conclusione di un’intera epoca della storia del mondo: l’epoca della guerra fredda e, più in generale, il secolo breve apertosi con la Rivoluzione di Ottobre[1] . Anzi alcuni dei più influenti pensatori politici statunitensi hanno parlato addirittura di fine della storia[2]. In molti, persino nella “sinistra”, erano convinti che se magari la storia non era finita erano indubbiamente finite le ideologie, le grandi visioni del mondo, l’imperialismo, le crisi economiche, la legge del valore, e quindi il plusvalore e lo sfruttamento, le guerre, i partiti politici, la lotta di classe, tanto più che il proletariato e lo stesso lavoro salariato erano un residuo della passata epoca fordista. C’era così chi sosteneva la fine delle stesse classi sociali, dal momento che ormai esisteva tendenzialmente il solo ceto medio.

In altri termini l’alba di una fase di restaurazione, più lunga e pesante di quella apertasi con il Congresso di Vienna del 1815, veniva salutata come una nuova epoca di pace, stabilità e prosperità economica[3]. Come sono andate le cose è sotto gli occhi di tutti. L’economia capitalistica è stata travolta dalla più grave crisi della sua storia, i ceti medi sono sempre più proletarizzati, lo sfruttamento è aumentato e con esso la polarizzazione sociale. Le ideologie e le grandi visioni del mondo sono state sostituite dal pensiero unico[4], persino i teorici della fine dell’imperialismo hanno dovuto ricredersi. La fine della guerra fredda ha segnato l’inizio di una nuova fase di guerre calde, al punto che persino Bergoglio ha osservato[5]: “Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”. La stessa lotta di classe è stata condotta in modo sostanzialmente unilaterale dalle classi e dai paesi dominanti, al punto da presentarsi come opera di una “potenza naturale”, le leggi del mercato, alla quale sarebbe vano opporsi[6].

Certo, si dirà, il muro di Berlino comunque è davvero finito. Tuttavia ciò non ha significato affatto la fine dei muri volti a separare artificialmente il genere umano con il conseguente trionfo della globalizzazione. Anzi, mai come oggi, stanno risorgendo il nazionalismo, persino nella a-sinistra, lo sciovinismo, il campanilismo, la xenofobia, il razzismo[7]. L’Europa non è stata affatto pacificata e tanto meno unificata dalla caduta del muro di Berlino, al contrario sono riesplose spaventose guerre, civili e imperialiste, a partire dall’aggressione alla Federazione di Jugoslavia, per arrivare all’attuale guerra di logoramento fra Nato e Russia. Certo la Germania è stata riunificata, ma più che di un’unificazione, come ha notato a ragione Vladimiro Giacché[8], si è trattato di un’annessione della Repubblica democratica tedesca. Così stroncato il tentativo di superare il modo di produzione capitalistico, si è tornati alla politica di potenza dell’imperialismo tedesco che ormai detta legge nell’Europa centro-occidentale e che oggi, dopo aver dato un contributo decisivo all’esplosione della Federazione socialista di Jugoslavia, mira a espellere dall’Unione europea la Grecia, colpevole di seguire una politica economica keynesiana e non liberista.

La stessa globalizzazione si è rivelata sostanzialmente un bluff, il riesplodere della crisi ha portato, come di consueto, al risorgere del protezionismo e oggi il livello internazionale degli scambi è addirittura inferiore a quello della Belle époque, all’alba del secolo scorso. La cosa però forse più impressionante e, al momento, più attuale è il proliferare di nuovi muri, in questo caso veramente a livello globale, dopo l’abbattimento del muro di Berlino[9].

Ricordo, nell’ultima mia permanenza a Berlino, di aver partecipato a una visita guidata ai resti del muro e alle tombe di chi aveva cercato di varcarlo di nascosto. All’immediata indignazione dei visitatori europei non corrispose un eguale reazione dei latinoamericani, che non poterono che far notare come il muro che separa gli Stati Uniti dal Messico ha prodotto e, soprattutto, continua a produrre, un numero di vittime spaventosamente maggiore[10].

Altrettanto spaventoso è il muro che è stato costruito, sfruttando l’oggettiva difficoltà dei palestinesi dopo il crollo del blocco sovietico, dai sionisti nei territori da loro occupati. Paradossalmente la maggior parte delle forze politiche e dei paesi che avevano esultato alla caduta del muro di Berlino, imputandone l’edificazione ai regimi totalitari comunisti, hanno continuato ad appoggiare i governi sionisti che si sono resi responsabili dell’edificazione di un muro che intende rendere permanente l’occupazione coloniale dei territori palestinesi. Allo stesso modo queste forze politiche e questi paesi continuano a non dire nulla contro lo spaventoso muro che separa gli Stati del sud degli Usa dal resto dell’America latina, Stati si ricordi strappati al Messico con la violenza per perpetuare lo schiavismo.

Più in generale è necessario tener presente che la debolezza delle posizioni progressiste a sostegno dell’internazionalismo, della fratellanza fra i popoli e della conseguente necessità di lottare contro colonialismo e imperialismo, hanno lasciato spazio crescente alle posizioni reazionarie volte a rilanciare il nazionalismo e lo sciovinismo[11]. A queste ultime posizioni, fondate sulla volontà di potenza e sulla distruzione dell’universalismo della ragione, si deve il permanere e il proliferare di muri di separazione in tutto il mondo[12].

In conclusione occorre notare che l’europeismo non è affatto un antidoto allo sciovinismo, alla xenofobia e al sorgere di nuovi muri, ma tende, in modo più o meno consapevole, a favorire questi fenomeni regressivi. In effetti l’idea di unificare i paesi dell’Europa centro occidentale non può che comportare necessariamente il separarli dagli altri paesi, anche confinanti, come i paesi del mediterraneo o la Russia. Non a caso l’Unione europea si sta sempre più configurando come una fortezza che edifica sempre nuove barriere protettive e schiera sempre più guardie armate per mantenersi separata dai barbari, ossia dai poveri, che premono alle sue frontiere. In tal modo si rafforzano oggettivamente le pulsioni identitarie, xenofobe e securitarie che fanno la fortuna anche elettorale delle forze di destra ed estrema destra, in costante crescita all’interno dell’Ue[13].

La dinamica che tende a separare con barriere protettive e guardie armate i paesi sviluppati dell’Ue dai paesi poveri extra europei, è la stessa dinamica che tende a separare nelle metropoli dei paesi capitalisti i quartieri dei pochi ultra ricchi, dalle masse dei subalterni, rinchiudendo in veri e propri ghetti etnici gli emigrati e i loro discendenti.

Ciò favorisce la separazione e la conseguente sconfitta dei lavoratori nell’Unione europea. In effetti gli autoctoni da proletariato moderno dotato di una certa coscienza di classe, che lo rendeva capace di difendere almeno in parte i propri interessi dinanzi alla borghesia, stanno diventando membri di una nuova plebe, che si contrappone ai nuovi schiavi, i lavoratori extra-comunitari. In tal modo i lavoratori autoctoni da classe in sé rivoluzionaria, non avendo altro da perdere che le proprie catene, tendono a percepirsi come classe privilegiata nei confronti della manodopera extra-comunitaria ridotta sempre più, soprattutto perché costretta alla clandestinità, a una condizione semi servile. In tal modo questa nuova plebe diviene come nella antica Roma massa di manovra per le diverse fazioni della classe dominante, finendo per dover scegliere fra il cesarismo democratico di un Renzi e il populismo di destra, fautore della guerra fra poveri, di un Salvini.

Una riflessione a parte meriterebbero, infine, i nuovi muri in costruzione per difendere i confini orientali in espansione dai barbari russi e dai barbari islamici che tentano nuovamente di risalire i Balcani. Il governo sciovinista filo-Ue, impostosi con un colpo di Stato soft nell’Ucraina centro-occidentale, intende erigere un muro ai confini con la Russia, per impedire ogni forma di influenza su queste terre da poco strappate ai barbari. Nei Balcani un paese dell’UE – non pago di aver costruito spaventosi muri di separazione fra la Bulgaria e la Turchia e fra quest’ultima e la Grecia[14] e di aver lanciato una campagna militare per impedire l’attraversamento del Mediterraneo – sta costruendo un muro per separare l’Ungheria dalla Serbia, ancora troppo influenzata dalla “barbarie russa” per poter essere accolta nella civile Ue. Il governo ungherese giustifica la costruzione di questo ennesimo muro post guerra fredda, da una parte richiamandosi ai muri edificati da greci e bulgari, dall’altra per evitare l’emigrazione di abitanti in primo luogo dal Kossovo, in secondo luogo da Siria, Iraq e Afghanistan. Si tratta come è noto di paesi devastati proprio da aggressioni imperialiste cui hanno preso parte in modo diretto o indiretto le principali potenze dell’Unione europea.

 

Note



[1] Secondo la nota definizione che ha dato il titolo all’opera di E. J. Hobsbawm, Il secolo breve, Rizzoli, Milano, 1995.

[2] Si veda in particolare Francis Fukuyama, La fine della storia e l'ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992

[3] Allora la pace perpetua sarebbe stata garantita dalla Santa alleanza, ora dalla comunità internazionale e dal suo braccio armato, sotto il cui ombrello E. Berlinguer, che qualcuno si ostina a definire addirittura un rivoluzionario, si sentiva maggiormente protetto.

[4] L’unica visione del mondo ad essere bandita è stata paradossalmente la marxista, la sola sorta proprio in polemica contro l’ideologia. Al contrario sono risorte le ideologie più antiche e reazionarie, a partire da tutte le forme di religiosità, persino le più barbare.

[5] Come avviene spesso tali esternazioni del papa tendono a esprimere ciò che sta divenendo senso comune.

[6] Non è, del resto, naturale che la pioggia cada dall’altro verso il basso?

[7] Centrale anche per la a-sinistra nostrana è divenuta la cura del proprio “territorio”, secondo un modo di pensare primitivo, da gang.

[8] Cfr. Vladimiro Giacché, Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa, Imprimatur, 2013.

[9] Il che, naturalmente, non comporta nessuna nostalgia per il muro di Berlino. Detto fra parentesi, occorre ricordare, che contrariamente alla vulgata storica imposta al solito dai vincitori, le principali responsabili della separazione della Germania e di conseguenza di Berlino sono state le potenze imperialiste. Queste ultime, sfruttando il loro controllo della parte maggiore e più ricca della Germania, violando ogni patto con l’Urss, hanno unilateralmente proclamato la nascita della Repubblica federale tedesca, costringendo così i comunisti a dar vita alla Repubblica democratica tedesca. Inoltre fu la scelta scellerata di riarmare in funzione anti comunista la Germania occidentale a portare a una escalation della guerra fredda, scatenata unilateralmente dalle potenze imperialista. In tale situazione di guerra era ovviamente un pericolo mortale per i paesi in transizione al socialismo la presenza nel territorio della DDR di un avamposto delle potenze imperialiste.

[10] Il numero di vittime sarebbe certamente inferiore, paradossalmente, se non fosse caduto il muro di Berlino. In effetti la guerra ideologica contro i sovietici, che dovevano essere presentati come l’impero del male, imponeva ai paesi europei certi limiti che sono in seguito venuti sempre più meno.

[11] Da questo punto di vista particolarmente allarmanti sono le posizioni degli intellettuali tradizionali della a-sinistra che si sono lasciati egemonizzare dal nemico di classe e tendono oggi a teorizzare il necessario abbandono dell’internazionalismo in nome di un ritorno al nazionalismo. In tal modo si cancella completamente la memoria storica, riprendendo a coniugare, da veri apprendisti stregoni, nazionalismo e socialismo, favorendo così oggettivamente il rilancio delle posizioni nazional-socialiste.

[12] Si pensi, ad esempio, al muro che separa la colonia inglese di Gibilterra dal resto della Spagna, o ai muri che quest’ultima ha costruito a difesa dei suoi insediamenti coloniali in Marocco, paese che ha edificato un muro per separare dall’Algeria le proprie colonie nel Sahara occidentale. Appare evidente da questo esempio che l’unico modo per superare queste artificiose e odiose separazioni fra esseri umani sia il rilancio dell’internazionalismo e il superamento di ogni forma di nazionalismo e sciovinismo.

[13] Tali forze stanno divenendo dominanti anche in quei paesi scandinavi, come la Svezia e la Finlandia, che ne erano sostanzialmente immuni prima di entrare nell’Unione europea.

[14] Da notare che gli europeisti di sinistra al governo in Grecia, in coalizione con una forza di destra xenofoba, non hanno posto all’ordine del giorno l’abbattimento di tali barriere di protezione e si ostinano a fare appello all’unione nazionale e alla difesa della patria da chi intenderebbe separarla dalla casa comune europea. A questo proposito mi limito a riportare l’appello che il governo greco, per bocca del suo presidente, ha rivolto a “greche e greci” in vista del referendum: “sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo. (…) La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia”. http://ilmanifesto.info/allautoritarismo-dellausterity-rispondiamo-con-il-sangue-freddo/.

05/07/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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